Il consumo del suolo e l’urbanizzazione eccessiva sono problemi che affliggono molte regioni del mondo, inclusa l’Italia. Com’è noto la regione Emilia-Romagna ha recentemente subito una tragedia dovuta ad alluvioni, ma non è l’unica. Incendi forestali in Australia, inondazioni in India, il ciclone Idai in Mozambico e alluvioni in Europa centrale sono tutti disastri ambientali che hanno in comune l’urbanizzazione eccessiva. Questo fenomeno è associato alla perdita di una risorsa ambientale fondamentale, il suolo agricolo, naturale o seminaturale, a causa della costruzione di nuovi edifici, dell’espansione delle città e della conversione del terreno all’interno delle aree urbane.
Il consumo del suolo in Italia è monitorato dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, che ogni anno pubblica il Rapporto nazionale sul consumo del suolo. I grafici seguenti mostrano un incremento costante del consumo del suolo dal 2006 al 2021
Grafico 1 | Superfice di suolo consumato in Italia dal 2006 al 2021
(fonte ARPA, https://webgis.arpa.piemonte.it/agportal/apps/MapSeries/index.html?appid=a69317f87a5745a0b556526579755e37)
Un aspetto interessante del consumo del suolo è il disaccoppiamento tra il consumo del suolo e le dinamiche della popolazione. Nonostante in molti casi si registri una stabilizzazione o una decrescita dei residenti, le superfici artificiali continuano ad aumentare. Questo fenomeno è preoccupante e richiede una riflessione approfondita sulle politiche di sviluppo urbano.
Grafico 2 | Velocità del consumo di suolo giornaliero netto
(Superficie consumata in ettari 2006-2021 – Fonte: Rapporto consumo di suolo 2022 SNPA)
Se ragioniamo sulle questioni energetiche osserviamo poi che l’installazione di impianti fotovoltaici a terra rappresenta un importante elemento di consumo di suolo. Questi impianti occupano oltre 17.500 ettari di suolo, con la sola Puglia che ospita il 35% di tutti gli impianti nazionali.
Si stima che le aree perse in Italia dal 2012 avrebbero garantito la fornitura complessiva di 4 milioni e 150 mila quintali di prodotti agricoli e l’infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua di pioggia che ora, scorrendo in superficie, non sono più disponibili per la ricarica delle falde e aggravano la pericolosità idraulica dei nostri territori. Nello stesso periodo, la perdita della capacità di stoccaggio del carbonio di queste aree (oltre tre milioni di tonnellate) equivale, in termini di emissione di CO2, a quanto emetterebbero più di un milione di autovetture con una percorrenza media di 11.200 km l’anno tra il 2012 e il 2020: un totale di oltre 90 miliardi di chilometri percorsi, più di 2 milioni di volte il giro della terra.
Il consumo del suolo ha anche un impatto economico notevole. Si stima che ogni anno si perdano servizi ecosistemici del suolo per un valore di oltre 3,6 miliardi di euro. Se si considera il consumo del suolo degli ultimi 15 anni, questa cifra supera gli 8 miliardi di euro l’anno.
Questi dati evidenziano l’importanza economica della conservazione del suolo e la necessità di agire per invertire la tendenza attuale.
Le Nazioni Unite, attraverso gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG), e la comunità internazionale, con l’approccio degli Ecosistemi Basati sulla Natura (NBS), hanno posto l’attenzione sulla necessità di proteggere il suolo e garantire la sua gestione sostenibile. Gli SDG, in particolare l’Obiettivo 15 “Vita sulla Terra”, si concentrano sulla conservazione e ripristino degli ecosistemi terrestri, inclusi i suoli. Allo stesso tempo, gli NBS promuovono l’uso sostenibile delle risorse naturali attraverso soluzioni basate sulla natura stessa.
Il ruolo delle imprese
Le imprese possono adottare diverse strategie per contribuire alla lotta al consumo del suolo. In primo luogo, possono adottare pratiche aziendali sostenibili che minimizzano l’impatto ambientale delle loro attività. Ciò potrebbe includere l’implementazione di politiche di riduzione dei rifiuti, il ricorso a materiali riciclati e sostenibili, e l’adozione di misure per il risparmio energetico e l’efficienza delle risorse.
In secondo luogo, le imprese possono promuovere la conservazione del suolo attraverso l’adozione di politiche di pianificazione del territorio sostenibile. Questo potrebbe significare l’evitare la conversione di terreni agricoli o naturali per fini edificatori e l’investimento in pratiche di gestione del suolo che favoriscono la sua conservazione, come l’agricoltura sostenibile e la permacultura.
Inoltre, le imprese possono svolgere un ruolo attivo nel ripristino degli ecosistemi terrestri degradati. Ciò potrebbe includere progetti di riforestazione, la creazione di aree verdi urbane e il coinvolgimento in iniziative di conservazione delle zone umide. Tali azioni non solo contribuiscono alla lotta al consumo del suolo, ma offrono anche benefici aggiuntivi come la mitigazione dei cambiamenti climatici e la promozione della biodiversità.
È importante sottolineare che il coinvolgimento delle imprese nella lotta al consumo del suolo non è solo una responsabilità morale, ma anche un’opportunità economica. Le pratiche sostenibili possono aumentare l’efficienza operativa, ridurre i costi e migliorare la reputazione aziendale. Inoltre, le imprese che si impegnano attivamente nel raggiungimento degli SDG possono accedere a nuovi mercati e attrarre investitori interessati a modelli di business sostenibili.
Per promuovere il coinvolgimento delle imprese nella lotta al consumo del suolo, è necessaria una combinazione di incentivi e regolamentazioni governative. Gli incentivi finanziari, come agevolazioni fiscali o sovvenzioni per le pratiche sostenibili, possono incoraggiare le imprese a adottare soluzioni eco-compatibili. Allo stesso tempo, le normative ambientali devono essere rafforzate per promuovere la protezione del suolo e scoraggiare pratiche dannose.
Alessandro Lanza
Alessandro Lanza, Dottorato in Economia presso l’University College London e Visiting presso Oxford Institute for Energy Studies. È docente di Energy and Environmental Policy presso la Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli (LUISS). È stato membro del C.d.A. dell’ ENEA, Presidente di Sotacarbo e fa parte della redazione de Lavoce.info. Vanta un’ampia esperienza di ricerca, insegnamento e management avendo ricoperto negli anni diversi ruoli in Italia e all’estero, tra cui quelli di Senior Analyst presso l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), di Chief Economist di Eni, di Amministratore Delegato di Eni Corporate University e di Senior Research Fellow presso il centro di ricerca KAPSARC, Arabia Saudita. Tra le tante esperienze significative, va menzionata la sua partecipazione al Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC) con il ruolo di Leading author. E’ autore di numerose pubblicazioni su riviste scientifiche e di diverse monografie. Socio Fondatore dell’Associazione Italiana degli Economisti dell’Ambiente e delle Risorse Naturali (IAERE) e della Società Italiana per le Scienze del Clima (SISC) e membro del Comitato di sostenibilità di Eurizon Capital SGR