Siamo totalmente immersi in ondate intense e veloci di cambiamento, causate dalla rivoluzione tecnologica e nuove élite si stanno affermando grazie all’abilità di cavalcare questi cambiamenti e, soprattutto, per la capacità di creare nuove visioni di futuri possibili e nuovi scenari, dove le tradizionali certezze sono scosse alle fondamenta. Le persone, aziende e società sono di fronte a uno scenario assolutamente nuovo, con caratteristiche di velocità del cambiamento, imprevedibilità, contestualità delle innovazioni che non si erano mai presentate nella storia dell’umanità. La rapidità di adattamento diventa allora fattore di sopravvivenza, ma anche di apertura di nuove e improvvise opportunità. Un artigiano, un lavoratore di 50 anni, entrato nel mondo del lavoro da 30 anni, opera in un contesto radicalmente diverso da quello che aveva conosciuto inizialmente, mentre il giovane che entra nel mondo del lavoro oggi troverà nel proprio percorso cambiamenti ancora più radicali.

Come scrive Harari in 21 lezioni per il XXI secolo. Milano, Bompiani (2018):

 

“L’umanità sta vivendo rivoluzioni senza precedenti, tutte le nostre vecchie storie stanno andando in frantumi, e nessuna nuova narrazione è finora emersa per prenderne il posto. Come possiamo preparare noi stessi e i nostri figli per un mondo scosso da tali inediti sconvolgimenti e radicali incertezze? Un bambino nato oggi avrà poco più di trent’anni nel 2050.  Che cosa dovremmo insegnare a questo/a bambino/a per aiutare lui o lei a sopravvivere e avere successo nel mondo del 2050 o in quello del XXII secolo? Quali competenze professionali dovranno avere lui o lei per trovare un’occupazione, comprendere quello che gli succede intorno e orientarsi nel labirinto della vita? Sfortunatamente, poiché nessuno sa come sarà il mondo nel 2050 – per non parlare di quello del 2100 – non sappiamo dare una risposta a queste domande”.

 

L’esperienza, la memoria e le competenze acquisite nel passato non sono più sufficienti per affrontare i cambiamenti e a volte possono essere un peso. Apprendere, disapprendere, riapprendere continuamente, per tutto l’arco della vita, non possono più essere considerati una raccomandazione, tra le tante che non ci riguardano. Dobbiamo allora apprendere un nuovo alfabeto, la cui base è digitale e nuove conoscenze, capacità ed una nuova forma mentis.

 

La grande sfida educativa

L’onda della rivoluzione digitale lancia una grande sfida a tutti i sistemi di apprendimento, pubblici e privati, scolastici ed aziendali, che è quella di far evolvere i propri modelli didattici per renderli coerenti con il vissuto sempre più digitale delle persone e della società. Al tempo stesso i sistemi di apprendimento sono chiamati  a mettere al centro dei propri programmi il tema dell’alfabetizzazione digitale di base e della cultura e delle competenze digitali evolute per il mondo del lavoro.  Tutti dobbiamo apprendere di nuovo a leggere e a scrivere, con un nuovo alfabeto, la cui base è digitale.
Quello che stiamo vivendo è un apprendimento che si sta rivoluzionando grazie alle infinite ibridazioni del fisico e del digitale, della tradizione e dell’innovazione, di linguaggi e format diversi.
La vita privata e lavorativa, infatti, sono sempre più popolate da webinar, piattaforme e-learning, APP per apprendere lingue e competenze digitali, coach virtuali, sistemi di intelligenza artificiale e ambienti digitali che integrano e fanno evolvere la formazione tradizionale e creano un nuovo ambiente, che possiamo definire di Digital Learning, ricco di opportunità, dove è possibile formarsi continuamente, quando serve e dove serve. La stessa formazione tecnica, la formazione professionale, che vede le scuole territoriali della Confartigianato protagoniste ed in molti casi un riferimento di alta qualità, sta iniziando una nuova stagione con la realtà virtuale e la realtà aumentata, con laboratori tecnologicamente avanzati dove si potranno attrarre e coinvolgere giovani.

 

Apprendere ad apprendere nei contesti digitali

Il Digital Learning porta in sé la cultura dell’autoapprendimento, della responsabilizzazione e della motivazione di ogni persona ad apprendere anche in autonomia e questo è un grande cambiamento culturale che richiede tempo, specifici programmi formativi, comunicativi, motivazionali.

