Il rifugio dove lavorano i genitori di Jannik Sinner, Hanspeter e Siglinde, si trova a fondovalle, in Val Fiscalina. Siamo nella Alta Pusteria, quel lembo di Alpi apparentemente più irraggiungibile e remoto, incuneato tra il confine con il Veneto a est e quello con l’Austria a nord. Si sconfina, di là o di qua, con una sgambata di pochi chilometri sui crinali, immaginando avventure notturne di contrabbandieri, soldati e cacciatori.
Il rifugio Talschulsshütte sbuca tra le vette dei larici e degli abeti rossi dopo un agevole percorso di circa 2 ore, soli 350 mt di dislivello dalla partenza del paese di Sexten (Sesto). E’ la tipica “passeggiata del primo giorno”, quella amena e poco avventurosa, giusto per allungare i muscoli e adattare il respiro all’aria pura e satura di ossigeno che, è garantito, ti regalerà sonni meravigliosi già alle nove di sera. Il rifugio è grande, attrezzato, accogliente. Molto popolare tra i frequentatori del luogo, propone un risotto al pino mugo stellare ed uno strudel trionfale, motivazione sufficiente anche per i turisti più sedentari.
Si riscende a valle unendosi alla carovana colorata e sazia degli avventori, lungo l’ampia strada bianca, oppure, poco dopo la partenza, ci si imbosca a sinistra sul sentiero segreto, quello che sale ancora un po’ e resta in quota fino quasi alla fine, conosciuto solo da chi frequenta la zona con regolarità. Qui si è soli con il bosco, giganti amici di aghi balsamici, inframmezzati da radure bionde di fieno profumato; la brezza di fondo valle risale nelle ore calde, inebriata di camomilla, e ti avvolge medicando qualsiasi pensiero greve.
Alla sua prima vittoria importante, gli Australian Open, le prime parole di Jannik sono state per ringraziare i suoi genitori di averlo sostenuto e lasciato libero di seguire il suo talento. Quella semplice dichiarazione di lealtà e gratitudine filiale, consegnata in mondovisione, ha lasciato di stucco tutti, ha commosso molti. E’ immediatamente diventato il cocco di tutti i genitori d’Italia, che sognano, invano, di sentire qualcosa di simile dopo anni di sacrifici per i loro giovani rampolli. Alla sua seconda vittoria il suo pensiero è andato all’amica atleta impegnata a combattere un problema di salute. Alla terza vittoria ha minimizzato e complimentato invece l’avversario sconfitto. Sinner è un ragazzo di montagna: molta sostanza, poca schiuma.
Mentre molta parte delle nostre Terre Alte subivano l’onta dell’abbandono, dal dopoguerra ad oggi, il paese di Sesto non ha perso abitanti dall’inizio della sua storia italiana, passando anzi dai 1221 del 1921 ai 1846 odierni, con grandi decorazioni a forma di cicogna appese sui balconi a festeggiare ogni nuovo arrivo.
A 1,300 mt sul livello del mare, tra l’anfiteatro delle corone dolomitiche e il gorgoglio dei ghiacci che si sciolgono, questa valle ha un pallino: quello della tradizione. Il forno sforna i pani tradizionali in assortimento perfetto. La macelleria lavora le carni locali che pascola(va)no tutto intorno al paese. I fiori vengono disposti su ogni singolo balcone con abbondanza gioiosa ed in schemi di colore armonici ed in sintonia gli uni con gli altri. Il Natale vede il paese addobbato con autenticità e devozione. I costumi locali sono indossati non per compiacere i turisti ma perché sono i loro, li hanno meritati in secoli di appartenenza, di lavoro e di restanza.
Ma questa valle ha anche un altro pallino: quello dell’innovazione. Abitazioni, hotel e locali pubblici si esercitano ogni anno in nuove e splendide architetture contemporanee che celebrano la luce e il buon gusto, pur restando saldamente iscritti nel solco della cifra stilistica tradizionale e i materiali del luogo.
Trionfa il legno, ma è legno 100% da filiere sostenibili, (e guai a cercare scorciatoie!). Grandi le finestre, ma in doppio e triplo strato per le casa a massima efficienza energetica, la mitica “CasaClima” dell’Alto Adige. Le squadre delle falegnamerie locali volano su e giù, impegnatissime dodici mesi all’anno, brandizzate con i propri colori, immacolate le tute da lavoro e i furgoni, misurazioni fatte con il laser, rendering digitali da far invidia ai migliori architetti di città.
