Per avviare una ricerca sulle istituzioni paritetiche che operano in un certo settore di relazioni industriali bisogna porsi alcune domande. Tra quelle più importanti ci sono certamente le seguenti [1]: perché in un sistema di relazioni industriali, in una data fase storica, si decide di costituire istituzioni paritetiche? Come si fa a capire se quelle relazioni industriali, così costruite nel tempo, con quegli attori, con quelle procedure e, dunque, per ciò che a noi qui interessa, con quelle specifiche istituzioni paritetiche, siano funzionali o meno al progresso di un certo settore produttivo? Quando quelle istituzioni paritetiche diventano obsolete e, dunque, non più funzionali? Qui si muove dall’assunto che le istituzioni paritetiche siano uno strumento assai efficace per interpretare la realtà delle relazioni industriali in cui esse vengono incardinate dalla contrattazione collettiva. È un criterio che si considera tale perché esso permette di vedere la realtà delle relazioni industriali settoriali per quella che è, senza infingimenti. È un criterio adatto a capire il livello di maturità della contrattazione collettiva settoriale, essendo esso centrato sulla funzionalità delle istituzioni paritetiche che quella contrattazione ha inteso creare. Il che significa porre le relazioni industriali all’interno di un sistema di coordinate: da una parte, sull’ascissa (x), c’è il CCNL che si evolve, chiedendo alle istituzioni paritetiche di svolgere alcune funzioni delegate; dall’altra, sull’ordinata (y), c’è la funzionalità delle istituzioni paritetiche, cioè l’esercizio effettivo delle funzioni assegnate dalla contrattazione per la realizzazione di un certo fine. I punti in cui si incontrano x e y determinano l’incrocio tra funzioni assegnate dalla contrattazione e funzioni esercitate dalle istituzioni paritetiche. Nel quadrante positivo o negativo si sviluppa la linea di incrocio x/y. La modulazione della linea che deriva dai punti di incrocio tra x e y permette di osservare il rapporto tra funzioni assegnate e funzioni esercitate. Ed è mediante questo schema teorico delle funzioni assegnate/esercitate che si è deciso di dipanare l’analisi delle sezioni del CCNL che sono attinenti alle istituzioni paritetiche. Esse, da una parte, assorbono lo scenario storico-economico che ha plasmato la contrattazione di riferimento in quel momento, e, dall’altra, hanno la funzione di veicolare alcune prime risposte ai problemi che quello scenario porta con sé. Esemplificando il discorso, si può affermare che di fronte a una crisi economica, l’istituzione paritetica dispone una serie di misure di sostegno al reddito, più o meno formalizzate anche in norme di legge; se, invece, vi fosse una sfida di rinnovamento o di rilancio economico, l’istituzione paritetica disporrebbe una serie di misure che facilitano la formazione continua, l’avanzamento e la mobilità endo-aziendale.

Ma tutto ciò non sarebbe in ogni caso sufficiente per spiegare la portata in un contratto collettivo settoriale della bilateralità e delle relative istituzioni, che qui definiamo anche “istituzioni paritetiche”. Le istituzioni paritetiche sono enti che, secondo il diritto civile, possono avere una certa soggettività giuridica e una certa organizzazione, e, contestualmente, per il diritto del lavoro, hanno una funzione assegnata dalla norma del contratto collettivo e, in alcuni casi, dal contratto collettivo per rinvio espresso della norma di legge. Con altre parole, ciò significa che, se il diritto civile è il quadro in cui si costruisce lo schema giuridico che è sottostante all’istituzione paritetica, il diritto del lavoro realizza la costruzione dell’insieme delle funzioni dell’istituzione paritetica, nell’ambito della norma di contratto e/o di legge da cui quelle funzioni possono derivare. L’istituzione paritetica è (o, almeno, dovrebbe essere) di per sé sempre funzionale alla realizzazione di un interesse che la norma di contratto collettivo e/o di legge ha individuato. Ci sono alcune istituzioni paritetiche le cui funzioni sono definite dalla legge e poi assegnate, per la realizzazione concreta, alla contrattazione collettiva (c.d. istituzioni paritetiche tipizzate – fondi pensione, fondi sanitari integrativi, fondi di solidarietà bilaterali, fondi interprofessionali per la formazione continua) e altre istituzioni le cui funzioni sono fissate direttamente dalla norma contrattuale, in ragione della situazione specifica o del problema da risolvere (c.d. istituzioni non tipizzate – enti bilaterali, casse edili, ecc.) [2]. In questa distinzione tra istituzioni tipizzate e istituzioni non tipizzate si capisce un punto ulteriore della connessione di tali istituzioni con le relazioni industriali: le istituzioni paritetiche sono parte del contratto collettivo, ci sia o non ci sia a monte la norma di legge che delega la contrattazione, perché, una volta definiti lo schema giuridico e la funzione da realizzare, si esternalizzano una serie indefinita di micro-conflitti sindacali che bloccherebbero altrimenti le normali relazioni tra le due parti. La sede di confronto/scontro e di negoziato diventa il comitato gestionale o il consiglio di amministrazione di quell’istituzione paritetica, lasciando spazio a materie più generali per il negoziato del CCNL. Esternalizzare i micro-conflitti significa, per esempio, gestire il problema delle qualità/quantità delle prestazioni bilaterali, del costo di funzionamento e della relativa ripartizione degli oneri e dei proventi. In questa prospettiva, si può ritenere che, nei CCNL, sono disciplinate istituzioni paritetiche non tipizzate nella specie, osservatorio paritetico nazionale sull’industria/settore, osservatori paritetici territoriali, comitato consultivo di partecipazione, commissione nazionale salute e sicurezza, commissione nazionale politiche attive, commissioni nazionale/aziendale formazione professionale, commissioni nazionale/territoriali/aziendale pari opportunità, commissione nazionale per l’inte­gra­zione dei lavoratori migranti, commissione nazionale inquadramento professionale, etc. Le istituzioni paritetiche tipizzate sono, invece, disciplinate in sezioni che attengono alla formazione professionale, alla previdenza complementare e all’assistenza sanitaria integrativa. Con riferimento a alcuni casi di studio (bilateralità relativa a formazione/classificazione, sicurezza, previdenza/assistenza privata per pensioni e sanità), si svolgerà una disamina della connessione tra istituzioni paritetiche, nuovi bisogni sociali e relazioni industriali. Si osserverà, da una parte, il profilo istituzionale e, dall’altra, il profilo dei bisogni sociali che dette istituzioni cercano di intercettare, anche per il futuro e in relazione ai grandi cambiamenti socio-economici che stiamo attraversando. Ci sarà un riferimento alla necessaria riferibilità delle istituzioni paritetiche alle forme più avanzate di digitalizzazione, intelligenza artificiale e gestione informatica dei dati.

