Artigiani per Costituzione. No, la maiuscola non è casuale. Parliamo proprio della Carta che rappresenta l’architrave imprescindibile su cui poggia la nostra Repubblica. L’articolo 45 che, al secondo comma, stabilisce come «la legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato» è una storia nella storia. Questo secondo comma, in modo particolare. Raccontarla, sulle colonne di Spirito Artigiano, è in qualche modo un doveroso tributo a colui che fu responsabile di questo «blitz» durante la Costituente. Quello che racconta su Spirito Artigiano Alessandro Sterpa [1], costituzionalista di vaglia e professore di diritto pubblico all’università della Tuscia, non è solo un aneddoto per legulei. È qualcosa di molto più profondo, che riguarda l’identità stessa dell’artigianato e, in fondo, del nostro Paese. Cominciamo da un nome: Michele Gortani [2].

 

Professor Sterpa, un tuffo agli albori della Repubblica. Siamo alla Costituente. Cosa fece Gortani?

«La tutela dell’artigianato in Costituzione è frutto di un vero e proprio blitz di questo straordinario deputato democristiano. Inizialmente l’articolo 45 riguardava solo la cooperazione, così come è formulato nel primo comma. Ma Gortani si batté affinché fosse inserita anche la tutela dell’artigianato».

Quali motivazioni addusse?

«Definì l’artigianato come “antica gloria d’Italia”. Per lui l’artigianato era l’antidoto all’omologazione. Significava territorialità, capacità di valorizzazione del “particolare”. Un viatico per sfuggire alla “modernità livellatrice”. Parole e concetti straordinari, peraltro di estrema attualità».

Adesso a che punto siamo in termini di tutela dell’artigianato?

«Sul piano giuridico è una materia di competenza regionale. E penso che sia anche giusto così: è l’ente di prossimità quello che sa cogliere le istanze del territorio e che – per lo meno sul piano teorico – è in grado di legiferare per rispondere al fabbisogno reale della comunità artigiana. Certo, c’è ancora molto da fare».

Quali strade bisognerebbe percorrere per legiferare in modo ancor più efficace per valorizzare il settore?

«Sono tante le strade. Sicuramente servirebbero interventi quadro orientati all’alleggerimento dell’apparato burocratico che spesso grava in modo eccessivamente oppressivo sulle imprese artigiane, arrivando talvolta a minarne la competitività. Poi, occorrerebbe immaginare iniziative volte alla corretta identificazione del prodotto artigianale. Qualcosa che possa realmente distinguere – sul mercato – ciò che è prodotto artigiano da ciò che non lo è. Un modo anche per incentivare e sottolineare la “territorialità” del comparto».

Ha parlato di competitività. Spesso, si ascrive alle piccole dimensioni delle imprese artigiane una “debolezza” in relazione ai mercati e alla capacità di concorrervi in maniera virtuosa. Lei come la vede?

«Onestamente penso l’esatto contrario. La piccola dimensione, per le imprese artigiane italiane, è sinonimo di cura del particolare. E la particolarità di un prodotto, quindi, diventa una fortissima leva di competitività. La capacità straordinaria, unica, degli artigiani è proprio questa: essere in grado, ad esempio, di conquistare il grande mercato europeo, senza rinunciare alla cura e all’unicità del prodotto realizzato».

Confartigianato sta da tempo parlando del rapporto fra intelligenza artificiale e intelligenza artigiana. Come far convivere, dal suo punto di vista, queste due dimensioni in maniera virtuosa?

«L’intelligenza artificiale può essere un mezzo straordinario per gli artigiani. Purché essa sia al servizio dell’intelligenza artigiana e non viceversa. Quella artificiale può essere utilizzata – e sarebbe auspicabile – come strumento di semplificazione, come elemento per condurre indagini di mercato, per facilitare la vita delle aziende (in particolare quelle di piccole dimensioni). E anche la legislazione deve aprirsi a questo tema, cercando di far coesistere le due “intelligenze” partendo dal presupposto della centralità umana, dunque artigianale. Fermo rimanendo che stiamo parlando di un settore che è fonte di grande sviluppo e da cui passa gran parte dell’innovazione tecnologica del Paese. Peraltro non solo sul piano produttivo».

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[1] https://unitus-public.gomp.it/Docenti/Render.aspx?UID=5d8ff338-f1e4-4f3a-87b8-d7cc52aa6882
[2] https://it.wikipedia.org/wiki/Michele_Gortani