Le prospettive per l’economia italiana nel 2024 ereditano dall’anno precedente una frenata del commercio internazionale e un aumento dei tassi di interesse senza precedenti nella storia dell’euro. Un prolungamento della restrizione monetaria e il ritorno in vigore delle regole europee di bilancio potrebbe delineare un quadro di politiche economiche restrittive. Una bassa crescita mette in discussione il profilo discendente del rapporto debito/PIL. Il recupero della domanda estera dell’Italia è ostacolato dalle tensioni geopolitiche, soprattutto in Medio Oriente e dalla recessione dell’economia tedesca. Le imprese reagiscono tutelando il capitale umano: in dodici mesi gli occupati salgono di oltre mezzo milione di unità, con una maggiore accentuazione nel Mezzogiorno.

Difficoltà nel commercio internazionale: tensioni geopolitiche e rischi per la domanda estera

Nel corso dell’autunno si sono dimezzate le previsioni di crescita per il 2024, passando dal +1,2% della Nota di aggiornamento al DEF di fine settembre al +0,6% di Banca d’Italia di metà dicembre.

Il 2023 si è delineato come un annus horribilis per il commercio internazionale: nei primi undici mesi il volume degli scambi internazionali è sceso del 2,1% su base annua, un ampio segno negativo che da inizio secolo si è registrato solo nel 2020 con la pandemia e nel 2009 con la crisi innescata dai mutui subprime. Faticano le vendite del made in Italy: le esportazioni in volume ad ottobre ristagnano (-0,4%) e nei primi undici mesi del 2023 scendono del 4,6%; nei primi dieci mesi del 2023 la flessione del volume esportato arriva all’8,5% in Germania, il gigante europeo in recessione.

Secondo le previsioni, la domanda estera dell’Italia dovrebbe ritornare a salire (+2,3%) nel 2024, ma la ripresa potrebbe fallire per le accresciute tensioni geopolitiche, soprattutto in Medio Oriente. La crisi del Mar Rosso espone a rischi ben 148,1 miliardi di euro di import-export annuale che transita per il Canale di Suez proveniente dai paesi del Medio Oriente, dall’Asia, dall’Oceania e dai paesi del Sud-Est dell’Africa, di cui 93,1 miliardi di euro di importazioni e 55,0 miliardi di esportazioni. Ammontano già a 8,8 miliardi i danni per il commercio estero italiano accumulati tra novembre 2023 e gennaio 2024.

Calo nella produzione manifatturiera e cauta ripresa nelle costruzioni

La minore domanda estera si ripercuote sulla produzione manifatturiera, che nel trimestre settembre-novembre cala dello 0,8% rispetto ai tre mesi precedenti e nel complesso dei primi undici mesi dell’anno scende del 2,6%.

L’attività nelle costruzioni sale del 2,4% nella media del trimestre settembre-novembre 2023 nel confronto con il trimestre precedente, un dinamismo su cui potrebbe aver influito l’effetto temporaneo della corsa di fine anno per chiudere i cantieri del superbonus. Nella media dei primi undici mesi del 2023 la produzione scende dell’1,2%.

Pressione sui consumi e impatto sul commercio al dettaglio

Sul fronte dei consumi, nel terzo trimestre 2023 la spesa delle famiglie, a prezzi costanti, segna un incremento dello 0,7% sul trimestre precedente (dopo una variazione nulla nel secondo trimestre del 2023). Il ridotto potere d’acquisto si riflette sul commercio dei prodotti: a novembre 2023 il volume delle vendite al dettaglio segna un aumento congiunturale dello 0,2% e nei primi undici mesi dell’anno registra una flessione tendenziale del 3,8%.

 

A fine 2023 provengono segnali positivi dall’aumento della fiducia dei consumatori e delle imprese. L’aumento è più marcato per le imprese nei servizi di mercato, più contenuto nelle costruzioni e nel commercio al dettaglio, mentre cala l’indice di fiducia nella manifattura, su cui pesa il calo della domanda internazionale.

