L’Intelligenza Artificiale (IA) generativa sta cambiando il nostro mondo in modi che non tutti avevano previsto. E mentre le grandi multinazionali la abbracciano, le piccole e medie imprese (PMI) si trovano di fronte a decisioni difficili: cavalcare l’onda tecnologica o mantenere una specificità diversa?

Per non perdersi nei termini, con quella “generativa” parliamo di una forma di IA che rappresenta solo una parte del complesso universo dell’Intelligenza Artificiale. Ma una parte di sicuro impatto e che sta travalicando la dimensione tecnica per investire dinamiche sociali, politiche ed economiche come forse solo l’avvento dei social network ha fatto recentemente.

In questo articolo non ci dilungheremo su aspetti tecnici che rischiano di essere di poco interesse. Ci limiteremo a indicare come la tecnologia in questione sia in grado di ricevere grandissime quantità di input e restituire un output molto complesso, così tanto da simulare la generazione di contenuti che finora solo gli esseri umani sembravano in grado di produrre.

Non ci soffermiamo nemmeno sulle pur fondamentali discussioni di carattere filosofico e sociologico attorno all’impatto e ai rischi che una tecnologia di questo tipo presenta. Lo scopo di questo articolo è proporre un esame delle conseguenze nel fare aziendale, in particolare per le piccole e medie imprese che caratterizzano così tanta parte del nostro tessuto economico.

La chiave di lettura che più ci ha colpito in questi mesi è quella che definisce il campo d’azione delle soluzioni informatiche come un campo “sintattico”, fatto di regole, codici, algoritmi e procedure. All’uomo rimane il campo “semantico” fatto di significato, lettura del contesto, risoluzione creativa dei problemi.

Quel che oggi sembra succedere, con l’avvento di ChatGPT e degli altri strumenti della nebulosa dell’intelligenza artificiale generativa, è invece la sovversione di questo assunto.

I robot sembrano capaci di “pensare”. Abbiamo scritto “sembrano”, ma nella pratica, specie in quella aziendale, c’è poca differenza tra sembrare ed essere, specie quando i risultati emergenti hanno un alto potenziale applicativo, come nel nostro caso.

I casi d’uso che stanno nascendo quotidianamente sono impressionanti. C’è da perdere l’orientamento. C’è il robot che ci insegna a cucinare, quello che ci scrive un contratto, che costruisce o analizza una tabella in Excel o quello che genera un brano musicale, traduce quel che diciamo e lo dice con la nostra voce in un’altra lingua, scrive un libro, crea un film. C’è quello che risponde alle mail al posto nostro e quello che sceglie il regalo per il compleanno di nostra zia, quello che scrive un piano industriale e quello che analizza il bilancio della nostra azienda. E così via, quasi all’infinito. Da perderci la testa, come detto.

La reazione può essere di disorientamento, di rifiuto, di neoluddismo o di esasperato pessimismo per il futuro ruolo dell’uomo. Può essere d’altronde di adesione fideistica alla nuova religione robotica, di entusiasmante percezione di cavalcare il futuro e di trovare risposta ai grandi problemi del Pianeta. Neofobia e neofilia che si scontrano.

C’è una terza via più pragmatica che non rinuncia a denunciare i rischi rilevanti per le nostre società quando l’IA diventa strumento di manipolazione o viene utilizzata da parte di autarchie e sistemi illiberali. Ma che si sofferma anche a guardare al bicchiere mezzo pieno. Con l’atteggiamento di un contadino abituato a zappare cui viene dato un aratro. Ecco, di questo aratro vi parleremo ora.

 

‘L’IA può aumentare l’efficienza interna delle imprese, facilitare l’interazione con il mercato e introdurre nuovi servizi, prodotti o modelli di business’

 

L’IA può, infatti, aumentare l’efficienza interna delle imprese, facilitare l’interazione con il mercato e introdurre nuovi servizi, prodotti o modelli di business. È una tecnologia e quindi solo uno strumento, un amplificatore. Va adottata consapevolmente. Altrimenti fa più danni che benefici.

Per esempio, nell’ambito dei processi interni, l’IA può automatizzare compiti ripetitivi e banali, liberando i dipendenti per compiti più creativi e complessi. Si applica facilmente nel campo del marketing e della comunicazione, in quello legale, nella ricerca e sviluppo, nella gestione organizzativa. Tuttavia, l’implementazione dell’IA dovrebbe essere guidata da un’analisi attenta dei processi esistenti e dovrebbe mirare a migliorare, non a sostituire, le operazioni esistenti. Dentro un processo di miglioramento continuo, di matrice lean, l’IA diventa ad esempio un potente acceleratore di soluzioni di valore.

Allo stesso modo, l’IA può migliorare l’interazione con il mercato, ma solo se l’approccio parte dal cliente. L’IA dovrebbe essere utilizzata per arricchire il nostro servizio, per migliorare la capacità di risolvere efficacemente i problemi dei clienti. Se si parte con il fine di sostituire personale per automatizzare i processi, si può arrivare solo a rendere il servizio meno performante e alla fine a peggiorarlo nell’inseguimento di una politica di costi che non fa bene a chi voglia eccellere nel campo del valore prodotto. L’introduzione dei bancomat nelle banche insegna, come ben descritto in “Learning by doing” di James Bessen.

