Per la maggioranza dei giovani veneti inoccupati della generazione Z, il lavoro di successo è fare l’imprenditore e viaggiare. Questi ragazzi considerano il lavoro come un importante elemento di crescita personale oltre che ovviamente una fonte di reddito, ma si sentono inadeguati e temono di non essere apprezzati a sufficienza a causa dello scarso bagaglio di esperienze lavorative e della formazione ricevuta troppo teorica. Fragilità che emergono pure quando i giovani under 30 si trovano a descrivere i tratti salienti del ‘capo’: lo vedono come una persona certamente di successo, ma anche autoritaria e solo interessata al guadagno. I giovani veneti inoccupati sognano di fare l’imprenditore, ma inseguono la stabilità economica e il posto fisso e solo l’8% di essi è disposto ad accettare una forma di remunerazione legata esclusivamente ai risultati, mentre il 56% vorrebbe avere uno stipendio tradizionale, possibilmente con delle forme di welfare aziendale per il futuro e per farsi una famiglia.
Quello che emerge dall’immagine “I giovani e il lavoro che cambia” realizzata da IPSOS per Unioncamere del Veneto, è un immaginario forgiato dalla voglia di fare e mettersi in proprio tipico della tradizione di questa regione, alimentato dall’esempio di nonni e padri, ma anche dall’immagine che i giovani di oggi hanno degli imprenditori e del lavoro.
Il dato è di particolare interesse in un contesto in cui il Veneto ha registrato una severa crisi del lavoro indipendente conseguente alla pandemia da Covid-19, registrando nel 2022 un calo dell’occupati autonomi del 6,9% rispetto al 2019, di oltre un punto più accentuato della media nazionale; anche a seguito di tale tendenza, il totale dell’occupazione in Veneto ancora al di sotto dei livelli pre-pandemia (dati 21° report Confartigianato ‘Imprese in trincea nella guerra dell’energia’ del 19 settembre 2022).
La ricerca, realizzata su un campione di 500 giovani della Regione non occupati di età compresa tra i 16 e i 30 anni, ha indagato il loro rapporto con il lavoro e il mondo dell’impresa, per cogliere e analizzare il mismatch che si registra tra domanda e offerta di occupazione e per leggere i fenomeni di abbandono del lavoro da parte di molte giovani nel corso dell’ultimo periodo.
I risultati dell’indagine sono stati presentati nel corso del convegno organizzato da Unioncamere del Veneto dal titolo “I giovani e la trasformazione delle competenze professionali e dei modelli di lavoro” a cui ha partecipato la direttrice di Confartigianato Veneto Tiziana Pettenuzzo.
La TOP five delle professioni di successo per la Generazione Z veneta vede al primo posto fare l’imprenditore (45%), seguito da avere un lavoro che ti fa girare per il mondo (33%), essere un manager (29%), essere uno scienziato (fisico, biologo, chimico, matematico ecc, 28%), occuparsi di nuove tecnologie digitali (28%). Il 34% dei giovani ritiene che ci siano titolari d’impresa responsabili, attenti alle persone e alla società, ma il 53% li giudica interessati solo al profitto e capi autoritari.
Chi pensa che i giovani di oggi non abbiano voglia di lavorare rischia di avere una posizione viziata da pregiudizi. Nella scala dei valori, per il 95% dei ragazzi e delle ragazze il lavoro è molto importante e si colloca al terzo posto subito dopo amicizia (97%) e divertimento (96%) e viene prima della famiglia, dell’amore e anche dell’istruzione.
Per la generazione Z avere un posto di lavoro vuol dire impegnarsi per raggiungere degli obiettivi (37%) e diventare adulto per realizzare i propri progetti (31%). Il senso del lavoro per la generazione Z è stabilità e progettualità. Il lavoro è, ovviamente, una fonte di reddito (97%) e un modo per affermare la propria indipendenza (96%), ma anche un’opportunità di crescita personale (94%). Nel lavoro i giovani vogliono sentirsi realizzarti come persone (90%) e ambiscono a occupazioni che siano un percorso, dei trampolini che gli consentano di guardare avanti, di costruirsi una posizione sociale (89%).
