Ha saputo cavalcare ogni cambiamento e adattare la produzione alle richieste sempre nuove del mercato: dai ricami importanti degli abiti da sposa ai dettagli chic per le grandi firme fino alla personalizzazione di vestiti e accessori per aziende, società sportive ed eventi. Il “Ricamificio del Verbano” ha appena compiuto i suoi primi cinquant’anni e racconta una storia di imprenditoria artigiana e familiare che rappresenta il cuore della creatività “Made in Italy”.
Il “Ricamificio del Verbano” ha superato la boa del mezzo secolo di attività perché è nata esattamente il 31 gennaio 1972 quando Giancarlo Bacchetta firma l’atto di costituzione della nuova azienda, che come molte in quel tempo ha avuto la sua prima sede nella cantina di casa. Giancarlo aveva lavorato come saldatore in varie aziende del Nord Italia e poi era tornato a Gattico, nel Novarese, per affiancare uno zio che aveva un ricamificio. Lui non si accontenta: impara nel laboratorio e da un cugino disegnatore ma va anche a scuola a Gallarate per frequentare corsi specializzati nella punciatura di cartoni da cui riprodurre i merletti. Nel 1967 avvia un’attività in proprio che poi diventa un vero e proprio ricamificio, nel 1972 appunto, acquistando un telaio grande e una macchina per il taglio del cartone. Costruisce il laboratorio di via Roma 70, che è ancora la sede del “Ricamificio”, ed entra in società con la moglie Giovanna Massironi.
Allora questa zona del Novarese era ricchissima di atelier che producevano merletti: “Il nostro ricamificio si dedicava soprattutto al tulle per abiti da sposa, al macramè e ai tessuti per l’arredo della casa come i tendaggi di pregio” racconta Daniele Bacchetta, figlio del fondatore.
A metà degli Anni Ottanta il “Ricamificio” ha l’intuizione di cambiare i telai con macchine multitesta in grado di leggere i cartoni e produrre ricami anche di piccole dimensioni: “Lavoravamo per le grandi firme che utilizzavano i merletti per decorare qualunque capo, dal giubbotto alla scarpa o all’intimo – ricorda Bacchetta -. Noi creavamo il campionario da cui poi venivano scelte 6-7 varianti che producevamo in migliaia di pezzi. Andavamo spesso a Milano e Torino a incontrare gli stilisti che ci fornivano i disegni da tradurre in cartoni e poi in pizzi” ricorda Bacchetta che proprio allora aveva iniziato a lavorare con i genitori dopo il diploma in ragioneria. Con lui entra nel laboratorio l’elettronica e la punciatura del cartone non viene più fatta a mano, come un tempo, con il vantaggio di velocizzare la traduzione dei disegni in prodotto finito. La seconda metà degli anni Ottanta sono un periodo di grande espansione: il “Ricamificio del Verbano” lavora tantissimo rifornendo le griffe della moda, cresce e assume. Poi, nel decennio successivo, la progressiva delocalizzazione di molti gruppi tessili nel Nord Africa e l’arrivo sul mercato delle manifatture cinesi costringono gli imprenditori italiani a cambiare e a inventarsi nuovi spazi, per chi ha il fiuto di trovarli. Il “Ricamificio” lo fa.
Il mercato ha una nuova esigenza: il ricamo promozionale che personalizza i capi per aziende, locali esclusivi o piccoli bar, scuole, società sportive e riguarda tutto ciò che si può indossare ma anche i gonfaloni delle istituzioni e gli stemmi. “E’ stato un nuovo boom che ci ha fatto registrare una marea di richieste – spiega Bacchetta con la moglie Elena Klimok-. Certo, il lavoro è molto diverso rispetto agli Settanta: allora la programmazione copriva un arco di sei mesi, adesso si procede di settimana in settimana, la produzione è molto diversificata e va creato un nuovo disegno ogni 20-30 pezzi. E’ tutto più impegnativo”.
E poi è arrivato il Covid e la pandemia. Tutto si ferma ma la famiglia Bacchetta no: Daniele crea un portachiavi con la scritta “Andrà tutto bene” che distribuisce gratuitamente per raccogliere fondi a favore dell’ospedale Maggiore di Novara. Da Genova un cliente gli chiede di creare lo stemma commemorativo per i vigili urbani di Genova con la scritta “Polizia locale. L’Italia resiste”, destinando metà del ricavato alla Protezione civile nazionale e Bacchetta accetta. L’idea piace, viene raccontata sulla rivista nazionale dei vigili e a Gattico arrivano richieste da tutt’Italia: il “Ricamificio del Verbano” lavora a pieno ritmo e la raccolta benefica arriva fino a 50 mila euro. “Non volevo stare con le mani in mani – racconta Daniele – e alla fine, come sempre avviene, da cosa nasce cosa”.
E infatti nel frattempo un’altra produzione è nata e sta crescendo in questo periodo grazie ai figli di Daniele ed Elena, la terza generazione di Bacchetta. Maxim ha inaugurato la personalizzazione dei capi realizzata con il transfer digitale del disegno mentre il fratello Stefano si occupa di promuoverla. “Questo tipo di customizzazione nasce dal computer e applica il logo e la scritta anziché ricamarli – spiega Bacchetta- E’ una modalità di produzione che si adatta bene a numeri piccolissimi, ad esempio alle richieste di prodotti per eventi particolari che adesso sono molto diffuse, e ci consente di rispondere a un mercato sempre più vario e interessante”.
Barbara Cottavoz
Barbara Cottavoz, giornalista professionista, lavora nello staff dell’ufficio Comunicazione di Confartigianato Imprese Piemonte Orientale e collabora con “La Stampa”, quotidiano per cui è stata redattore per vent’anni.