L’apprendimento tradizionale della persona, a scuola e nelle aziende, è stato prevalentemente un apprendimento da “dipendente”, con il maestro, l’insegnante, il capo che decide quale programma devi seguire, quale corso devi fare e poi ti valuta se hai seguito bene il programma. Modelli strutturati ed erogazione top-down. La scuola è ancora così, l’azienda lo è prevalentemente.
Nella società digitale questo modello si destruttura, la dimensione top-down insegnante allievo è presente, ma è solo una parte, tendenzialmente sempre più ridotta, perché è dilatato lo spazio dll’auto-apprendimento, del self-direct learning, dell’apprendimento cooperativo. Uno spazio già ricco di infinite opportunità formative, ma ben utilizzato al momento solo da una élite di persone, quelle con basi culturali, metodologiche e digitali in grado di muoversi agilmente tra le opportunità di apprendimenti presenti.

È cambiato il contesto di apprendimento e la didattica della scuola e della formazione aziendale non possono più rimanere quelle dell’epoca passata. Questa rivoluzione non coinvolge solo la scuola, ma tutte le organizzazioni e l’intera società perché, finita l’epoca della separazione tra una prima parte della vita dedicata allo studio e una seconda dedicata al lavoro, siamo entrati nell’epoca in cui la prima fase di studio getta le basi di un apprendimento che dovrà proseguire per tutto l’arco della vita.

 

Anche il disapprendere è una abilità richiesta

Alla base della nuova didattica vi è  la consapevolezza che l’apprendimento non sarà più cumulativo, come nel passato, quando ogni nuova conoscenza ed esperienza si sommava alle precedenti e valorizzava il curriculum delle persone. In una società che procede per accelerazioni, salti, rotture e cambiamenti radicali, infatti, ci troviamo di fronte alla necessità di attivare rapidi apprendimenti di mondi nuovi e sconosciuti. Disapprendere, per lasciarsi alle spalle credenze, abitudini e modelli consolidati dall’esperienza, è allora una delle nuove abilità per acquisire l’agilità e la velocità necessarie.

 

Il nuovo docente: dal potere del contenuto al potere del metodo

La crisi che sta vivendo il mondo tradizionale della formazione è strettamente connessa a un’autorità basata prevalentemente sul potere della conoscenza, potere che viene meno nel mondo digitale, dove le informazioni sono sovrabbondanti, gratuite, anche se talvolta false e manipolative.
Quest’evoluzione sposta l’autorità del docente dal possesso di conoscenza, requisito minimo ma non più sufficiente per abilitare al ruolo di docente e formatore, all’autorità del metodo, il metodo per apprendere e far apprendere, che docenti e formatori dovranno acquisire e insegnare.
L’aula non scomparirà, ma dovrà evolvere e ritrovare un suo specifico ruolo all’interno dei molteplici formati presenti nell’infosfera dell’apprendimento. Per raggiungere elevati standard di qualità dovrà ripensarsi, guardarsi intorno, integrarsi. Una molteplicità di fattori spinge verso questo cambiamento, alcuni sono legati a nuovi scenari organizzativi, altri introdotti dall’ondata tecnologica e dall’affermarsi di nuovi linguaggi che rendono obsolete le aule tradizionali.

Questo cambiamento  non può essere improvvisato, perché passare dall’apprendimento passivo in aula o in e-learning a un apprendimento attivo, con una pluralità di fonti, format, contenuti, autoregolato, richiede tempo e acquisizione di cultura e metodo.

 

La nuova didattica

I prossimi anni saranno gli anni della “didattica della coesistenza” dove convivranno attività tradizionali e attività fortemente innovative. Abbiamo visto che il ruolo del docente si baserà sempre meno sul potere della conoscenza e sempre di più sul potere del metodo, sulla capacità di formare i learner all’auto-apprendimento e al muoversi in autonomia tra le mille opportunità di sapere presenti nell’infosfera, interna ed esterna all’organizzazione, alla scuola, al centro di formazione professionale.
Il formatore dovrà quindi trasformarsi da erogatore di contenuti, pacchetti e cataloghi, in regista di processi di apprendimento e di condivisione della conoscenza, architetto di ambienti virtuali, animatore e regolatore delle dinamiche delle community di apprendimento. Un formatore sempre più socratico, designer, multimediale, coach. Vorrei sottolineare una potenzialità dei nuovi scenari ed andare controcorrente rispetto alle preoccupazioni prevalenti del momento: la nuova didattica a forte impronta digitale, se ben gestita e progettata, potenzierà l’interazione umana tra docente ed allievo, tra allievi ed allievi. La nuova didattica non può essere identificata con  quella vissuta nell’emergenza Covid, dove si è stati costretti ad improvvisare una didattica a distanza senza preparazione, metodo, cultura. Il tempo che tradizionalmente viene dedicato alla lezione frontale, la parte più facilmente sostituibile dalle nuove modalità digitali,  può essere liberato e investito nell’interazione, nella didattica attiva, nella valorizzazione delle diverse modalità di apprendimento, nella personalizzazione, nel confronto. Se ben gestita, si è aperta un’epoca di grandi opportunità.

 

Foto di Gerd Altmann da Pixabay