È concretamente possibile un incontro di valori tra giovani e mondo artigiano a partire dall’epicentro dei mutamenti di cui le nuove generazioni sono portatrici: il rapporto con il lavoro. Infatti, il 74% dei giovani ritiene che la propria identità non dipenda in via prioritaria dal lavoro che svolge o svolgerà in futuro e oltre l’80,7% non vuole che il lavoro sia al centro della propria vita.

Sono convinzioni profonde e largamente condivise dai giovani che devono essere interpretate correttamente, senza cedere alle semplificazioni che tendono a parlare di generazioni affette da una sorta di pigrizia di massa.

Infatti, per oltre il 90% dei giovani la priorità è il proprio benessere soggettivo, che significa anche poter dedicare tempo libero a sé stessi, alla famiglia, alle proprie passioni. Quindi non c’è un rifiuto pregiudiziale del lavoro, piuttosto la convinzione che anche il lavoro deve contribuire al benessere soggettivo, consentendo alle persone di costruire una gratificante qualità di vita.

Ecco perché è decisivo capire cosa sia per i giovani un buon lavoro perché, se il lavoro incontra le aspettative materiali e valoriali dei giovani, allora lo considerano un’attività in cui è utile e conveniente investire, impegnarsi, dedicare tempo ed energie.

 

In pratica, si tratta di chiedersi cosa i giovani si aspettano dal lavoro, con particolare attenzione ai valori e al senso che gli attribuiscono, perché è ciò che più incide sul grado di coinvolgimento nel lavoro stesso.

 

In primo luogo, il lavoro desiderato deve avere fondamentali adeguati, intesi come un orario non fagocitante, una retribuzione appropriata e, anche, una relativa stabilità, distante da quella precarietà prolungata vissuta dai fratelli maggiori.

Ma i fondamentali sono quasi dei presupposti di default, perché in cima alle aspettative c’è il valore dell’autonomia, che si modula in dimensioni molto concrete. Per oltre l’87% dei giovani, ad esempio, deve riguardare gli orari, che vorrebbero molto flessibili, e per una quota analoga deve consentire modalità di esercizio della propria attività con spazi per proporre o mettere in pratica iniziative.

Per l’89% dei giovani il lavoro che svolgono e l’azienda per la quale eventualmente lavorano non deve essere in contrasto con i propri convincimenti etici, relativamente al rispetto dei diritti umani e ai criteri della sostenibilità. Non solo, quasi l’86% vuole un lavoro che consenta di contribuire a generare effetti positivi, utili per la società, come ad esempio la tutela e la valorizzazione di risorse e competenze delle comunità locali.

Alta è poi l’aspettativa sulle caratteristiche dei contesti relazionali in cui si lavora, poiché l’85,4% dei giovani considera un valore importante poter lavorare in una comunità aziendale in cui le persone si apprezzano e si supportano reciprocamente, e l’84,7% in un mix di persone diverse per generazione, genere e provenienza territoriale. Il buon lavoro deve anche consentire di utilizzare nel quotidiano nuove tecnologie digitali, con un’apertura all’innovazione e all’acquisizione di nuove competenze.

Tenuto conto dei valori indicati, come è percepito dai giovani l’artigianato? Di certo beneficia di una reputazione molto positiva, poiché, ad esempio, l’85% lo considera un traino per l’economia e un settore che ha il pregio di esprimere la ricchezza dei territori.

Ma è proprio in relazione al rapporto con il lavoro che emerge la possibilità di un incontro di valori tra giovani e artigianato: infatti, per l’82,8% dei giovani l’artigianato consente di svolgere un’attività che dà senso al lavoro, all’impegno, all’investimento personale. E per il 58,8% è possibile agire da artigiano anche in imprese industriali di grandi dimensioni.

Nel lavoro artigiano, poi, i giovani intravedono risposte potenzialmente positive rispetto alle loro aspettative. Infatti, nella percezione che prevale tra essi, nel mondo artigiano è possibile trovare spazi di autonomia: per l’87,4% per esprimere la creatività, per l’87% nella gestione flessibile degli orari, e per l’84% nella concreta possibilità di realizzare idee e progetti personali, con evidenti opportunità di autorealizzazione.

Anche sul piano dell’eticità i giovani intravedono nell’artigianato soluzioni importanti, poiché il 76,6% ritiene che sia un mondo con un’elevata attenzione alla sostenibilità ambientale. Sul tema della relazionalità, il 61% dei giovani è convinto che la piccola impresa sia un contesto che ben si presta alla costruzione di buone relazioni tra chi lavora. Infine, è molto apprezzato il rapporto con le tecnologie, visto che l’80,5% apprezza il mix tra tecniche tradizionali e digitali e il 50% la capacità di fare innovazione, di misurarsi con il nuovo in ogni ambito.

 

I dati confermano l’esistenza di una consonanza tra il concetto di buon lavoro per i giovani e il lavoro nell’artigianato, e di conseguenza non è certo una forzatura dire che i valori del lavoro dei giovani e il lavoro artigiano sono due matrici che possono quasi sovrapporsi.

 

D’altro canto, al 39% dei giovani che attualmente non lavora nell’artigianato piacerebbe poterlo fare. È l’indice di una propensione potenziale che ha assoluto bisogno di essere coltivata, promossa e messa nelle condizioni di esprimersi.

Pertanto, moltiplicare le opportunità di incontro tra giovani e artigianato non è solo un’operazione sociale meritoria, ma un modo molto concreto per investire nella creazione di occupazione aggiuntiva di qualità e nello sviluppo economico del nostro Paese. Ed è un obiettivo che va molto oltre gli interessi del mondo artigiano, perché può contribuire a un più alto benessere collettivo.

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