Il poter sperimentare e adattare allo specifico contesto d’uso fa parte degli elementi fondativi della cultura artigiana: innovare e personalizzare. Come nel caso del concepire e progettare, uno degli aspetti più potenti del digitale è consentirci di sperimentare senza realizzare
È in questo ambito che sono nati i gemelli digitali (in inglese “digital twin”). Le prime sperimentazioni di questa tecnologia sono avvenute in campo ingegneristico soprattutto dei grandi impianti. L’obiettivo era trovare una modalità per progettare correttamente impianti complessi e costosi e poterli testare in condizioni estreme per vederne la tenuta e robustezza senza però rischiare di dover buttare via l’impianto se era ancora imperfetto.
Il gemello digitale, dunque, è una rappresentazione fedele digitale dell’oggetto stesso che può essere “usata” per studiarne i possibili funzionamenti. In questa possibilità sta la loro grande opportunità.
Uno dei primi esempi di gemello digitale è stato Life, un gioco semplice ma molto potente che studia i meccanismi evolutivi di un gruppo. L’evoluzione è definita da alcune semplici regole (se i membri sono troppi isolati o troppo sovraffollati, muoiono; altrimenti si moltiplicano) e da una configurazione iniziale (quanti membri e quanto vicini fra loro) scelta dall’utente. La potenza di questo programma dalle regole semplicissime è data dalla capacità di generare forme molto creative: alcune si espandono, altre oscillano, altre ancora implodono e scompaiono. Quasi un comportamento vitale (da qui il nome life). In questo modo l’utente può scegliere, sperimentandole, quelle configurazioni iniziali che rendono l’evoluzione del gioco più interessante. Un esempio intuitivo della potenza della simulazione che parte da dati certe e studia comportamenti non previsti.
Uno dei benefici dei simulatori è anche il poter addestrare gli utenti al loro uso senza utilizzare lo stesso oggetto. Questo aspetto è particolarmente importante quando si tratta di oggetti costosi e pericolosi: ad esempio gli aerei. I simulatori di volo devono pertanto mettere in condizioni un pilota e il suo equipaggio di poter guidare “da subito” un aereo con i passeggeri senza aver mai provato prima a guidarlo. Infatti i voli di prova non solo sono particolarmente rischiosi (si può distruggere un oggetto che costa molti milioni di euro) ma anche costosi (ad esempio il combustibile) … e se ne dovrebbero fare moltissimi prima di acquisire le competenze necessarie. E se accade un malfunzionamento o un fenomeno climatico estremo, quanto l’equipaggio è preparato?
Un altro gruppo di applicazioni interessanti sono i cosiddetti simulatori, che permettono di osservare l’oggetto proposto all’interno del contesto d’uso. Un’applicazione di particolare successo è stata il simulatore di Ikea, che consente ai potenziali acquirenti di un mobile, innanzitutto di configurarlo scegliendo gli accessori e le forme che piacciono di più e poi di “vederlo” all’interno della propria casa. Questo tipo di applicazione permette all’utente di inserire le foto del proprio appartamento e poi, una volta scelto e personalizzato (configurato) il mobile che si vuole acquistare, di collocarlo digitalmente “dentro” la propria casa per vedere “come sta” e mettere in luce eventuali problemi di ingombro o di tipo estetico.
Ovviamente le applicazioni dei simulatori sono molto ampie e uno degli usi più frequenti in azienda è la simulazione economica. Lo strumento principe è il foglio elettronico (oggi il più diffuso si chiama Excel e fa parte della suite dei prodotti di base Microsoft) e un esempio tipico di simulazione economica è la scelta del prezzo ideale a cui vendere un prodotto. Nella sua forma semplificata vanno introdotte le principali voci di costo (produzione, distribuzione, marketing), le ipotesi da studiare (prezzo finale e numero di clienti) e la price elasticity che rappresenta la reazione del mercato potenziale alle variazioni di prezzo.
Tornando agli strumenti di ausilio alla produzione, va infine notato che la modellizzazione digitale di un oggetto rende un altro importante servigio: il poterlo produrre rapidamente con le stampanti 3D per vederne fisicamente il risultato e – se necessario o desiderato – estrarre quella parte del modello che può essere prodotto con le macchine a controllo numerico e quindi in modo seriale e a basso costo.
Questo è un punto essenziale che differenzia l’approccio artigiano da quello industriale: il fatto, cioè, che l’artigiano tende a non realizzare i suoi prodotti in modo completamente standardizzato; c’è sempre un tocco finale (tipo di materiale, colore, piccole variazioni dimensionali, aggiunta di particolari funzionali o decorativi …) – la firma dell’artigiano – che lo rende non solo unico ma particolarmente adatto ai bisogni manifestati dal cliente. Il motivo della personalizzazione, dunque, non è solo estetico o di marketing
Per questo motivo poter separare la produzione di una parte industrializzata da una parte personalizzata fornisce una flessibilità importante che consente di utilizzare anche strumenti quasi industriali come le stampanti 3D o le macchine a controllo numerico, ma poi completare il processo produttivo utilizzando l’abilità artigiana e valorizzando maggiormente il prodotto stesso.
Pertanto, il poter mantenere la flessibilità produttiva, ma integrata con modalità più standardizzate per produrre le parti più comuni, apre alla cultura artigiana nuovi spazi di mercato.
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Andrea Granelli
Andrea Granelli è presidente di Kanso, società di consulenza specializzata in innovazione e change management. Da diversi anni lavora su temi legati all’innovazione: è stato in McKinsey e successivamente amministratore delegato di tin.it e dei laboratori di ricerca del Gruppo Telecom. È in molti comitati scientifici e in commissioni di valutazione. È stato membro membro del Comitato di valutazione del CNR, direttore scientifico della scuola internazionale di design Domus Academy, presidente dell’Associazione Archivio Storico Olivetti e membro del Consiglio Nazionale del WWF. Ha co-fondato, con Flavia Trupia, PerLaRe, associazione per il rilancio della retorica e con Daniele Di Fausto, Marta Bertolaso, Elena Granata e Carlo Marini, Venture Thinking, Fondazione che si occupa di contribuire a ripensare e riprogettare i luoghi e gli spazi del lavoro non solo costruendo il nuovo ma soprattutto recuperano e rigenerando l’esistente. Ha inoltre curato la voce Tecnologie della comunicazione per la nuova enciclopedia Scienza e Tecnica della Treccani