“Il lavoro, la cultura umanistica e la tecnologia crescono e si alimentano contaminandosi interattivamente e questa contaminazione deve avvenire a partire dagli attuali Istituti Tecnici e Professionali”.

 

Così Giulio Sapelli, Presidente della Fondazione Germozzi, interviene nel dibattito sull’emergenza educativa in Italia nel primo Quaderno della Fondazione, indicando come una appropriata riforma dei percorsi di studio dell’istruzione tecnica professionale possa consentire di “superare la tradizionale dicotomia tra sapere cosiddetto teorico ed applicativo-tecnologico.”

L’innalzamento della qualità dell’offerta formativa di istruzione tecnica e professionale è un requisito necessario per sostenere l’occupazione dei giovani nei settori tipici del made in Italy e armonizzare domanda e offerta di lavoro, come evidenziato nel report sul valore dell’istruzione tecnica e professionale pubblicato questa settimana dall’Ufficio Studi con la Direzione Politiche sindacali e del lavoro di Confartigianato.

L’istruzione tecnica e professionale rappresenta un asset rilevante sia sul lato della domanda di personale delle imprese, sia sul lato dell’offerta, caratterizzata da una presenza diffusa sul territorio di scuole e studenti iscritti agli Istituti tecnici e professionali. L’Italia è la seconda economia manifatturiera europea e una più alta vocazione alla manifattura sul territorio si coniuga con un maggiore peso dell’istruzione tecnico-professionale. Inoltre, un percorso secondario di profilo tecnico può evolvere verso una istruzione terziaria negli Its e nelle università, sempre più diffusa anche tra gli imprenditori come recentemente evidenziato in Spirito Artigiano.

 

La domanda delle imprese

Come documenta l’analisi della domanda di professioni e di formazione delle imprese italiane di Unioncamere-Anpal, le entrate previste delle imprese per livello di istruzione nel 2022 indicano una domanda di personale con diploma universitario del 15,1%, dell’1,0% di Its e del 28,7% di livello secondario (27,0% di indirizzi tecnici e 1,7% licei) e un 19,4% di qualifica o diploma professionale, quota che sale al 36,2% valutando le entrate potenziali. Considerando quest’ultimo dato, nel complesso circa due terzi (64,2%) della domanda si concentra su entrate in possesso di un diploma di istituto tecnico e professionale.
Elevata difficoltà di reperimento – Per l’istruzione tecnico-professionale si registra una consistente difficoltà di reperimento, pari al 42,0% delle entrate previste. Nel livello secondario la difficoltà di reperimento più elevata, e superiore alla relativa media (40,6%), si riscontra per l’indirizzo elettronica ed elettrotecnica con il 59,8% delle entrate difficili da reperire e l’indirizzo meccanica, meccatronica ed energia con 56,2%. Con valori superiori alla media gli indirizzi di costruzioni, ambiente e territorio con 49,5%, turismo, enogastronomia e ospitalità con 47,6%, produzione e manutenzione industriale e artigianale con 47,5%, informatica e telecomunicazioni con 43,7%, socio-sanitario con 42,5% e agrario, agroalimentare e agroindustria con 40,8%. Per le entrate con qualifica di formazione o diploma professionale il difficile reperimento è più elevato, e con valori superiori alla relativa media (43,1%), per gli indirizzi di impianti termoidraulici con 61,9%, elettrico con 54,7%, meccanico con 51,5%, benessere con 49,2%,  edile con 47,9% e tessile abbigliamento con 43,3%.

 

Cresce la domanda di competenze green e digitali

Nel corso degli ultimi anni è salita la domanda di lavoratori attenti all’efficienza energetica, al riuso, riciclo e al contenimento degli sprechi. Nel 2022 per il 43,0% delle entrate di lavoratori con diploma tecnico secondario superiore o qualifica e diploma professionale è richiesta una elevata attitudine al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale. A fronte della crescente digitalizzazione dei processi produttivi, le imprese attribuiscono una elevata importanza alle competenze digitali nel 33,1% delle assunzioni di lavoratori con istruzione tecnica e professionale.

 

Gli studenti dell’istruzione tecnica e professionale

In relazione al secondo ciclo di istruzione (Mim, 2023b), l’Istruzione tecnica e professionale in Italia interessa 1 milione 292 mila studenti, pari al 48,8% degli studenti di scuola secondaria; di questi 840mila sono studenti degli Istituti tecnici (31,8% del totale degli studenti di scuola secondarie) e 452mila sono studenti degli Istituti professionali (17,1% del totale).

L’analisi dei dati per regione evidenzia che la quota di alunni interessati dall’istruzione tecnica e professionale è superiore alla metà in Veneto con 56,8%, Emilia-Romagna con 56,0%, Lombardia con 52,2%, Friuli-Venezia Giulia e Piemonte con 52,1% e Puglia con 50,8%.

 

Asset strategico per il made in Italy

Per l’Italia, seconda economia manifatturiera dell’Unione europea, l’istruzione tecnica e professionale fornisce un apporto strategico all’infrastruttura  sociale rappresentata dal sistema scolastico. Si osserva una maggiore presenza di alunni nei percorsi tecnici e professionali al salire del peso della manifattura nell’economia del territorio. Nelle prime cinque regioni per peso dell’occupazione manifatturiera – Marche, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte ed Emilia-Romagna – la quota di alunni di Istituti tecnici e professionali è del 54,0%, 7,1 punti superiore del 46,9% delle restanti regioni. Analoga tendenza si osserva esaminando la propensione ad esportare: nelle prime quattro regioni per export in rapporto al valore aggiunto regionale – Friuli-Venezia Giulia, Marche, Emilia-Romagna e Veneto – la quota di studenti Istituti tecnici e professionali è del 55,0%, ben 7,7 punti superiore al 47,3% delle restanti regioni. Aumentando il dettaglio territoriale, nelle prime dieci province per peso delle esportazioni sul valore aggiunto del territorio, la quota di studenti Istituti tecnici e professionali è del 53,3%, superiore di 5,4 punti in più del 47,9% delle restanti province.