
La crisi demografica, dominata dalla crescita della popolazione anziana, alza la pressione sulla domanda di servizi assistenziali e sanitari e sulle prestazioni pensionistiche. La quota di popolazione anziana, con 65 anni ed oltre, passerà dall’attuale 24,7% al 32,4% nel 2040. Il tetto alla crescita della spesa primaria netta dell’1,5% all’anno negoziato dell’Italia con la Commissione europea per rispettare le nuove regole del Patto di stabilità e crescita comprime gli spazi fiscali per adattare la spesa per welfare all’evoluzione dei fabbisogni della popolazione. La tumultuosa domanda della componente più anziana della società tenderà a spiazzare le risorse per i giovani e, più in generale, per la popolazione in età lavorativa. Le rilevazioni dell’Ufficio Studi di Confartigianato evidenziano che è già presente un forte squilibrio nella distribuzione delle risorse: nel bilancio pubblico per 1 euro di spesa per welfare per famiglie e giovani si registra una spesa 12 euro per sanità e pensioni per la popolazione anziana.
Per garantire anche per i giovani e lavoratori adeguati standard dei servizi sanitari e sociali diventa strategica la componente di welfare messa a disposizione dalle aziende. Non solo: il welfare aziendale rappresenta un fattore di attrattività del lavoro che può coadiuvare il contrasto alla carenza di manodopera, soprattutto di quella qualificata richiesta dalle imprese artigiane. Inoltre, le spese per la conciliazione sono essenziali per l’aumento dell’offerta di lavoro femminile, un driver per l’aumento del tasso di occupazione che può compensare la riduzione della popolazione in età lavorativa. sono Una componente chiave del portafoglio del welfare aziendale delle micro e piccole imprese e dell’artigianato è rappresentata dalle prestazioni degli enti bilaterali.
L’analisi di alcune evidenze evidenziano i fattori critici della spesa sociale in Italia e le potenzialità del welfare aziendale e degli interventi della bilateralità.
La sostenibilità della spesa per welfare, nella prospettiva di riduzione della popolazione in età lavorativa dovrà essere garantita da un significativo aumento del tasso di occupazione, da una maggiore partecipazione delle donne e da un aumento della produttività. Secondo l’ultimo aggiornamento del Mef-RGS sulle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario il tasso di occupazione dovrà crescere di 6,6 punti tra il 60,1% del 2022 al 66,7% del 2040, con incremento previsto della produttività del +0,9% all’anno, rafforzando la tendenza di debole aumento dell’ultimo decennio (+0,1% all’anno tra 2014 e 2024). Nel 2040 la spesa per pensioni sale al 17,1% del PIL (+2,2 punti rispetto al 14,9% del 2022) mentre quella sanitaria ristagna al 6,7% del PIL (a fronte del 6,6% del 2022). Va osservato che nel ventennio in esame il peso degli anziani (65 anni ed oltre) sulla popolazione in età attiva (15-64 anni) sale di quasi venti punti, passando dal 37,5% al 57,1%.
Una elevata e crescente spesa pubblica per il welfare si associa ad una bassa efficacia. La popolazione in povertà nel 2023 è di 5,7 milioni, ed è aumentata di 1,5 milioni rispetto ai 4,2 milioni del 2014. Le liste d’attesa nella sanità si sono allungate, determinando la rinuncia alle prestazioni sanitarie o la richiesta di esami e cure private. Nel 2023 il 7,6% dei cittadini rinuncia visite specialistiche o accertamenti diagnostici per problemi economici o legati a caratteristiche dell’offerta – come le lunghe liste di attesa o la difficoltà nel raggiungere i luoghi di erogazione del servizio -, una quota in salita rispetto al 7% del 2022 e superiore di 1,6 punti al 6,3% del 2019, anno pre-pandemia. Nel 2025 la spesa sanitaria privata (out of pocket) è pari a 44,7 miliardi di euro, il 2,0% del PIL.
