Sono trascorsi dieci anni dalla missione Innovating with beauty organizzata a San Francisco da Fondazione Bassetti insieme a un nutrito pool di istituzioni (diplomatici italiani, Regione Lombardia, Comune di Milano, Politecnico) e soprattutto alla rappresentanza degli artigiani, Confartigianato.
Erano ancora relativamente freschi di stampa i libri di Richard Sennett (L’uomo artigiano) e di Stefano Micelli (Futuro artigiano) e noi volevamo andare a vedere in Silicon Valley se effettivamente l’innovazione nei modi di produrre – la manifattura digitale – riguardasse più in generale i modi di organizzarsi nella società, oltre che nell’economia.
Suona strano dirlo oggi, ma nei giornali italiani, in quei mesi, non c’era quasi una riga sulle stampanti 3D. Poi è arrivata l’onda e riteniamo di aver contribuito a una narrazione che, nelle mani dei protagonisti, ha contribuito, in quel frangente, a indicare la traiettoria. Tanto è vero che da quel viaggio nacquero un’altrettanto larga presenza alla XXI Triennale Internazionale che si tenne a Milano sotto il titolo New Craft e iniziative divulgative come il film Avanti Artigiani!
Ebbene, eravamo e restiamo convinti che senza infrastrutture istituzionali ordinate e aggiornate non si organizzino i modi di produrre: né quelli di prima, né quelli di domani. Già, perché tutti conveniamo di essere immersi, magari nostro malgrado, nei fatti di un’epoca nuova, soprattutto per i cambiamenti introdotti sul sapere dalla scienza.
L’Innovazione Incontra la Tradizione
Come in tutte le rivoluzioni moderne, in quella dettata dalla tecnoscienza la persona cambia insieme agli strumenti del proprio essere nel mondo; e cambia il suo sistema di relazioni. Viviamo un intorno diverso, che alcuni chiamano infosfera e che Luciano Floridi ha ribattezzato onlife. Allora, mentre identità individuale è cambiata – impariamo, viaggiamo, lavoriamo, ci relazioniamo in modi antropologicamente nuovi – l’identità comunitaria, della polis, pure si trasforma.
Consentiamoci allora un bel respiro indietro nella storia, alla ricerca di come lo spirito artigiano ha incontrato le grandi onde tecnologiche precedenti. Nel Cinquecento Erasmo da Rotterdam viveva un cambio d’epoca, come noi. Fu lui, olandese all’inizio del Cinquecento, a esperire nella bottega veneziana di Aldo Manuzio il potere della tecnologia: il suo incenso fu l’odore dell’inchiostro da stampatore; il suo più grande strumento era l’educazione, e la più grande arma per l’educazione era la stampa. Scrive Roland Bainton: Nessuno come Erasmo si diede da fare con tanto ardore per portare l’insegnamento a livello della tecnologia. Ogni cesura della tecnica (e non c’è dubbio che allora si trattasse di un’innovazione artigiana!) è una faglia sismica della storia.
Il ruolo delle organizzazioni di rappresentanza
La difficoltà, oggi come allora, è di adeguare le strutture di rappresentanza alle innovazioni, per ridurre il (digital) divide. Sì, perché gli ostacoli all’utilizzo delle tecnologie non riguardano né solo l’utente consumatore, né solo l’artigiano produttore, né l’impersonale, mai trasparente mercato (rimandiamo l’approfondimento su come e da chi siano regolate le piattaforme digitali per presentare e distribuire i beni e servizi).
Il divide morde anche quei soggetti – le rappresentanze – che dovrebbero offrire una dimensione organizzativa e in ultima analisi un senso alle innovazioni della società, finalizzarle anche sulla base di valori, non soltanto di interessi, ma spesso non ci riescono.
Anche perché questi corpi importanti e intermedi, che hanno garantito la libera organizzazione delle forze sociali, si trovano di fronte non solo alla rivoluzione digitale, ma anche alla rivoluzione demografica: nel 1966 nacquero 930mila bambini; nel 2000, 550mila; l’anno scorso 393mila. Bastano questi dati per capire che la cultura tecnica, manifatturiera, artigiana del nostro Paese non avrà gli stessi numeri di cinquant’anni fa.
