L’incertezza geopolitica sta frenando anche l’economia italiana. Un segnale del rallentamento arriva dalla crescita zero del PIL nel terzo trimestre 2024, su cui pesa la crisi della manifattura, settore più esporto agli effetti recessivi delle guerre in corso. Quando rallentano le filiere globali, dove sono più coinvolte le grandi imprese esportatrici, diventa vitale la tenuta della domanda interna, un mercato dove sono maggiormente presenti le piccole imprese e in particolare quelle artigiane. Mentre nei grandi gruppi manifatturieri italiani predomina l’attività ‘estero su estero’, i due terzi delle piccole imprese presidiano mercati locali: il 64,9% delle imprese tra 3 e 49 addetti si confronta con principali concorrenti localizzati nello stesso comune.

 

La domanda interna vede rarefarsi la spesa per investimenti, penalizzata dalla stretta monetaria attuata dalla Bce, mentre si registra una maggiore tenuta la spesa delle famiglie, anche grazie al sostegno dato dalla crescita dell’occupazione. In oltre due anni di politica monetaria restrittiva il costo del credito per le imprese italiane è salito di 337 punti base, 40 punti in più rispetto all’aumento di 297 punti registrato in Eurozona, innescando un calo degli investimenti in macchinari che nel primo semestre del 2024 è del 4,6%, più del doppio del -1,9% della media europea. Nel secondo trimestre del 2024 i consumi delle famiglie salgono dello 0,3%, mentre la domanda di lavoro delle imprese accompagna una crescita dell’occupazione di 301 mila unità (+1,3%) in dodici mesi. Nonostante negli ultimi anni i consumi siano stati interessati da una tumultuosa crescita del commercio elettronico, è salita la consapevolezza dei cittadini dell’importanza di un’offerta di prossimità, presidiata da piccole imprese del commercio e dell’artigianato. Sul lato dell’offerta, il censimento delle imprese dell’Istat indica che sei piccole imprese su dieci hanno come mercato geografico di riferimento il comune di localizzazione dell’impresa o altri comuni della stessa regione, mentre sul lato della domanda, nel 2023 in Italia 12,1 milioni di consumatori acquistano prodotti a chilometri zero, che rappresentano il 23,5% della popolazione di 14 anni ed oltre.

 

La generosità delle piccole imprese tratteggiata da Giulio Sapelli in questo numero di Spirito Artigiano si può coniugare in un mix di fattori: oltre alla vicinanza al mercato, il legame con la famiglia, l’ascolto del cliente e la personalizzazione del prodotto e del servizio, l’attenzione alla società e all’ambiente e la cura del capitale umano, con una specifica attenzione ai giovani. Alcune evidenze delineano la presenza di questi caratteri nel sistema imprenditoriale.

 

In Italia è diffuso il legame tra impresa e famiglia, particolarmente rilevante per la piccola impresa, la quale “si modella sulla persona e sulla famiglia dell’imprenditore proprietario e ne segue e ne preforma potentemente i destini” [1]. Secondo il censimento delle imprese dell’Istat, l’80,9% delle imprese con almeno 3 addetti sono controllate da una persona fisica o da una famiglia.

Ascolto e personalizzazione si coniugano con una offerta caratterizzata da un elevato standard qualitativo. Le piccole imprese italiane per competere fanno leva, in primo luogo, sulla qualità del prodotto o del servizio offerto, indicato come principale fattore competitivo dal 73,2% delle unità con meno di 50 addetti, a cui segue la professionalità e la competenza del personale, indicato nel 47,7% dei casi.

In un triennio (2018-2022) sono aumentate del 46,7% le piccole imprese che, tra gli obiettivi strategici da perseguire, adottano misure finalizzate alla responsabilità sociale ed ambientale.

Last but not least, il sistema delle piccole imprese è un protagonista nella creazione di opportunità di lavoro per i giovani. Nell’arco dei tre anni caratterizzati dallo scoppio della guerra in Ucraina, da una crisi energetica che ha accelerato l’inflazione, dalla stretta monetaria più severa della storia dell’euro, dalla stagnazione del commercio internazionale e dal conflitto in Medio Oriente, l’occupazione dei giovani in Italia è cresciuta ad un tasso doppio della media europea. Tra il 2021 e il 2024, ultimi dodici mesi a giugno, gli occupati under 35 in Italia sono saliti di quasi mezzo milione (454 mila), pari ad un incremento del 9,2%, un tasso doppio del +4,6% della media Ue a 27, e superiore al +4,5% della Germania e al +4,9% della Francia.

Il dinamismo dell’occupazione giovanile è diffuso sul territorio, con gli occupati under 35 che crescono del 10,1% nel Centro, del 9,6% nel Nord-Ovest, e dell’8,6% nel Mezzogiorno e nel Nord-Est.

La migliore performance del mercato del lavoro italiano si associa ad una maggiore presenza di micro e piccole imprese. La quota di occupati – dipendenti e indipendenti – nelle micro e piccole imprese in Italia è del 61,5%, a fronte del 52,4% della Spagna e ampiamente superiore al 41,9% della Francia e al 40,6% della Germania. Nel nostro Paese la nuova occupazione giovanile è maggiormente presente nelle piccole imprese e nell’artigianato: il peso dei giovani dipendenti con meno di 30 anni è del 19,6% nelle imprese fino a 49 dipendenti, quota di 4,7 punti superiore al 14,9% registrata nelle medie e grandi imprese.

In una prospettiva caratterizzata da una elevata incertezza sui mercati globali, da un ritardo dell’allentamento della stretta monetaria e da una riduzione della spesa pubblica in termini reali richiesta dalla riforma del Patto di stabilità e crescita, le piccole imprese, protagoniste del mercato domestico, diventano un asset strategico per la crescita dell’economia italiana.

[1] Sapelli G. e Quintavalle E., Nulla è come prima, Milano, 2019 Guerini e Associati, pag. 60

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© Foto di Katrin Überbacher, WorldSkills Italy –  Cortesia di LVH Confartigianato Bolzano