Approcciare all’artigianato è sempre complesso perché per farlo in modo corretto occorre aprirsi a una prospettiva multidisciplinare. Anche nel caso del dibattito sulla legge dell’artigianato, la questione è più o meno la stessa. Non è solo un piano eminentemente giuridico, ma è anche culturale. “Oltre alla legge 443/85, l’artigianato è citato espressamente in Costituzione. E, la parte che andrebbe rafforzata, è quella della tutela, perché le insidie sono tantissime a partire dal peso della burocrazia. Il vero salto di qualità sarebbe riconoscere all’artigianato italiano lo status di ‘bene culturale’”. L’originalità della proposta arriva, sulle colonne di Spirito Artigiano da Andrea Piacentini Vernata, docente di diritto costituzionale e del Patrimonio Culturale all’università La Sapienza di Roma. 

 

Professore, in premessa ha sottolineato l’esigenza di alcune modifiche alla legge sull’artigianato. In quale direzione dovrebbero muoversi?

«La legge fu concepita in un contesto storico, soprattutto per l’artigianato, completamente diverso da quello attuale anche in termini di competenze. A questo va aggiunto che la natura regionale delle competenze sull’artigianato non ha aiutato a sviluppare e sostenere in modo omogeneo il comparto. Un esempio concreto: se un esecutivo nazionale fosse intenzionato a creare un fondo nazionale con risorse da distribuire all’intero comparto, sarebbe poi problematico ‘scaricare’ sui territori i fondi. Insomma, in termini normativi ci sono diversi interventi che si possono mettere in atto. In questo contesto, però, emerge una priorità. »

 

A cosa fa riferimento?

«Ogni intervento normativo che si intende fare a tutela dell’artigianato non può prescindere da un dato fondamentale: il peso della burocrazia per le piccole aziende, in particolare artigiane, pesa ogni anno qualcosa come ottanta miliardi di euro. Una cifra che corrisponde a circa quattro manovre finanziarie statali. Per cui, il primo obiettivo da perseguire dovrebbe essere questo. Parallelamente, occorre un salto di qualità sul piano culturale che marcia nella medesima direzione agendo sia sul piano territoriale che su quello statale.»

 

Quali sono gli strumenti a favore dell’artigianato di cui dispongono i territori?

«L’articolo 52 del codice dei Beni Culturali consente ai Comuni di valorizzare i locali artigianali come espressioni ed elementi fondanti dell’identità dei luoghi. Se è vero che si tratta di provvedimenti utili, non sono comunque sufficienti a sostenere un patrimonio che è sempre più messo a repentaglio. Ecco perché ritengo sia utile immaginare di centralizzale a livello statale le competenze sull’artigianato. Ma, soprattutto, al comparto andrebbe riconosciuto il proprio valore culturale sulla scorta del plusvalore riconosciuto al bene culturale.»

 

Questo provvedimento che cosa comporterebbe?

«Una serie di tutele e soprattutto il riconoscimento dell’artigianato come elemento identitario e culturale italiano. Ma non per cristallizzare il settore in una dimensione che guardi al passato, ma anche per accompagnarlo verso il futuro.»

 

Fra le sfide del settore che lei stesso identifica c’è quello dell’e-commerce. Come supportare il comparto ad affrontare in modo proficuo le sfide del web?

«L’e-commerce è al contempo un’insidia ma anche un’opportunità. Il mondo del web, però, è imprescindibile per il settore dell’artigianato. Per questo sarebbe auspicabile immaginare di costituire un’agenzia statale che affianchi gli artigiani e ne aumenti la competitività sul web, evitando però che la dimensione artigiana non diventi produzione in serie. Sarebbe una grande iniziativa per uno dei settori che più di tutti caratterizza il nostro Paese.»

 

Tornando al tema della competitività e delle modifiche legislative possibili, l’artigianato sconta spesso lo scotto di una legislazione poco conforme alla natura delle Pmi. Come invertire questa tendenza?

«Il cambio di passo sarebbe, finalmente, dare corpo a una politica economica strutturale a favore dell’artigianato, ponendo fine alla logica della distribuzione di fondi a pioggia che non generano crescita ma solo buchi nel bilancio statale. Sarebbe interessante un patto per l’artigianato fra il Ministero dell’Economia e il Ministero della Cultura. Non è possibile immaginare l’artigianato solo come settore economico e neanche come ambito culturale. Serve pensarlo come una realtà unica, composta da entrambe le componenti.»

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