«Rivolgo un saluto di grande cordialità al Presidente della Camera, alla Vicepresidente del Senato, ai Ministri, ai Parlamentari, ai Vice Ministri, ai Sottosegretari, a tutti i presenti. E soprattutto a voi, riuniti in questa grande assemblea. Anzitutto, Presidente, complimenti per questo logo dell’Assemblea: il messaggio che esce, in questo modo, è rassicurante. Anche perché tante trasformazioni hanno accompagnato, nei secoli, il divenire d’Italia. La sua struttura economica, la nascita delle città, sino ai fenomeni contemporanei degli addensamenti metropolitani e dell’industria manifatturiera di massa. Ma c’è una costante nella nostra storia. In tutti questi passaggi, un fenomeno non è mai venuto meno. Dai tempi delle corporazioni nel Medioevo sino a oggi: il fenomeno dell’artigianato. Potremmo ben dire che nel DNA delle abilità e dei saperi degli artigiani risiede tanta parte della storia d’Italia, di cui costituisce, tuttora, un motore di sviluppo. Di certo, nessuno può considerarlo una parte residuale dell’economia. Le imprese artigiane – lo sapete bene – costituiscono oltre il 20% del tessuto imprenditoriale del nostro Paese. Rappresentano il 15% degli occupati, oltre a costituire un fattore di identità, strettamente legato anche al made in Italy. La Repubblica ha saputo riconoscere questo valore, con un riferimento esplicito nella Costituzione.

Alla Costituente fu di Michele Gortani, del Gruppo democratico-cristiano, geologo, accademico dei Lincei, la proposta di menzionare nella nostra Carta fondamentale l’artigianato tra le attività produttive meritevoli di attenzione e di cura. Vi fu in quella sede un’obiezione, sollevata da un altro costituente, che affermava che, avendo il nuovo codice civile, approvato pochi anni prima, collocato gli artigiani nell’ambito delle piccole imprese, sarebbe stato sconveniente, a suo avviso, distinguere tra imprenditori, sottolineando e privilegiando l’artigianato rispetto al piccolo commercio o ad altri settori Ma i gruppi politici dell’Assemblea costituente, tutti, si pronunciarono a favore di quella proposta di Gortani, che venne approvata nella versione oggi presente – come tutti ben sappiamo – al secondo comma dell’articolo 45: “La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato”. Un privilegio da collocare nell’ambito complessivo del ragionamento che la Costituzione sviluppa agli art. 44 e 47, dove sono indicate la piccola e media proprietà terriera e la proprietà diretto-coltivatrice. Il favor costituzionale esprime il proposito di dare impulso al lavoro autonomo, alla crescita di una società plurale, in cui venisse favorito il rafforzamento delle basi d’impresa del Paese e delle basi democratiche del Paese. Non sfuggiva ai Costituenti che il lavoro dipendente avrebbe assunto un ruolo centrale nella ricostruzione, eppure ben compresero, anche in virtù delle tradizioni italiane, che le articolazioni del lavoro, le diverse modalità di responsabilità e di impegno da parte dei lavoratori, sarebbero risultate una ricchezza nazionale. I provvedimenti legislativi sull’artigianato, sino alla legge quadro – registriamo tutti, Presidente, la sua sollecitazione a questo riguardo -, costituirono strumenti applicativi di una visione che apprezzava il pluralismo delle forme di impresa, elemento positivo di un tessuto connettivo flessibile ed efficiente, che ha fatto crescere l’Italia nel dopoguerra.

Non si trattava, non si tratta, della difesa di sacche di impresa arretrate o marginali, bensì della presa d’atto dell’esistenza di un sistema di imprese. Sistema essenziale per la coesione sociale delle nostre città, dei nostri borghi, in grado di competere. Ne ha tratto beneficio anche la nozione, la concezione di pubblico, di servizio, di bene comune, inteso non più soltanto come pertinente allo Stato. L’idea che vi sia un “PIL sociale” – lo ha espresso il Presidente Granelli – rappresenta bene il valore etico-sociale che il settore esprime, accanto alla sua importanza economica. L’artigianato ha dimostrato, una volta di più, l’essenzialità della sua rete durante la recente pandemia, durante l’emergenza sanitaria. Il vostro impegno ha contribuito a impedire che l’Italia si fermasse, e la Repubblica ve ne è riconoscente. L’artigianato occupa un ruolo cruciale per le comunità. Le aiuta a funzionare meglio, difende i territori, offre prospettive di libertà, di autonomia, di creatività ai giovani. Essere artigiani non è un lavoro qualsiasi. Bene fa Confartigianato a essere impegnata – come abbiamo poc’anzi nuovamente ascoltato – sul terreno di favorire il “fare impresa”, di offrire percorsi formativi, di avviare anche iniziative come il progetto “Scuola e mestieri” in Etiopia. L’aumento degli artigiani fra gli immigrati è un segnale positivo. Aiuta ad arricchire e a tenere in vita competenze e mestieri che possono riattivare circuiti a rischio di interruzione. Sviluppa talenti, innova prodotti e mercati. Gli interlocutori sociali, i corpi intermedi, come la vostra Associazione, accanto a una attività di rappresentanza di interessi, esprimono una preziosa funzione di attore sociale.

