In una lucidissima analisi pubblicata sul Corriere della Sera a pochi giorni dal voto del 25 settembre scorso, Ernesto Galli della Loggia sollevava il problema del grande assente fra i temi della campagna elettorale. La scuola. «Anche in questa campagna elettorale – scriveva Galli della Loggia sul Corriere – per l’ennesima volta sull’istruzione è calato il silenzio. Nessun partito ne ha fatto un tema centrale della sua piattaforma politica. Il fatto è che della scuola e dell’istruzione, in realtà, la politica non sa né si cura di sapere nulla. Ubriacata dal mare di demagogia che negli ultimi trent’anni essa stessa ha prodotto al riguardo e che la burocrazia ministeriale si è incaricata di moltiplicare per mille, ignora la realtà critica delle cose». Parole che pesano come macigni su una politica annacquata che pensa più al prossimo appuntamento elettorale rispetto al futuro del Paese. Ma tant’è.
Noi di Spirito Artigiano, abbiamo cercato di rintracciare, fra i diversi programmi presentati dai partiti, alcune proposte legate all’istruzione che in qualche misura potessero attagliarsi da un lato a un sistema formativo che ha molto bisogno di essere ripensato e, dall’altro, alle esigenze crescenti del mondo del lavoro. Tenendo le piccole imprese come bussola. Ebbene, anche sul versante della formazione, sono evidenti le differenze che permeano le diverse forze politiche e anche le priorità con cui gli aspetti legati alla scuola e all’istruzione vengono inseriti. Partiamo dal punto di vista che, in assoluto, è il più lontano dal mondo delle imprese, quello del Movimento 5 Stelle. Al di là dei passaggi legati alle ‘comunità educanti’ e al capitolo che concerne l’edilizia scolastica (nel quale, in breve, si esprime l’auspicio intrapreso durante il governo Conte II), i grillini vorrebbero “il potenziamento del tempo pieno (5 giorni la settimana) su tutto il territorio nazionale, con un investimento che ampli l’offerta pomeridiana e di mense, affiancando ciò ad un adeguato programma di educazione ad una corretta alimentazione”. Incrementando “la presenza di laboratori che utilizzino materiale didattico innovativo, frutto delle esperienze pedagogiche più avanzate”. Operazione, quest’ultima, funzionale a una programmazione didattica che tenga presente “anche i temi della transizione ecologica, già avviata dal M5S con il piano Rigenerazione Scuola, ma anche della transizione digitale favorendo lo sviluppo di una consapevolezza che consenta di orientare tali transizioni all’umanità e al suo sviluppo. Sicuramente deve essere garantita agli studenti la possibilità di acquisire le competenze digitali e informatiche avanzate”.
Il Partito Democratico ha una lettura più concentrata sul diritto allo studio e sul versante salariale per quello che riguarda i docenti. Ed è per questo che l’intendimento dei dem, si legge nel programma, sarebbe quello di “rimettere al centro la scuola e restituire al mestiere dell’insegnante la dignità e centralità che merita, garantendo una formazione adeguata e continua e allineando, entro i prossimi cinque anni, gli stipendi alla media europea”. Venendo alle proposte, il Pd ha avanzato quella dell’istituzione di “un Fondo nazionale per i viaggi-studio, le gite scolastiche, il tempo libero nel doposcuola e l’acquisto di attrezzature sportive e strumenti musicali”. Scorrendo il programma si arriva a un’altra idea: “Proponiamo l’estensione del tempo pieno – così il programma del centrosinistra -, con particolare attenzione al Sud, e la progressiva costruzione di una scuola presidio di comunità nelle periferie e nelle aree interne”.
La proposta del Terzo Polo (Azione e Italia Viva) si concentra maggiormente sul versante della formazione professionale. Un po’ come accade nei programmi del centrodestra, che vedremo tra un attimo. Ma torniamo ai centristi. Le proposte, nell’ambito della formazione professionale, sono diverse: “ridisegnare la formazione professionale secondaria su modello degli Its – si legge nel documento programmatico – garantendo che gli studenti acquisiscano le competenze effettivamente richieste dal mercato del lavoro”. Distinguere due categorie di docenti, prosegue il testo dei centristi, “a coloro che provengono dai canali ordinari di reclutamento, si affiancano professionisti-docenti che posseggono competenze tecnico-operative e rappresentano il collegamento concreto con il mondo del lavoro”. La terza proposta avanzata era quella di “rafforzare nel primo biennio le materie di carattere generale e trasversale, con l’obiettivo di garantire la necessaria flessibilità nella formazione degli studenti”.
Ora, arriviamo ai partiti che compongono la coalizione vincente. Con particolare attenzione, ci siamo concentrati su due proposte, sempre legate alla formazione professionale. Nella brochure di Fratelli d’Italia, si legge a chiare lettere che l’obiettivo è quello della “valorizzazione degli Istituti tecnici e riforma dei percorsi trasversali per le competenze e l’orientamento (Pcto). Ripristinare gli indirizzi di studio abilitanti al lavoro”. Ma, soprattutto, “Istituzione del liceo del Made in Italy”. Un liceo in Italia, che valorizzi il nostro patrimonio inteso nell’accezione più ampia del termine. Ma non è tutto. L’obiettivo che si pone FdI attraverso le sue proposte è quello di “colmare il divario tra domanda di lavoro e offerta scolastica, favorendo la formazione di tecnici specializzati”. L’altra proposta che coglie un’esigenza reale denunciata a più riprese dal nostro sistema produttivo è quella della Lega. “È fondamentale – si legge nel documento – che l’istruzione professionale statale e la formazione professionale degli enti accreditati siano maggiormente legate al mondo dell’impresa e della produzione: il rischio è che la mano d’opera (poco) specializzata venga soppiantata da quella non specializzata, ma più a basso costo”. Serve infatti “riallineare l’offerta formativa della filiera tecnica e professionale alla domanda proveniente dai distretti economico-produttivi – prosegue il programma del Carroccio – alle competenze connesse alla trasformazione dei settori produttivi in linea con il Piano Nazionale Industria 4.0, all’innovazione digitale, alle trasformazioni nei settori economico-finanziari e nei settori strategici per la competitività internazionale dell’Italia e alla transizione ecologica”. In definitiva, l’idea di base è quella di “valorizzare gli istituti tecnici superiori, favorendone il naturale sviluppo come continuazione e perfezionamento di quelli professionali e tecnici”. Con l’elencazione di tutti questi, che a una prima lettura paiono esclusivamente buoni propostiti, non vogliamo annoiarvi. Il nostro è stato un tentativo per dimostrare che, come giustamente sottolineava Galli della Loggia, i temi legati a formazione e scuola nel dibattito elettorale sono stati evitati e ben poco discussi. Però, scavando un po’ a fondo, qualche proposta – anche di buonsenso – la si trova.
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Federico Di Bisceglie
Dopo gli studi classici approda alla redazione de il Resto del Carlino di Ferrara, appena diciottenne. Nel giornale locale, inizialmente, si occupa di quasi tutti i settori eccetto lo sport, salvo poi specializzarsi nella politica e nell’economia. Nel frattempo, collabora con altre realtà giornalistiche anche di portata nazionale: l’Avanti, l’Intraprendente e L’Opinione. Dal 2018 collabora con la rivista di politica, geopolitica ed economica, formiche.net. Collaborazione che tutt’ora porta avanti. Collabora con la Confartigianato Ferrara in qualità di responsabile della comunicazione.