Le parole e i concetti che usiamo per comunicare sono etichette semantiche che ci aiutano a delimitare e rendere più comprensibile ciò che desideriamo trasmettere. Spesso accade che tali etichette semantiche producano effetti sugli ascoltatori che superano di gran lunga ciò che intendevamo dire con effetti difficilmente prevedibili.
Anche le tre potenti parole che formano il titolo di questo articolo come “ambiente”, “microimpresa” e “valore artigiano”, pur essendo familiari e diffuse nell’ecosistema di Confartigianato, non sfuggono a questa regola semantica.
Proviamo a esplorarne alcuni dei meccanismi semantici che le rendono importanti.
Per farlo useremo il filtro delle neuroscienze e della psicologia cognitiva.
Parola-concetto | Chiavi di interpretazione del significato |
Ambiente | Frame culturale, Genius Loci |
Microimpresa | Legame identitario e genetico con il territorio, velocità di adeguamento alle trasformazioni, capacità di cogliere le nuove domande di prodotti e di esperienze dei clienti |
Valore artigiano | Creatività, trasmissione della conoscenza e memoria |
Le parole-concetto “micrompresa”, “ambiente” e “valore artigiano” presenti nel titolo dell’articolo svolgono una funzione rilevante quali trigger (stimolo), ovvero come attivatori di altri concetti ad essi collegati che si trovano nella nostra memoria di lungo periodo.
Questi trigger interni sono ambiti di significato che ognuno di noi definisce sulla base della propria esperienza e della propria cultura. La caratteristica principali dei trigger interni è che possono essere evocati quando la nostra percezione è interessata da un trigger esterno corrispondente. Basterà leggere la parola “microimpresa” in un documento, una email o ascoltarla in un seminario formativo, per richiamare quei concetti corrispondenti (trigger interni) che secondo noi in quel momento possono essere più utili a comprendere il progredire del ragionamento cui stiamo partecipando.
In questo articolo proponiamo alcuni di questi concetti esplicativi (trigger interni) associati ai trigger esterni e cecheremo di approfondirne gli impatti sul piano della costruzione del significato.
In particolare qui approfondiamo cosa si nasconde nella parola-concetto “microimpresa”.
Essa è legata a trigger interni quali “legame identitario e genetico” con il territorio, velocità di adeguamento alle trasformazioni, capacità di cogliere nuove domande di prodotti e servizi, ma soprattutto di “esperienze”. Ci soffermeremo su due di queste: identità ed esperienza.
Cos’è l’identità?
Quando parliamo di identità, in particolare quella del singolo essere umano, dobbiamo fare riferimento al concetto di permanenza, ovvero la combinazione di continuità di coscienza e memoria. Questo tipo di identità emerge nella nostra esperienza quotidiana, quando ci riferiamo a un soggetto specifico, com’è il territorio, che si caratterizza a livello neurologico in modo unitario e coerente in tutte le funzioni cerebrali coinvolte.
Secondo il neuroscienziato Michael S. Gazzaniga, quest’identità è costruita da una precisa funzione cerebrale localizzata nell’emisfero sinistro, che astrae e dà un senso soggettivo alle informazioni oggettive, casuali e disordinate, elaborate dall’emisfero destro.
Gazzaniga definisce tale funzione «interprete» e spiega come agisca sulle informazioni provenienti dal mondo esterno che dal resto del cervello e del corpo. Ad esempio, l’interprete può rilevare una periodicità in una sequenza di numeri che vediamo, ma anche spiegare perché ci sentiamo agitati, arrabbiati o perché abbiamo agito in un certo modo in una data situazione.
O anche cos’è che ci lega a un territorio.
Cos’è il territorio per il cervello umano
Il territorio è una componente essenziale dei contenuti dell’identità, ma non si identifica con essa. Possiamo sentirci pienamente parte di un territorio, il nostro luogo natio o di adozione, ma ciò non basta ad esprimere in pieno il senso di appartenenza.
L’identità non si può esaurire nel luogo, né nel territorio, esiste anche quando è sradicata da un luogo, da un territorio preciso, anche se necessita di luogo e territorio per alimentarsi.
Questo spiega perché quando non esiste se ne ripropone la memoria. Si entra qui nel territorio dei ricordi, degli stereotipi e delle narrazioni ma anche degli aspetti peculiari dei luoghi, quelli che non cambiano mai e rimangono vivi nel tempo. Come il paesaggio o la tradizione artigiana. Entrambi possono essere considerati come asset di valore di un territorio, tanto quanto (se non di più) rispetto alle materie prime o alle tradizioni culturali.
Non è un caso che la convenzione europea parla di paesaggio come fondamento dell’identità.
Quindi, i territori vivono nelle nostre menti, sono luoghi di cui possiamo comprendere le componenti e definire le sfumature di appartenenza, ma non esauriscono la costruzione dell’identità. Perché?
Perché l’identità che possiamo osservare è evolutiva e dinamica, non statica, né tanto meno definibile una volta per tutte. Quando parliamo di identità, soprattutto quando ci riferiamo ad essa come legame costitutivo del valore artigiano, meglio parlare di identità consapevole.
La consapevolezza significa prestare attenzione in un modo peculiare: di proposito, nel momento presente e senza presunzione. Quindi, quando ci riferiamo all’identità di un territorio
Stiamo parlando della propria specificità e unicità, in una situazione dinamica di relazioni in cui si combinano orizzonti relativi, circoscritti e allargati, costituisce un potenziale fondamentale per la definizione di un nuovo modello di sviluppo. In tale prospettiva la consapevolezza del valore artigiano combina economia, innovazione tecnologica ma soprattutto la tradizione.
Caterina Garofalo
Presidente e fondatrice di Ainem (Associazione Italiana Neuromarketing), docente di neuromarketing presso lo IusTo