Il dialogo che intrattenete con le istituzioni, con i territori, rappresenta humus fecondo per la democrazia dell’Italia, proponendo un canale di partecipazione più che mai necessario in un’epoca di smarrimento. L’artigianato, definito, come ben sappiamo, “antica gloria d’Italia” – vorrei aggiungere, sempre nuova – costituisce peraltro un elemento di autenticità – lo abbiamo poc’anzi ascoltato -, un antidoto all’omologazione sociale. Una leva anche per riscoprire la territorialità. Vi sono aree del Paese impoverite da una nuova ondata di spopolamento. Le piccole imprese e le botteghe sono presidi vitali, e in taluni casi possono diventare fattori di rigenerazione. Il made in Italy, la qualità italiana, riscuote apprezzamento nel mondo perché raccoglie le nostre diversità, esprime la nostra cultura, le nostre varie bellezze. L’artigianato è espressione della qualità del lavoro, dell’intelligenza – appunto -, della laboriosità della persona. Le difficoltà del presente occupano gran parte delle nostre attenzioni, e delle nostre preoccupazioni. Ve ne è stato un’eco anche nella relazione del Presidente Granelli, poc’anzi. Ve ne sono ragioni robuste, a partire dalle guerre che si sono riaffacciate nel nostro Continente e nel nostro Mediterraneo e dai loro effetti inevitabilmente drammatici. Vi sono sfide che riguardano le scelte concrete, e auspico che il confronto tra istituzioni e parti sociali, tra i vari livelli delle istituzioni e i corpi intermedi, sia sempre aperto e costruttivo. Così come il dialogo da parte vostra con le organizzazioni sindacali Il confronto tra imprese e organizzazioni dei lavoratori è essenziale per rendere fertile il terreno e per costruire un benessere più condiviso.

Le sfide presenti possono essere affrontate soltanto se, con lungimiranza, si pensa anche al domani. Lei ha fatto cenno, Presidente, poc’anzi, all’avvio del nuovo mandato delle istituzioni dell’Unione Europea. È un ambito decisivo. Ed è un ambito nel quale il tema delle piccole e medie imprese è presente. La sollecitazione della vostra Confederazione e delle consorelle francese e tedesca ha contribuito, ad esempio, all’approvazione del Regolamento in materia di protezione dei prodotti artigianali e industriali europei. Altri punti dell’agenda sono aperti. La crisi dei rapporti internazionali in atto, con i focolai dell’aggressione russa all’Ucraina e della tragedia medio-orientale, si riflette sulla congiuntura economica, ed è soltanto opponendo la barriera dei valori condivisi in sede europea che sarà possibile tornare alla pace e riaffermare regole utili anche a promuovere prospettive di rinnovata crescita e di giustizia sociale. Un grande timore attraversa il nostro tempo: che il futuro dei nostri figli sia più problematico rispetto alla vita che abbiamo vissuto. Superare questa visione è possibile soltanto se il tessuto sociale si dimostra capace di generare dinamismo, aspirazioni, progetti. L’Europa è lo spazio del nostro futuro. Senza un’Europa forte e unita i cittadini europei rischiano di diventare semplici comprimari, se non addirittura subalterni. Ma l’Europa non si esaurisce, naturalmente, nei suoi vertici governativi e istituzionali. L’Europa è costituita anche dalla sua articolazione sociale, professionale, associativa, dalla pluralità delle sue comunità, dalla molteplicità del suo lavoro, dell’intelligenza, del sapere, della creatività degli europei».