Coniugare l’intelligenza artigiana con le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale. O meglio «dall’intelligenza artificiale applicata». Una sfida che sa di futuro, ma che parla al presente.

Il ruolo dei corpi intermedi nel processo di «consapevolizzazione» di piccole e medie imprese, l’appetibilità delle aziende sul mercato e le nuove frontiere del mercato. Quello composto da Fabio Bassan[1], docente dell’Università di Roma Tre ed esperto di tecnologia è un mosaico nel quale i tasselli di innovazione, progresso e creatività artigiana coesistono. Anzi, si compenetrano. La sua lettura parte da una complementarietà tra queste componenti e nella sua intervista a Spirito Artigiano suggerisce alcune strade da percorrere per fare in modo che l’Intelligenza artificiale possa «rappresentare un’opportunità per le imprese artigiane».

Professor Bassan, in premessa lei ha parlato di intelligenza artificiale «applicata». Qual è secondo lei il livello di consapevolezza delle opportunità che offre questo strumento tra le imprese artigiane?

“Purtroppo temo che la consapevolezza in questo senso sia ancora piuttosto bassa tra le Pmi. Ma non è una situazione irreversibile. Anzi. Bisogna lavorare – e tanto – per veicolare tra gli imprenditori un messaggio chiaro: l’intelligenza artificiale è uno strumento che può agevolare il processo produttivo e rappresentare un ‘ponte’ tra l’idea frutto della creatività artigiana e la creazione del prodotto finale. Così come è successo per altri strumenti”.

A cosa si riferisce in particolare?

“Penso alle stampanti in 3 D. Dapprima non si era inteso appieno quali potenzialità avesse anche sul versante della produttività. Poi, man mano che si è creata consapevolezza e si è iniziato ad adoperare lo strumento, se n’è compresa la straordinaria utilità”.

In momento storico come quello che stiamo vivendo, quanto influisce l’utilizzo dell’intelligenza artificiale come fattore di competitività delle piccole e medie imprese?

“Le dinamiche del mercato agiscono in modo brutale. È evidente che, al giorno d’oggi, un’impresa che non coglie al meglio le opportunità dell’intelligenza artificiale rischia di avere un gap di competitività difficilmente colmabile in particolare in determinati settori. Il rischio è di trovarci – e alle volte già accade – in una situazione nella quale il nostro estro e le nostre capacità uniche vengono impiegate per produrre beni che poi vengono impiegati altrove. Un po’ come se producessimo per gli altri. Evidentemente, dunque, l’IA unita alle competenze dei nostri artigiani, può rappresentare un autentico valore aggiunto”.

Probabilmente l’IA non ha fatto breccia nel mondo delle piccole e medie imprese artigiane anche perché viene vista come una tecnologia troppo complessa da gestire, non trova?

“Questo è un grande tema. Sicuramente la dimensione dell’impresa media aiuta a gestire processi che tendenzialmente hanno una certa complessità. La micro e piccola impresa è in una condizione oggettivamente più difficile. Ma a questo problema si può ovviare promuovendo la collaborazione tra piccole imprese. Laddove non arriva l’impresa singola, ci arriva magari un’aggregazione di piccole aziende. E, in questo senso, le associazioni di categoria possono svolgere un ruolo importante”.

In che termini ritiene che un’associazione possa intervenire in questo processo?

“In due modi. Il primo è legato al percorso di consapevolizzazione degli artigiani, nel caso di specie. E, per farlo, occorre tantissima formazione che generalmente i corpi intermedi offrono agli associati come servizio. A mio modo di vedere sarebbe opportuno organizzare dei corsi proprio finalizzati all’impiego dell’Ia nel processo produttivo delle imprese artigiane. In questo modo, potrebbero anche scardinarsi tanti pregiudizi. Il secondo è legato all’appetibilità dell’impresa artigiana per le giovani generazioni”.

Introducendo l’applicazione dell’IA le Pmi artigiane sarebbe guardate con occhio più interessato dai ragazzi, secondo lei?

“Senz’altro. Tanto abbiamo letto, negli ultimi mesi, circa la difficoltà delle imprese nel reperimento della manodopera. Ecco, penso che per attrarre i giovani verso il mondo dell’artigianato sia efficace giocarsi anche la carta dell’innovazione tecnologica e dei nuovi strumenti che essa mette a disposizione”.

Insomma, far coesistere intelligenza artigiana e intelligenza artificiale è possibile.

“Non solo è possibile, sarebbe estremamente utile prima di tutto agli artigiani. Anche perché l’artigiano non potrà mai essere sostituito. La sua maestria, la sua capacità di inventiva, il suo estro e la sua creatività non potranno mai essere replicati dall’IA. Ma l’IA può essere uno strumento utilissimo all’artigiano. Per far aprire gli occhi su questo agli imprenditori, occorre mostrare loro esempi concreti. Ma, soprattutto, occorre che l’IA, per gli artigiani, diventi un tema di ‘quotidianità’ e non più una cosa astratta da cui stare lontani”.

 

[1] Professore Ordinario di Diritto Internazionale presso l’Università Roma Tre – Dipartimento di Economia Aziendale, dove insegna Diritto Internazionale dell’Economia, Diritto dell’Unione European, European Competition Law (in lingua inglese) e European Banking and Financial Law (in lingua inglese). https://asi.uniroma3.it/download/curriculum/1579531227CV%20Bassan%202020RomaTre.pdf

 

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