 

L’artigianato italiano si caratterizza per un sistema di bilateralità che affonda le sue radici negli anni ’80 del secolo scorso, grazie a una visione partecipativa delle relazioni sindacali tra le parti sociali. Tale bilateralità si è sviluppata nel tempo come una complessa intelaiatura definita dal sistema contrattuale, sia nazionale che decentrato, con l’obiettivo di far confluire iniziative e azioni a favore dei rappresentati di organizzazioni imprenditoriali e sindacali. La bilateralità artigiana si articola in diverse strutture, gestite pariteticamente, che gli attori sociali utilizzano per gestire il conflitto sociale e determinare mezzi e modalità partecipative.

 

A livello nazionale si possono identificare EBNA, FSBA, SANARTI e FONDARTIGIANATO come enti gestionali. A livello regionale, gli enti bilaterali territoriali si articolano in una serie di istituzioni che erogano forme varie di welfare contrattuale. In questa prospettiva, il Bilancio Sociale 2023 offre una panoramica concreta delle attività svolte dalla bilateralità artigiana. Nel 2023, il sistema della bilateralità ha erogato complessivamente 169.333 prestazioni, di cui 37.150 destinate ai datori di lavoro e 132.183 ai lavoratori, raggiungendo 21.600 imprese e 92.596 lavoratori. Per quanto riguarda le prestazioni ai datori di lavoro vengono sottolineate la formazione continua (oltre il 25%), le spese legali/amministrative (circa il 16%) e le misure per mitigare il caro vita (12,2%). L’analisi settoriale evidenzia come la meccanica sia il settore che maggiormente beneficia della bilateralità artigiana in termini di prestazioni e risorse. Le prestazioni erogate ai lavoratori vedono al primo posto il sostegno al reddito erogato da FSBA (31,2%), seguito dagli interventi per l’istruzione dei figli (18,7%) e dalle misure per contrastare il caro vita (11,1%). L’analisi disaggregata per caratteristiche dei lavoratori (genere, età, inquadramento, tipo di contratto) mostra differenze nell’accesso alle prestazioni, evidenziando la capacità del sistema di adattarsi a esigenze specifiche. Tale bilancio sociale ha tentato di misurare l’impatto della bilateralità sul benessere dei lavoratori attraverso l’indicatore BES, associando le diverse categorie di prestazioni ai domini del benessere economico, soggettivo e sociale.

La bilateralità artigiana rappresenta uno strumento fondamentale per il sostegno dei datori di lavoro e dei lavoratori del settore, offrendo una gamma di prestazioni che rispondono a esigenze diversificate.

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[1] È il metodo impostato da H.C. Katz, T.A. Kochan., A.J. Colvin, Labor relations in a globalizing world, Cornell University Press, New York, 2015.
[2] La distinzione è stata elaborata nei miei studi sulla bilateralità italiana e europea in ragione di una ricerca condotta con il Ministero del lavoro e la Fondazione G. Brodolini negli anni 2010-2015. Rinvio in particolare a M. Faioli, Gli enti bilaterali tra obbligo e libertà nel sistema normativo italiano, in Working Papers Fondazione G. Brodolini, vol. 13, 2017 e P. Sandulli, A. Pandolfo, M. Faioli, P. Bozzao, G. Croce, M.T. Bianchi, Indagine sulla Bilateralità in Italia e in Francia, Germania, Spagna, Svezia, in Quaderni della Fondazione Giacomo Brodolini, 2015. Si v. anche M. Faioli, Indagine sulla contrattazione collettiva dell’edilizia e sulle relative istituzioni paritetiche, 2021, Giappichelli, Torino, 2021; M. Faioli, F. Vola (a cura di), Studi sulla sanità integrativa e sulla bilateralità, Mefop, Roma, 2018; M. Faioli, P. Sandulli, A. Pandolfo, Bilateralità, lavoro e turismo, Giappichelli, Torino, 2011; M. Faioli (a cura di), Indagine sulla bilateralità del terziario, Giappichelli, Torino, 2010.