Silenzioso, in fondo al paese batte il cuore della centrale di teleriscaldamento, bench mark di sostenibilità ed efficienza per tutto l’arco alpino europeo e citata in convegni internazionali. Lunga ben 18 chilometri riscalda tutta la valle utilizzando al 98% biomassa carbon neutral. Nel loro sito web si legge una frase illuminante:
“Sappiamo che è tempo di agire perché le scelte per il futuro sono ormai quelle dell’oggi. “ E ancora : “Restituiamo alla nostra terra e alle persone l’energia donataci dai luoghi che ci circondano e che ci ospitano.” Grazie, avevamo proprio bisogno di sentire queste parole.
Corre la fibra ottica, tutte le abitazioni e le infrastrutture godono di ottima connettività. Questo consente ai part-time residents, i metro-montani, proprietari di seconde case, di trattenersi oltre alle vacanze canoniche per fare smart working da sotto la Croda Rossa.
Migliorano continuamente le infrastrutture ed i servizi, con trasporti pubblici impeccabili e generosi nei collegamenti. Il comune di San Candido ha avviato il cantiere per costruire un bypass stradale che alleggerisca il traffico dalla statale della valle e comprenda una innovativa galleria scambiatrice, che, in caso di minaccia di esondazione delle Drava e del Rio Sesto, viene chiusa al traffico e funge da valvola di sfogo immediato per le acque.
L’innovazione si legge e si riscontra in ogni singolo elemento del fare e del vivere qui. Il nuovo non li spaventa, lo studiano, lo cercano, e lo fanno proprio adattandolo alla loro realtà. Sappiamo che l’obsolescenza si manifesta nel prodotto, nei processi o nelle competenze. E sappiamo che di solito è la terza, l’obsolescenza nelle competenze, che genera le altre due. Non è un caso che notevole e capillare sia qui, in queste valli alpine, l’investimento in formazione: di giovani, di lavoratori, degli artigiani e delle imprese locali. Tutti lavorano, tutti studiano, tutti lavorano e studiano.
E questa valle ha, infine, un altro pallino: quello della collaborazione. La gara “a chi fa meglio” è una gara solidale. Ogni volta che qualcuno va avanti e porta innovazione positiva e nuovo buon gusto gli altri lo ammirano, si complimentano, si danno da fare per adottare, allinearsi, spingere ancora in avanti il perimetro dell’eccellenza. Si chiama “loop rinforzante positivo”, è uno dei motori della leadership anticipante.
La solidarietà una volta iconicamente tipica nelle montagne e nelle terre interne, quella che era necessaria per superare gli inverni freddi e rigidi, le strade innevate e impassabili; la condivisione del pane e della legna, le commissioni a valle svolte a turno… quella solidarietà antica si è qui trasformata in una collaborazione per la protezione della propria comunità. Nella determinazione a preservare una natura epica e mistica. Nella ricerca della sostenibilità consona ad una economia circolare che genera ricchezza per tutti: si utilizzano artigiani locali, prodotti locali, servizi locali. Si accudisce il mondo di re Laurino come devoti giardinieri che si passano gli attrezzi l’un l’altro.
Non c’è ragione di darsi delle arie. Ognuno è consapevole del proprio ruolo nel mondo tanto quanto della propria fragilità. La montagna ci insegna il limite e la prospettiva di orizzonti alti.
La restanza è qui intrecciata con l’ambizione di rendere grazie, con il proprio lavoro e con il proprio impegno, per la forutna della vita, della natura, delle montagne. Così la ricerca di innovazione è naturale; la solidarietà competitiva funzionale; l’anticipazione di futuro una evoluzione fortunata della lungimiranza montana. La valle si riprogetta continuamente, sempre uguale a se stessa, sempre nuova.
L’innovazione non è più appannaggio riservato alle città: questa è, davvero, la grande novità del nostro tempo. Tutte le terre “altre”, quelle di “Un mondo a parte”, dovrebbero fare tesoro di questa consapevolezza e metterne a frutto l’opportunità. La possiamo attuare nel segno delle nostre tradizioni, in armonia con il DNA dei luoghi, e portando nelle terre interne l’orgoglio che da sempre connota le avanguardie. Perché sì, forse è proprio qui, tra i larici e il gorgoglio dei ruscelli, che troveremo il nostro seme di futuro, un nuovo paradigma di vita e di creazione di valore, fatto di tradizione, innovazione e collaborazione. Proprio come Jannik, un ragazzo delle Terre Alte, che non ha paura di osare: si parte dalla valle, si arriva in vetta.
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Valentina Boschetto Doorly
Manager di lungo corso nel settore turismo e ospitalità, ha lavorato tra Italia e Irlanda, dove ha vissuto molti anni. Vincitrice di premi in marketing internazionale, si occupa di megatrend e del loro impatto sistemico sull’evoluzione delle nostre società. Scrive per svariate riviste di settore e ha pubblicato con Springer Megatrends Defining the Future of Tourism: A Journey Within the Journey in 12 Universal Truths (2020).