Una opportunità chiara di valorizzazione del capitale di know-how aziendale è quello di costruire un nuovo e più virtuoso accesso alla knowledge base aziendale. Finalmente tanta conoscenza può essere decodificata in linguaggio naturale e il sogno del marketing conversazionale che ci era stato infranto da tanti chatbot dei siti delle compagnie telefoniche oggi ha spazio di espressione migliore attraverso strumenti come ChatGPT, sempre che si riesca a recuperare la fiducia del pubblico.

Il sogno in questo senso è anche quello di sedimentare, organizzare e rendere disponibile la conoscenza “tacita” delle nostre aziende, quella nascosta nelle mail e nelle telefonate del customer care, nelle chat e nelle conversazioni tra colleghi.

 

‘Le aziende devono anche essere consapevoli del potenziale impatto competitivo dell’IA. L’IA può permettere a nuovi entranti di scalare rapidamente, mettendo a rischio modelli di business consolidati’

 

Le aziende devono anche essere consapevoli del potenziale impatto competitivo dell’IA. L’IA può permettere a nuovi entranti di scalare rapidamente, mettendo a rischio modelli di business consolidati. Le PMI devono essere preparate a queste potenziali minacce e sviluppare strategie per difendersi.

Infine, l’IA offre l’opportunità di sviluppare nuovi prodotti e servizi. Le PMI non solo devono guardarsi dalle potenziali minacce dell’IA, ma devono anche sfruttare attivamente l’IA per costruire il proprio futuro.

L’IA generativa presenta sfide e opportunità significative per le PMI. La chiave del successo non è tanto l’adozione dell’IA in sé, quanto la capacità di integrare l’IA in modo efficace e strategico all’interno dell’organizzazione. Come con tutte le tecnologie, il suo valore risiede nel modo in cui viene utilizzata. L’IA è uno strumento potente, ma il suo vero potenziale si realizza solo quando viene utilizzato in modo consapevole e mirato.

C’è un ulteriore e ultimo aspetto che va considerato nell’analisi dell’impatto di queste tecnologie nelle organizzazioni. Ci riferiamo alle competenze che emergono sempre più come necessarie per affrontare gli scenari futuri. Tentiamo, a conclusione di questo articolo, di dare qualche indicazione su quello che riteniamo sarà il bagaglio di skill necessarie per governare gli sviluppi che abbiamo delineato.

 

‘Human Driven AI. È un approccio che mette al centro il ruolo dell’individuo, costruendo un rapporto con l’IA che permetta di governarla come uno strumento potente, piuttosto che subirla’

 

Ci piace in questo senso proporre il concetto di Human Driven AI. È un approccio che mette al centro il ruolo dell’individuo, costruendo un rapporto con l’IA che permetta di governarla come uno strumento potente, piuttosto che subirla.

Come detto, un aspetto fondamentale in questa relazione è lo sviluppo di competenze. Di seguito elenchiamo le dieci competenze fondamentali che, a nostro parere, le piccole e medie imprese (PMI) devono sviluppare per navigare con successo nell’era dell’IA generativa.

  1. Pensiero Critico. Permette di valutare i risultati prodotti dall’IA generativa. È l’essere umano che deve valutare la pertinenza, l’accuratezza e l’utilità dei contenuti generati dall’IA.
  2. Creatività. L’IA generativa è uno strumento potente per la creazione di contenuti, ma la sua efficacia è amplificata dalla creatività umana. Questa capacità può portare a risultati sorprendenti.
  3. Capacità di Apprendimento Continuo. L’IA stessa è un campo in rapida evoluzione, e l’apprendimento continuo è fondamentale per rimanere al passo con le ultime innovazioni.
  4. Empatia. Essenziale per comprendere come l’IA possa essere utilizzata in modo etico e rispettoso.
  5. Collaborazione. La capacità di collaborare efficacemente è fondamentale per integrare l’IA in un ecosistema più ampio che include altri strumenti, persone e processi.
  6. Flessibilità. L’IA generativa è un campo in continua evoluzione, e la flessibilità è una soft skill fondamentale per adattarsi a queste novità.
  7. Gestione del Tempo. Lavorare con l’IA generativa può essere un processo complesso e che richiede tempo. Quindi, saper gestire il proprio tempo in modo efficace è fondamentale.
  8. Comunicazione Efficace. Lavorare con l’IA significa imparare e usare nuovi linguaggi, che richiedono una comunicazione chiara e comprensibile.
  9. Risoluzione dei Problemi. L’IA generativa può essere un potente strumento per risolvere problemi complessi, ma per sfruttare appieno questa potenzialità, è necessario avere noi stessi buone competenze di risoluzione dei problemi.
  10. Leadership. È compito del leader guidare con l’esempio portando con sé il team nella missione di superare le resistenze e iniziare a utilizzare l’IA a proprio vantaggio senza subirla.

Queste competenze trasversali, o soft skills, si rivelano sempre meno soft e sempre più necessarie per navigare le acque agitate del cambiamento. Oggi la differenza la fa chi si sa adattare e sa far valere il proprio contributo nel guidare l’IA: è quello che definiamo Human Driven AI. L’IA può essere un potente strumento nelle mani delle PMI, a patto che sia gestita e utilizzata in modo efficace e umano.

(Ha collaborato Matteo Cocco, Business strategist)

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