 

Nonostante la frenata dell’aumento dei prezzi – nel 2023 l’inflazione è stata del 5,7% e secondo le previsioni di Banca d’Italia contenute nell’ultimo Bollettino economico, nel 2024 si ridurrà all’1,9% – la BCE a gennaio ha mantenuto invariati i tassi, peraltro ritenendo che “si collochino su livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo” forniranno un contributo sostanziale al conseguimento dell’obiettivo di riportare l’inflazione al 2%. Il caro tassi sui prestiti alle imprese (+403 punti base a novembre 2023 rispetto a giugno 2022, mese precedente all’avvio della stretta monetaria) frena gli investimenti in macchinari (-1,9% nel terzo trimestre 2023). In controtendenza, si osserva una forte risalita (+18,2%) degli investimenti in mezzi di trasporto, una dinamica che favorisce una mobilità di merci e persone più sostenibile.

Il nodo dei costi energetici

A fine 2023 persistono elevati prezzi retail dell’energia. A dicembre il prezzo al consumo di elettricità e gas, pur scendendo del 42,0% rispetto un anno prima, rimane del 54,0% superiore alla media del 2021 Le previsioni di Banca d’Italia indicano per il 2024 un prezzo del gas di 47,4 euro/MWh, in risalita del 14,2% rispetto ai 41,5 euro/MWh del 2023, collocandosi su un livello più che doppio (+162%) rispetto alla media del triennio pre-pandemia (2017-2019).

Le imprese rimangono preoccupate della spinta delle materie prime e dei costi energetici – come evidenziato nella rilevazione sulle attese degli imprenditori per il 2024 dell’Ufficio Studi di Confartigianato Vicenza e particolarmente significativa dato che la provincia vicentina è la terza in Italia, dopo Milano e Torino, per valore delle esportazioni – mentre si mostrano resilienti sul fronte degli investimenti e dell’occupazione: gli imprenditori stanno reagendo ai segnali recessivi tutelando le risorse del capitale umano e fisico delle imprese.

Resilienza delle imprese e crescita dell’occupazione

Grazie a questo orientamento delle imprese, anche in una fase di congiuntura debole, si consolida la crescita dell’occupazione: a novembre 2023 si registra un aumento di 520 mila occupati (+2,2%) rispetto ad un anno prima, dinamica trainata dall’aumento di 551 mila dipendenti permanenti (+3,6%). Crescono anche le ore lavorate, che nei primi tre trimestri del 2023 segnano un aumento del 2,2% su base annua. Una analisi condotta con l’Ufficio Studi di Confartigianato Marche evidenzia che gli occupati nel Mezzogiorno (+2,8%) crescono ad un ritmo di 1,2 punti superiore a quello del Centro Nord (+1,6%): un differenziale di crescita così alto non si trovava dall’inizio del 2016. Tra le maggiori regioni per numero di occupati, si osservano aumenti più marcati e superiori alla media nazionale in Sicilia (+3,9%), Puglia (+3,7%), Veneto (+3,0%) e Campania (+2,5%); il segno negativo è poco diffuso, presente solo in Friuli-Venezia Giulia (-1,1%) e, seppure lieve, nella Provincia Autonoma di Trento (-0,1%).

Prospettive per il 2024

Sul 2024 grava l’ombra di un eccessivo prolungamento della stretta monetaria, sincronizzato con una politica fiscale che, con il ritorno di vigore delle regole europee di bilancio e in condizioni di bassa crescita, potrebbe tornare ad essere restrittiva. L’Italia e la Francia, che detengono il deficit più ampio tra le maggiori economie dell’Ue (4,4% del PIL nel 2024), sono più esposte ad una procedura di infrazione per deficit eccessivo, anche se il ciclo elettorale europeo, con le elezioni del giugno 2024, potrebbe stemperare le richieste della Commissione europea. Un aggiustamento per l’Italia potrebbe modificare il sentiero di discesa della pressione fiscale. Con il rallentamento della crescita dell’economia italiana, torna a salire il rapporto debito/PIL. L’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) attenua gli eventuali effetti recessivi della politica di bilancio.

© 2024 Spirito Artigiano. Tutti i diritti riservati.
© Foto di 652234 da Pixabay