In un contesto di fragilità dell’offerta di servizi di welfare pubblico e di crescente assorbimento da parte della popolazione anziana, diventa essenziale lo sviluppo del portafoglio di welfare aziendale e degli interventi degli enti bilaterali. Inoltre, questo pacchetto di prestazioni rappresenta un fattore di attrattività del capitale umano che può coadiuvare il contrasto alla carenza di manodopera, soprattutto di quella qualificata. Nel 2024 le imprese italiane indicano una difficoltà di reperimento del personale nel 47,8% delle entrate previste, in aumento di 2,7 punti percentuali rispetto al 45,1% del 2023. La difficoltà di reperimento nelle micro e piccole imprese (MPI) sale al 51,3% (3,2 punti in più del 48,1% nel 2023), per arrivare al 59,2% nelle imprese artigiane, quota superiore di 11,4 punti percentuali alla media delle imprese del 47,8% e in aumento di 4 punti percentuali rispetto al 55,2% del 2023. Secondo una rilevazione di Eurobarometro della Commissione europea evidenzia che l’88,0% delle micro, piccole e medie imprese italiane ha adottato almeno una misura per reagire alla carenza di competenze ed in prevalenza il 35,5% ha migliorato le condizioni di lavoro (es. migliore retribuzione, maggiori benefit), quota superiore di 6,2 punti percentuali rispetto al 29,3 % della media Ue, e il 33,1% ha formato e/o riqualificato il personale in forza, quota di 5,3 punti superiore al 27,8% della media Ue. Nell’analisi proposta con Licia Redolfi si delinea che una piccole impresa su quattro (24,2%) reagisce allo skill shortage introducendo pacchetti di welfare aziendale per attrarre e/o trattenere personale.
L’analisi dei dati dell’edizione 2024 del Welfare Index PMI documenta la crescita dell’offerta di prestazioni del welfare aziendale, anche nelle piccole imprese. Nell’arco degli ultimi otto anni le imprese che hanno raggiunto un livello elevato (alto o molto alto) di welfare sono triplicate, passando dal 10,3% al 33,3%. In particolare, nel 2024 il 26,3% delle imprese artigiane si colloca su livello elevato (alto o molto alto) di welfare. L’attivazione dei servizi di welfare da parte delle imprese è più diffusa nelle aree della conciliazione vita-lavoro, salute e assistenza, previdenza e protezione, diritti, condizioni lavorative e sviluppo del capitale umano.
Per le micro e piccole imprese a valore artigiano diventano decisivi gli interventi della bilateralità previsti dai contratti di lavoro stipulati da Confartigianato. Una analisi dell’archivio del Cnel evidenzia che i contratti nazionali di lavoro siglati da Confartigianato e dalle altre confederazioni dell’artigianato interessano un quarto (25,8%) delle imprese italiane con dipendenti, con 1,8 milioni di dipendenti.
Le prestazioni degli Enti Bilaterali territoriali documentate nel Bilancio sociale di EBNA sono ad ampio spettro e riguardano ventisette tipologie, con un contributo medio di 836 euro per prestazione destinata ai lavoratori. Per un termine di riferimento, interventi di riduzione del cuneo fiscale e di detassazione previsti dalla manovra 2025, secondo le valutazioni dell’Ufficio parlamentare di bilancio, hanno assorbito risorse per 17,7 miliardi di euro con un vantaggio medio per beneficiario di 560 euro.
Last but not least, gli interventi della bilateralità favoriscono la parità di genere nel mercato del lavoro, essenziale per l’incremento dell’offerta di lavoro femminile. A fronte del 40,7% di dipendenti donne nelle micro e piccole imprese, gli Enti bilaterali erogano il 49,2% delle prestazioni alle donne, con un importo 848 euro per singola prestazione.
Nostre elaborazioni su dati Cnel, Ebna, Eurostat, Istat, Mef-RGS e Unioncamere-Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
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Enrico Quintavalle
Enrico Quintavalle è nato a Padova nel 1960, laureato in economia e commercio all’Università Cà Foscari di Venezia, è responsabile dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese e Direttore scientifico degli Osservatori in rete del sistema Confartigianato. Autore di numerosi articoli e rapporti su economia d’impresa, politica economica, finanza pubblica ed economia energetica. Con Giulio Sapelli ha scritto ‘Nulla è come prima’, Milano, 2019 Guerini e Associati. Dal 2009 cura una rubrica settimanale su QE-Quotidiano Energia.