
In un contesto globale instabile segnato da politiche protezionistiche e tensioni geopolitiche la manifattura italiana si trova ad affrontare sfide complesse. La resilienza del sistema manifatturiero italiano si fonda su qualità del prodotto, capacità innovativa e biodiversità territoriale, leve strategiche per rafforzare la competitività internazionale del made in Italy.
Nell’attuale fase di elevata turbolenza, caratterizzata dalla guerra commerciale innescata dall’incremento dei dazi da parte degli Stati Uniti, si registrano forti segnali recessivi sulle economie dell’Eurozona e dell’Italia, più vulnerabili per la loro apertura agli scambi globali. Nell’arco di poche settimane una applicazione di strumenti ottocenteschi, come sono i dazi, alle complesse catene globali del valore del Ventunesimo secolo si intreccia con le politiche di riarmo dell’Unione europea e un ritorno all’espansione fiscale della Germania. Sullo sfondo dei conflitti in Ucraina e in Medio Oriente, si modificano in modo caotico gli equilibri nelle relazioni internazionali, delineando un nuovo (dis)ordine mondiale. Gli impatti sono rilevanti per la manifattura italiana, caratterizzata da una alta diffusione di micro e piccole imprese. Se l’Italia è il terzo paese esportatore in UE, dietro a Germania e Paesi Bassi, diventa il primo per valore esportato dalle imprese con meno di 50 addetti. L’Italia è la seconda economia manifatturiera nell’UE, dietro alla Germania, ma diventa la prima per occupati nelle micro e piccole imprese manifatturiere. Le previsioni di aprile del Fondo monetario internazionale revisionano pesantemente al ribasso l’andamento del volume di export di beni dell’Italia che nel 2025 è previsto scendere del 2,9% (3,1 punti in meno del +0,2% previsto ad ottobre 2024).
Il sistema delle imprese italiane può affrontare la tempesta in corso grazie ad alcuni punti di forza quali la qualità, l’innovazione e la biodiversità.
Una prima difesa rispetto ai dazi è rappresentata dall’elevata qualità del prodotto: come indicato nell’ultimo Bollettino di Banca d’Italia, le esportazioni di beni verso gli Stati Uniti sono costituite per il 43% da prodotti di alta qualità. Più in generale, sui mercati di tutto il mondo, come ha documentato il 19° Rapporto annuale di Confartigianato, nell’arco degli ultimi cinque anni cresce la qualità intrinseca dei prodotti del made in Italy, un fenomeno caratterizzato da un migliore design, una più alta qualità delle materie prime e l’introduzione di nuove funzionalità, caratteristiche risultanti dai processi di innovazione e ricerca intrapresi dalle imprese. Il miglioramento del livello qualitativo dell’offerta si rivela più marcato nei prodotti con il più elevato apporto occupazionale delle micro e piccole imprese. Una analisi dei dati Eurostat delinea una elevata performance innovativa delle piccole imprese italiane. Poco meno della metà delle imprese nei paesi dell’UE ha svolto attività di innovazione (47,2%) durante il periodo di riferimento 2020-2022, con una quota più elevata di 13,1 punti per le piccole imprese italiane che nel 60,3% dei casi hanno svolto attività di innovazione. L’Italia si colloca al terzo posto nel ranking dei 27 paesi dell’Unione, posizionandosi davanti a Germania (58,5%) e Francia (53,0%) e alla più distanziata Spagna (30,0%).
L’innovazione del prodotto, oltre ad aprire nuove nicchie sui mercati, dipana altri effetti positivi sull’economia, sostenendo l’aumento di produttività e retribuzioni e generando nuove opportunità occupazionali, soprattutto in segmenti ad elevata qualificazione. Le imprese innovative attraggono capitali che possono stimolare processi di crescita e ulteriori innovazioni. Nuovi prodotti e processi innovativi nei settori della sanità, della tecnologia digitale e dei trasporti portano a miglioramenti nella qualità della vita dei cittadini, riducendo i costi di famiglie e imprese. Le imprese orientate all’innovazione effettuano interventi e pratiche più sostenibili. L’innovazione può spingere alla creazione di nuove filiere produttive, favorendo una maggiore diversificazione dell’offerta, più orientata a prodotti innovativi, e riducendo la dipendenza da comparti più tradizionali. Sui driver di nuova imprenditorialità si veda una nostra precedente analisi su Spirito artigiano. Un sistema di imprese orientato all’innovazione ha un più rapido adattamento ai cambiamenti del mercato e risulta più resiliente nelle fasi cicliche recessive.
La gamma dell’offerta di una produzione di qualità e ad alto contenuto di innovazione si amplia grazie alla biodiversità del sistema produttivo italiano che presenta ben 433 specializzazioni manifatturiere provinciali che delineano la vocazione produttiva dei 141 distretti italiani.
Grazie a questi punti di forza – qualità, innovazione e biodiversità – l’Italia, pur essendo il terzo paese esportatore in UE dietro a Germania e Paesi Bassi, sale al primo o al secondo posto per 87 prodotti che generano esportazioni per complessivi 293,3 miliardi di euro, pari a circa la metà (47,0%) delle vendite del made in Italy nel 2024. L’Italia è il primo esportatore in Europa in ambiti dell’eccellenza italiana relativi all’alimentare, ai macchinari, alla moda, ai prodotti in metallo, a prodotti ad elevato contenuto di design come i mobili, la ceramica decorativa e le pietre lavorate, oltre a detenere una leadership continentale per l’export di prodotti della gioielleria e delle imbarcazioni da diporto.
La posizione primaria dell’Italia in alcuni cluster manifatturieri, associata alla specializzazione distrettuale, colloca alcune piattaforme territoriali del made in Italy nel ruolo di primari player sui mercati internazionali, come ben stilizzato da due esempi. L’asse dei mobili della pianura padana, che unisce i distretti specializzati nella produzione di mobili delle province di Brescia, Bergamo, Milano, Monza e Brianza e Como per la Lombardia, di Venezia, Treviso, Padova, Vicenza, Verona per il Veneto e di Udine e Pordenone per il Friuli-Venezia Giulia, in una classifica ibrida tra paesi europei e territori italiani diventa il terzo esportatore europeo di mobili, dietro a Polonia e Germania. Complessivamente, queste province esportano mobili per un valore equivalente a quello di Spagna, Danimarca e Francia messe insieme.
L’Italia è il secondo esportatore europeo di macchinari, con un valore di 99,9 miliardi di euro nel 2024. Sempre in una classifica ibrida emerge che il ‘triangolo dei macchinari’ formato da Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto si posiziona al terzo posto in UE mentre le otto province sulla via Emilia, che da sole superano la Spagna, si collocano al nono posto nel ranking europeo.
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Nostre elaborazioni su dati Banca d’Italia, Eurostat e Istat

Enrico Quintavalle
Enrico Quintavalle è nato a Padova nel 1960, laureato in economia e commercio all’Università Cà Foscari di Venezia, è responsabile dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese e Direttore scientifico degli Osservatori in rete del sistema Confartigianato. Autore di numerosi articoli e rapporti su economia d’impresa, politica economica, finanza pubblica ed economia energetica. Con Giulio Sapelli ha scritto ‘Nulla è come prima’, Milano, 2019 Guerini e Associati. Dal 2009 cura una rubrica settimanale su QE-Quotidiano Energia.