Inoltre gli amici di Upskill 4.0 ci ricordano che alle nostre latitudini chi fa il liceo classico generalmente non intraprende una carriera “manuale”. Gli iscritti all’università nel 1966 erano 120mila, quest’anno 285mila. Dei pochi ragazzi e ragazze totali, una quota molto più ampia di prima si indirizza cioè su itinerari formativi diversi da quelli tecnico-professionali, come gli ITS, che sarebbero il bacino più adatto per rinnovare anche le “botteghe” artigiane di nuova (o rinnovata) generazione. Senza contare che, fra i 19 e i 29 anni, abbiamo due milioni di Neet, e, tra i 16 e i 32 anni, i milioni sono tre.
Prospettive e Sfide dell’Artigianato contemporaneo
La tempesta perfetta sembra arrivare (dopo la pandemia e le guerre, s’intenda) quando alla siccità generazionale si associa la disparità territoriale: si pensi – come ha scritto Paolo Manfredi prima in Provincia, non periferia e più recentemente in L’Eccellenza non basta (Egea 2023) – allo spopolamento dei piccoli centri. La maggior parte delle città medie e di quelle rurali soffrono. Ecco affacciarsi il tema della «vendetta dei luoghi che non contano», ovvero della irrisolta tensione tra metropoli e territori non metropolitani, rappresentata dalla divaricazione dei redditi, dall’inurbamento degli individui ad alta qualificazione, dalla rivolta di «tutto ciò che città non è». Fino a riflettersi nella costante difformità nei comportamenti elettorali «tra città e contado» (sto citando Cristina Tajani in Città prossime, sulla scorta di una letteratura socio-economica che ha il suo riferimento recente in Rodriguez-Pose).
In questo scenario i piccoli proprietari costituiscono oggi, come nei settant’anni che ci separano dalla nascita della Repubblica e delle libere associazioni, un presidio di libertà verso un capitalismo, quello attuale, che concentra le proprietà. Da decenni la capitalizzazione borsistica mondiale ha visto le multinazionali informatiche e digitali scalzare dalle prime posizioni l’industria tradizionale, manifatturiera, chimica, energetica; ma in borsa il 2023 è stato l’anno dell’intelligenza artificiale. Le imprese trend setter di questa rivoluzione sono cresciute, in termini di capitalizzazione (Sole24Ore), di 4.2 trilioni negli ultimi dodici mesi.
Allora, se pensiamo a uno dei pilastri legittimanti ogni potere nella storia – la capacità fiscale, la raccolta delle risorse – facilmente capiamo perché anche la distribuzione del peso fiscale debba fare i conti con il rapporto nuovo tra piccoli produttori, Stati e… big-tech (per tassare le quali non a caso le istituzioni hanno cercato di darsi un orizzonte ben più che continentale).
Verso un Nuovo Rinascimento Artigiano
Proprio in Italia, nel Rinascimento, abbiamo proposto un nuovo ordine, traendolo da qualcosa a cavallo tra il sapere e l’arte, cioè la prospettiva. L’innovazione condivide con la politica – e per certi versi con l’arte e con l’artigianato – una capacità di disegnare il mondo che può andare al di là della mera riproduzione seriale dell’esistente.
Ebbene, nel lungo e vivace dialogo con i mondi artigiani, alla nostra Fondazione (che nel 2024 compie trent’anni) viene richiesta in modo dialettico, per cui senza deleghe, una prospettiva di accompagnamento. Per restituire anche all’artigianato quello spirito che dà il titolo alla vostra rivista digitale.
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Francesco Samorè
Dal 2011 è direttore scientifico e dal 2015 segretario generale di Fondazione Giannino Bassetti, che ha sede a Milano dal 1994.
Scopo della Fondazione è promuovere l’esercizio responsabile dell’innovazione in ambito nazionale e internazionale.
Laureato in Storia economica, dottore di ricerca in Storia dell’impresa e finanza aziendale, Samorè è autore di libri e saggi sulla struttura dell’economia italiana contemporanea e lo studio biografico degli imprenditori.
Samorè è inoltre docente al Politecnico di Milano dal 2014, membro del consiglio direttivo della Società di Incoraggiamento Arti e Mestieri (SIAM 1838) dal 2018, consigliere dell’Associazione nazionale invalidi civili di guerra dal 2022, cofondatore nel 2016 dell’associazione Innovare per Includere