Tra le innovazioni del XX secolo, l’automobile occupa senza dubbio un posto d’onore. L’avvento e il successo della motorizzazione di massa hanno inciso in maniera profonda non solo sugli stili di vita, ma anche sulla nascita e sullo sviluppo delle conurbazioni e degli agglomerati urbani, nonché sulla crescita economica e sullo sviluppo dei Paesi.
Affermazione e diffusione dell’automobile hanno resistito a shock petroliferi e alle bordate dell’erario; oggi, però, che le autovetture sono milioni (1,3 miliardi nel mondo), gli spazi, specie nella metropoli, sono sempre meno.
Potremmo dire che l’auto è vittima del suo stesso successo, specie nel Vecchio Continente, dove la crisi sta diventando sempre più pericolosa, ferendo gravemente la Germania e con essa, piaccia o meno, l’intera Unione Europea.
Si potrebbe obiettare che, appunto, il mercato è fin troppo maturo, da anni di sola sostituzione, e i volumi di un tempo non potranno più essere raggiunti (anche per questioni demografiche).
Tuttavia, è un fatto che le norme dell’UE hanno avuto un crescente impatto sul lato dell’offerta, con un notevole incremento del numero di modelli ibridi, ibridi plug-in (o ricaricabili) ed elettrici, con le ultime due tipologie considerate a basse e zero emissioni. I listini delle case automobilistiche, rispetto a un decennio fa, sono di molto cambiati.
Il numero di modelli ibridi ed elettrici è di molto cresciuto, ma solo i primi stanno guadagnando significativo terreno sulle strade. Le auto completamente elettriche e le ibride ricaricabili stentano o meglio, specie per le case automobilistiche europee, le vendite non procedono come previsto nei piani industriali e nei regolamenti dell’Unione, che pure sono stati cruciali nel determinare quei programmi.
I dati sulle immatricolazioni di novembre nei 27 Paesi dell’Unione segnano un tonfo del 9,5 per cento con i maggiori mercati nazionali a tirare la volata verso il basso; da inizio anno, sempre rispetto al 2023, la flessione è del 5,4 per cento, a fronte di una media totale in crescita dello 0,4 per cento. Mentre la quota di mercato elettrica è passata dal 14,2 al 13,4 per cento.
Numeri che sono l’esatto contrario di quanto previsto dai regolamenti, con la folle conseguenza che i costruttori automobilistici che vogliono operare nel mercato UE saranno costretti a scegliere tra sanzioni (stimate, considerando i veicoli commerciali leggeri, in 15 miliardi di euro) e auto-contenimento delle consegne di autovetture endotermiche. La seconda opzione, oltre a deludere la clientela, si concretizza nel tagliare la produzione, con inevitabili conseguenze sulla forza lavoro.
Le improvvise dimissioni dell’amministratore delegato di Stellantis Carlos Tavares e il disastro che si sta concretizzando in Germania hanno avuto il (triste) merito di portare finalmente al centro dell’attenzione la questione, che ha anche (ovvie) implicazioni sul piano della decarbonizzazione con l’ulteriore rallentamento del rinnovo del parco circolante. L’età media del parco automobilistico dell’Unione Europea è aumentata di 4 mesi dal 2021 al 2022, mentre il numero di vetture su strada è cresciuto di oltre 3 milioni, che si aggiungono ai 247 milioni già in circolazione.
La vulgata giornalistica – e dunque anche il sentiment della politica – è che la lentezza nella diffusione delle vetture elettriche (quando sarebbe ben più corretto chiedersi su quali fantasiose basi e da chi sono state formulate le previsioni) dipenda da questioni di prezzi e costi (la cui differenza pare sconosciuta ai più) e dalla ancora non capillare diffusione delle infrastrutture di ricarica.
Quasi nessuno dice che la gran parte delle autovetture elettriche acquistabili non sono considerate dei perfetti sostituti delle autovetture endotermiche che sono ben conosciute dalla stragrande maggioranza dei consumatori. E – numeri alla mano – non ci riferiamo solo alla troppo bistrattata Italia. Ignorare questo dato di fatto, non destinato a cambiare in fretta, non solo non aiuta (anche la transizione), ma è offensivo per i milioni di persone che nell’auto ci lavorano.
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Antonio Sileo
Programme director del Programma di ricerca Sustainable Mobility (SuMo) presso la Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM), Direttore dell’Area Sostenibilità e dell’Osservatorio sull’innovazione energetica dell’Istituto per la Competitività (I-Com) e Fellow presso GREEN il centro di ricerca su Geografia, Risorse, Energia e Ambiente dell’Università Bocconi, dove ha svolto dal 2003 attività di ricerca allo IEFE. Dal 2014 al 2016 è stato non-resident fellow presso il Caspian Strategy Institute di Istanbul. I suoi interessi di ricerca sono l’automotive, la mobilità sostenibile, i mercati dell’energia, le politiche energetiche e ambientali. Dal 2008 è editorialista di Staffetta Quotidiana, dal 2009 contribuisce regolarmente a lavoce.info, dal 2017 a Il Foglio e dal 2022 è vicedirettore di Nuova Energia