
C’era una volta il terzista, che viveva all’ombra della filiera produttiva, costretto a subire le condizioni imposte dai grandi marchi e a competere quasi esclusivamente sul prezzo con i suoi concorrenti, vicini o lontani che fossero. Certo, per molte imprese la situazione è ancora questa. Tuttavia, negli ultimi anni si sono verificate importanti evoluzioni che delineano un nuovo scenario.
Oggi, definire terziste alcune imprese che, di fatto, continuano a essere fornitori di componenti di un prodotto, suona, se non come una vera e propria offesa, quantomeno riduttivo. Esse preferiscono definirsi partner dei loro clienti, o meglio ancora partner strategici, poiché nel tempo hanno ridefinito il loro ruolo nella catena del valore, diventando esse stesse brand.
Brembo è il caso di scuola: ha trasformato il freno, da componente nascosta, in oggetto del desiderio per gli appassionati di auto, affermandosi come un colosso capace di imporre il proprio prodotto sul mercato. Quali fattori hanno fatto la differenza in un caso senza dubbio d’eccellenza, ma non del tutto unico? La forte spinta all’innovazione, la ricerca sui materiali e l’alta tecnologia, che hanno reso i suoi freni i più performanti, ma anche la consapevolezza che il freno potesse diventare un elemento estetico. Brembo lo ha reso bello, colorato, marchiato, dunque riconoscibile per il consumatore finale, che ha iniziato ad attribuirgli un valore in grado di accrescere anche quello dell’auto su cui è montato.
Oltre a questo esempio, esistono casi più quotidiani: c’è chi marchia persino i cestini per la frutta destinati alla GDO affinché la provenienza sia riconoscibile, chi imprime il proprio logo sulle lastre di marmo lavorate che verranno utilizzate dai grandi brand del design, chi dipinge di giallo intenso gli assali dei trattori, sebbene l’utilizzatore finale non li veda mai, affinché l’azienda cliente ne percepisca subito l’origine e il valore. Tutte strategie, come raccontano gli imprenditori protagonisti di queste storie, per far sì che le caratteristiche attorno a cui ruota il proprio lavoro – storia, qualità, innovazione – vengano immediatamente associate ai propri componenti e trasferite come valore aggiunto anche al consumatore.
Il cambiamento parte dalla consapevolezza che il prodotto, da solo, non è più sufficiente per garantire una transazione commerciale. Oggi assume centralità il sistema di interazioni tra impresa e cliente.
“Quello che conta è la capacità di ascoltare a tutto campo e cogliere le reali esigenze dell’impresa che si fornisce. Se produco viti, ad esempio, devo sapere che l’esigenza di chi le acquista non sta solo nella vite in sé, ma nella certezza di averle sempre disponibili a magazzino, poiché rappresentano una componente fondamentale per la produzione di un bene. C’è chi, da semplice produttore di viti, è diventato il gestore del magazzino del proprio cliente per garantire scorte adeguate al ritmo produttivo”
spiega Giuliano Noci, professore di Strategy e Marketing al Politecnico di Milano.
Questo è un chiaro esempio di anticipazione del bisogno: non aspettare la richiesta da parte dell’azienda cliente, ma intercettare la necessità in anticipo. Anche così si diventa strategici.
Ed è attorno a questa capacità di essere in sintonia con il cliente che si costruisce un marchio, oggi costituito tanto da valori quanto da relazioni, che a loro volta possono essere comunicate al consumatore. Quest’ultimo, sempre più spesso, cerca di riconoscersi nel prodotto che acquista e compie scelte consapevoli. Progettare un’esperienza di valore significa fare marca, cioè creare una connessione tra cliente e fornitore, garantendo che a un’impresa siano associate competenze e strategie in grado di rispondere alle esigenze del mercato.
È così che imprese come Manteco, Lem e Zordan, uscendo dall’ombra della filiera, hanno puntato sul marketing e trasformato la propria attività in un vero e proprio brand, noto e riconoscibile. Tutte e tre operano in un settore complesso come quello del lusso:
- Manteco produce tessuti per la moda;
- Lem è attiva nella galvanica dei metalli destinati a borse e accessori di brand francesi;
- Zordan realizza allestimenti per i negozi di questi stessi marchi.
Per evitare di subire la forte forza negoziale dei propri clienti e riuscire a dialogare alla pari – come afferma Daniele Gualdani, titolare di Lem – queste aziende hanno investito nella costruzione del proprio marchio, reinterpretando la loro storia e trasformandola in un punto di forza e legittimazione.
Zordan, sotto la guida di Maurizio Zordan, si è distinta come alternativa sostenibile e responsabile alle società cinesi che tradizionalmente realizzavano i negozi nelle vie del lusso mondiale. Ha riscoperto le proprie origini a Valdagno (VI), luogo della città sociale di Gaetano Marzotto, raccontandole attraverso un museo aziendale dedicato all’impresa e al territorio.
Manteco, a Prato, ha ereditato la tradizione dei cenciaioli toscani e ha brevettato una lana riciclata, ispirandosi al lavoro del fondatore Enzo Anacleto Mantellassi, che recuperava vecchi capi dell’esercito per trasformarli in nuovi tessuti. Oggi, molti brand con cui collabora espongono l’etichetta Manteco, oltre alla propria, come garanzia di qualità e sostenibilità della materia prima.
Lem ha scelto una strategia diversa, realizzando il proprio company profile con la fotografa di Dior, per trasmettere ai grandi marchi il messaggio che possono fidarsi dell’azienda, poiché condivide il loro stesso linguaggio visivo.
“Volevamo trovare un codice e una grammatica utili a trasmettere ai brand il concetto che avrebbero potuto fidarsi totalmente di noi”
spiega Omar Antonio Cescut, responsabile marketing e comunicazione di Lem.
Proprio perché rappresentavamo un interlocutore in grado di ascoltarli, comprenderli e accompagnarli lungo tutto il processo produttivo.”
Grazie a queste strategie, l’attenzione non viene attirata solo da potenziali clienti, ma anche da collaboratori esistenti o futuri. Un brand riconoscibile consente infatti di trasmettere valori capaci di attrarre persone che si identificano in essi, facendole sentire parte di un progetto condiviso.
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Maria Gaia Fusilli
E' redattrice dei quotidiani VeneziePost, EmiliaPost e LombardiaPost. Laureata in filosofia ha seguito sin dall’inizio della sua carriera giornalistica il mondo dell’economia e delle imprese. Conduce dibattiti e confronti in importanti Festival come i Città Impresa di Vicenza e Bergamo, il Galileo Festival dell’Innovazione e in convention di associazioni di categorie economiche.