
Il mercato del lavoro italiano sta vivendo una fase assolutamente inedita, con tassi di occupazione particolarmente elevati e aziende alle prese con un’offerta di lavoro composta da persone molto condizionate nelle proprie decisioni dalla ridefinizione profonda del rapporto soggettivo con il lavoro.
È una situazione generata da una molteplicità di trend di lungo periodo, accelerati e amplificati da più recenti dinamiche congiunturali. Così, nel quotidiano, le aziende si trovano davanti a difficoltà crescenti nel reperimento della manodopera, con carenze croniche di candidati per un numero non irrilevante di posti disponibili.
Alta è pertanto l’attenzione sul rapporto degli attuali giovani, intesi come le persone nate tra il 1990 e il 2006, con il lavoro che è segnato da mutamenti sostanziali rispetto alle generazioni precedenti.
Per il mondo dell’artigianato, in questa fase, è essenziale comprendere cosa i giovani si aspettano dal lavoro e, al contempo, cosa dell’artigianato è in grado di rispondere alle loro attese.
Sono i due poli di un incontro virtuoso possibile, che emerge evidente dai risultati del Quarto Radar Artigiano realizzato dal Censis e Confartigianato che, oltre a focalizzare le ragioni di fondo del nuovo approccio al lavoro dei giovani, ha reso evidenti gli aspetti dell’impresa, del lavoro e del valore artigiano potenzialmente ad alta attrattività nei confronti dei giovani.
Questi ultimi non collocano più al centro delle proprie vite il lavoro, soprattutto se non è motivante e pregno di senso e non presenta taluni caratteri di base che secondo i giovani definiscono un buon lavoro.
In particolare, il lavoro deve avere fondamentali soddisfacenti, in termini di retribuzione, stabilità e orari. Deve poi consentire un certo grado di autonomia, nelle decisioni e nella gestione degli orari, esigenze che troverebbero ampia soddisfazione nell’autoimprenditorialità.
Il buon lavoro, poi, deve svolgersi in contesti in cui val la pena restare per parecchie ore al giorno, dalla sede fisica alla rete relazionale. E il lavoro poi non deve essere di routine, ma occasione per un apprendimento continuo, per misurarsi con innovazione e creatività.
Il lavoro che risponde a esigenze più tradizionali e di base e a nuove attese soggettive per i giovani è tutt’altro che da rifiutare, perché dà un importante contributo al proprio benessere soggettivo.
Molti dei pilastri del lavoro ideale indicati dai giovani sono individuabili nel lavoro artigiano che peraltro beneficia di una buona social reputation nelle giovani generazioni. Non a caso più di un terzo dei giovani che non vi lavora amerebbe svolgere un lavoro artigiano.
Del lavoro nel mondo artigiano i giovani apprezzano la creatività e la relativa autonomia che esso consente nella gestione delle mansioni, del tempo e del contenuto fino allo stesso prodotto finale.
Dai risultati del Quarto Radar, quindi, è emersa un’elevata consonanza tra lavoro artigiano e lavoro ideale per i giovani e alla luce di tale risultato è urgente chiedersi: ma cosa serve per portare più giovani a investire nell’artigianato il proprio progetto di lavoro e di vita?
Una dimensione operativa essenziale è senz’altro quella finalizzata a ridurre la percezione di rischio che i giovani associano all’avvio di una propria impresa autonoma.
L’autoimprenditorialità è un desiderio diffuso nelle giovani generazioni e, tuttavia, è ancora ridotta la quota che esprime un’intenzionalità concreta di coinvolgersi in progetti di creazione di nuove imprese. Vince infatti la paura di ritrovarsi troppo soli ad affrontare difficoltà a cui non si è adeguatamente preparati.
Ecco perché un’azione di affiancamento degli aspiranti giovani imprenditori nelle fasi di avvio per i tanti aspetti gestionali, di marketing e di relazione con banche, burocrazia e fornitori potrebbe senz’altro contribuire a ridurre l’attuale troppo elevata percezione di rischio.
Fare impresa artigiana, quindi, potrebbe imporsi come la modalità più efficace di rispondere a quella voglia di autonomia individuale che i giovani mostrano di ricercare anche nel lavoro. E aprirebbe anche alla possibilità di andare per il mondo grazie alla potenza del Made in Italy.
Ulteriore dimensione per potenziare il coinvolgimento dei giovani nel mondo artigiano consiste nella promozione di una efficace comunicazione tramite canali appropriati e con codici adeguati.
Sarebbe anche questa un’attività funzionale a consentire al mondo artigiano di conquistare la prossima importante frontiera: imporsi come il modello concreto e culturale di riferimento in grado di rivitalizzare il rapporto con il lavoro soprattutto delle giovani generazioni restituendogli senso, appeal e densità valoriale.
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Giorgio De Rita
Segretario Generale CENSIS dal 2014.
È stato Direttore, negli anni della privatizzazione, del Servizio Studi e Rapporti Istituzionali di Inarcassa. Amministratore delegato per un triennio di Nomisma Società di Studi Economici spa. Su incarico del Presidente del Consiglio si dedica, tra il 2010 e il 2013, alla digitalizzazione della pubblica amministrazione: direttore generale del Cnipa, di DigitPa e dell’Agenzia per l’Italia digitale. Per dieci anni ha coordinato numerosi progetti di studio e di ricerca sul trasferimento tecnologico e l’innovazione in Italia e all’estero.
Negli anni ha maturato una lunga esperienza professionale anche in aziende private e tra il 1994 e il 2013 ha svolto con continuità incarichi di docenza alla Scuola Nazionale dell’Amministrazione.