4 sono gli aspetti più importanti di un lavoro per gli under 30 anni veneti: il trattamento economico (41%), la stabilità (33%), la possibilità di fare carriera (32%) e l’autonomia (30%).
Seguono per importanza anche altri aspetti come la disponibilità di tempo libero, orari flessibili, la coerenza con gli interessi personali (es. hobby, cause sociali…) e con il percorso di studi, la possibilità di formazione, di apprendimento e di crescita personale e i buoni rapporti con i colleghi e con i superiori.
L’interesse a viaggiare e la disponibilità a spostarsi coinvolge poco più della metà dei giovani (58% in un altro Paese europeo e il 68% in un’altra regione del Nord), mentre la preferenza va per un posto nella città o nella provincia dove si vive.
Ma di fronte al lavoro i giovani si sentono fragili, avvertono di avere una cassetta degli attrezzi non particolarmente sviluppata, sentono la carenza di esperienze lavorative, di avere avuto una formazione troppo teorica, di avere poche opportunità di incontro con il mondo delle imprese, di avere a disposizione circoscritti servizi di orientamento al lavoro e di essere in possesso di una formazione non aggiornata alla realtà del mondo lavorativo. La maggioranza dei giovani (58%) è disposta ad accettare transitoriamente qualsiasi lavoro, ma vuole continuare a cercare il lavoro dei sogni.
Il 33% sogna di un lavoro autonomo, da imprenditore (20%) o il libero professionista (10%), mentre il 67% aspira a essere un lavoratore dipendente (il 28% vorrebbe lavorare in una grande impresa e il 16% in una multinazionale)
I temi della ricerca di stabilità e della sicurezza economica per una progettualità futura si incontrano anche nelle attese rispetto allo stipendio. Il 56% della generazione Z veneta vorrebbe avere uno stipendio fisso, possibilmente con delle forme di welfare aziendale per il futuro e per farsi una famiglia. Il 36% è disponibile a una remunerazione con una base fissa e una componente variabile legata ai risultati raggiunti. Solo l’8% è disposto ad accettare una forma di remunerazione legata esclusivamente ai risultati.
I timori che hanno le ragazze e i ragazzi nell’entrare in un luogo di lavoro sono molteplici: dal non essere apprezzato all’essere sfruttato (entrambi al 36%); dal non trovarsi bene con i colleghi (29%) al non avere più tempo per se stessi (26%); dalla paura di diventare un numero (23%), all’avere un capo autoritario (21%); dal non avere tutele all’avere qualcuno che li comanda, magari con minori competenze (entrambi al 20%).
Ma quali sono i driver per attirare e trattenere i giovani?
Offrire la possibilità di fare esperienza (45%), remunerare in modo adeguato il lavoro (43%), consentire alle persone di esprimere liberamente il proprio potenziale (28%), insegnare un mestiere (28%); apprezzare le persone per il lavoro che fanno (27%), creare un ambiente ben strutturato e organizzato, con procedure e regole chiare (26%), far sentire le persone parte di un gruppo (25%), essere un capo che ascolta e riconosce i meriti dei dipendenti (20%).
Stabilità e adeguata remunerazione, benessere organizzativo e flessibilità, cittadinanza organizzativa e accompagnamento delle fasi di vita, merito e dialogo sembrano essere le diverse componenti con cui le imprese devono fare i conti per attirare i giovani. Così come nuovi percorsi formativi e preparazione al mondo del lavoro, ma anche un nuovo modo di rappresentare l’impresa sembrano essere le diverse sfide in campo per preparare maggiormente i ragazzi al salto di vita.
Foto di Andrea Piacquadio da Pexels
La redazione
Operatori della comunicazione, appassionati di artigianato, mettono a fattor comune le sensibilità individuali in un lavoro di gruppo al servizio della migliore divulgazione dello ‘Spirito Artigiano'