L’apparizione in Europa di nuovi partiti conservatori di massa sono la riserva di forza strategica del complesso di forze europee che si sono opposte a una globalizzazione che ha iniziato a trovare i suoi ostacoli verso la crescente centralizzazione capitalistica che la sosteneva: prima attraverso la paura della contaminazione con il COVID, ora con l’interruzione delle catene logistiche dell’offerta di beni strategici, in primis le materie prime e lavorate fossili per la produzione di energia. Questa opposizione non promana, infatti, dal nucleo dei sostenitori dell’economia sociale di mercato – e non si parla qui di quella che proviene dai lavoratori dipendenti dell’industria, dei loro sindacati e dalle classi medie radicalizzate colte. Esso promana da un coacervo di settori degli Stati, di impiegati pubblici e di Lumpenproletariat, di classe media di «vecchio tipo», spaventata dal cambiamento e dalle convulsioni oggi in corso.
Questo coacervo di forze, per decenni, è stato lasciato ai margini del gioco politico democratico, in continuità del patto stipulato, di fatto, tra democratici cristiani e socialisti in Europa, che assicurava la crescita in una economia continentale che era uno Zolverrein: aperto con gradualità estenuante al suo interno e chiuso a riccio verso l’esterno, verso il mondo dell’economia globale interdipendente
Queste forze che si oppongono a questo mondo ora entrano in gioco, con il loro grande incremento elettorale.
A fianco di queste forze, tuttavia, se non si riparerà all’entropia crescente che promana da una UE che appare non in grado di predisporre rimedi operativi immediati alla crisi energetica e sociale, si potranno affiancare in forma più diretta di un tempo le forze organiche della classe imprenditoriale e delle coorti dei lavoratori che ad essa fa rifermento: a cominciare dalle imprese piccole e medie e artigiane in primo luogo.
Siamo chiamati direttamente in causa.
Il ruolo dei corpi intermedi, in questo caso delle organizzazioni sindacali di rappresentanza di codeste imprese – come Noi di Confartigianato – diviene essenziale.
In forma diversa da un tempo. Non si tratta solo più di configurare, nella divisione dei poteri delle società democratiche, la rappresentanza degli interessi negoziando provvedimenti legislativi, politiche di medio e lungo corso, provvidenze e provvedimenti, quelli stessi che si sono conquistati in un lavoro ormai quasi secolare.
È anche su un altro “terreno” che si delineerà il dilemma della rappresentanza degli interessi della piccola e della media borghesia europea e non solo italiana.
La «nuova piccola e media borghesia industriale europea» riproduce il dilemma della grande borghesia rispetto alla politica e all’economia: agire in prima persona nell’agone politico, come essa ha storicamente fatto assai spesso a livello del governo locale, anche a livello nazionale, oppure limitarsi alla rappresentanza collettiva nelle istituzioni della mediazione degli interessi economici?
Nessuna nuova classe egemone si staglia all’orizzonte. Le piccole e medie imprese sono così destinate a dover avere in forma diretta i propri “intellettuali organici” che non solo ne difendano gli interessi, ma ne elaborino un profilo culturale in grado di comprendere in forme non impressionistiche la realtà. Realtà che non solo muta come sempre, ma che è destinata a mutare in forma sempre più rapida
È probabile che l’atomizzazione morale e sociale della nuova piccola e media borghesia del nuovo capitalismo post-globalizzato, già così prepotentemente presente in Europa e negli USA, si diffonda sempre più a macchia d’olio e a codesta atomizzazione morale occorre opporsi. E, se è pur vero che ancora non si vede la luce della stella, che trapassa e rischiara il buio della notte, la speranza deve essere quella della paziente tessitura dell’intelligenza e della responsabilità consapevole. Governare la disgregazione sociale e del potere: ecco il ruolo storico della nuova relazione tra politica ed economia di cui non conosciamo ancora il vero volto ma a cui i corpi intermedi sono di già chiamati. Un volto che sicuramente non potrà essere quello del passato. I corpi intermedi non potranno sottrarsi a compiti sempre più simili a quelli tipici che svolgono coloro che si occupano della res pubblica.
A questo occorre prepararsi: solo cambiano il profilo culturale dei corpi intermedi essi si possono salvare dall’irrilevanza culturale e quindi istituzionale.
Giulio Sapelli
Giulio Sapelli, già Professore ordinario all’Università degli Studi di Milano ed editorialista, unisce economia, storia, filosofia, sociologia e cultura umanista in una sintesi originale e profonda. Ha insegnato in Europa e nelle Università delle due Americhe, in Australia e Nuova Zelanda. I suoi lavori sono stati tradotti in tutto il mondo.
E’ Presidente della Fondazione Germozzi ed è impegnato a valorizzare il concetto di Valore artigiano, che è forza di popolo, di persone e di imprese legate da uno spirito unico, il quale esprime la vocazione originaria incline alla creatività e all’amore per la bellezza.