A inizio 2025 il mercato del lavoro manifesta segnali di dinamismo, anche grazie alla spinta delle micro e piccole imprese. In parallelo continua a salire la difficoltà di reperimento del personale, un fenomeno più accentuato tra le imprese artigiane. Un aspetto paradossale risiede nel fatto che, mentre l’economia digitale sta crescendo a un ritmo accelerato e le tecnologie avanzate come l’IA e la data analysis sono sempre più diffuse, le imprese faticano a reperire il personale con le competenze necessarie per sfruttarle. Il disallineamento tra domanda e offerta di digital skills ostacola la crescita delle imprese, già colpite dal calo degli investimenti causato dalla stretta monetaria del biennio 2022-2024.

Nei dodici mesi del 2024 l’occupazione è salita di 274 mila unità (+1,2%), una crescita trainata dai posti di lavoro stabili, con gli occupati permanenti che salgono di 687 mila unità (+4,4%), più che bilanciando il calo dei dipendenti a termine (-402mila). L’analisi dei più dettagliati dati trimestrali dell’Istat ci indica un maggiore dinamismo dell’occupazione per le donne, gli stranieri e i laureati.

Si prospetta una tenuta della domanda di lavoro, con previsioni di assunzione delle imprese nel trimestre febbraio-aprile 2025 sono in aumento del 6,1%, sostenuto dalla domanda tonica delle micro e piccole imprese, che prevedono assunzioni in aumento dell’8,4% a fronte del +2,4% rilevato per le imprese medio-grandi.

Sale la difficoltà di reperimento del personale, più accentuata nell’artigianato – La crescita dell’occupazione si associa ad un rilevante e crescente mismatch tra domanda ed offerta di lavoro, soprattutto se qualificato. L’analisi dei dati annuali dal Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, evidenzia che nel 2024 le imprese italiane segnalano una difficoltà di reperimento del personale nel 47,8% delle entrate previste, in aumento di 2,7 punti percentuali rispetto al 45,1% del 2023. La difficoltà di reperimento nelle micro e piccole imprese (MPI) sale al 51,3% (3,2 punti in più del 48,1% nel 2023), per arrivare al 59,2% nelle imprese artigiane, quota superiore di 11,4 punti percentuali alla media delle imprese del 47,8% e in aumento di 4 punti percentuali rispetto al 55,2% del 2023. L’elevata carenza di manodopera nell’artigianato è diffusa sul territorio, con una maggiore accentuazione in Veneto, Umbria, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige.

Crisi della manifattura e labour hoarding – Un ulteriore paradosso è dato dal difficile reperimento del personale che si associa ad una tenuta dell’occupazione anche nei settori di manifattura interessati da una fase congiunturale negativa, evidenziando la presenza del labour hoarding (accantonamento del fattore lavoro): anche le imprese che registrano un calo di produzione trattengono il personale, dato che risulterebbe introvabile nella successiva fase di ripresa. Nei due settori manifatturieri in maggiore crisi – meccanica e moda – si registra una più ampio skill shortage (carenza di competenze): se mediamente nella manifattura nel 2024 le entrate difficili da reperire sono pari al 53,7%, nella moda salgono al 57,8% e nella meccanica arrivano al 59,6%.

Le cause del mismatch – Diversi fattori influiscono sul fenomeno della carenza di manodopera, a cui le imprese stanno reagendo con misure diversificate per attrarre giovani talenti e trattenere i lavoratori con più elevate skills ed esperienza.

Pesano gli effetti di una profonda crisi demografica, determinata da denatalità e invecchiamento della popolazione, che restringe l’offerta di lavoro. A fronte del calo della popolazione in età lavorativa, si osserva il paradosso del ‘grande spreco’ rappresentato dai giovani inattivi, che interessa circa un quarto della popolazione tra 25 e 34 anni. Tra gli altri fattori, viene considerato il profilo del candidato conseguente al percorso scolastico e formativo svolto e il set di competenze acquisite nel percorso professionale. Rilevano, inoltre, il livello e le prospettive di evoluzione della retribuzione e della carriera in azienda, la tipologia contrattuale offerta, oltre all’accesso a strumenti di welfare aziendale. Sono determinanti gli investimenti nella contrattazione collettiva di qualità, come nell’artigianato, con l’obiettivo di fidelizzare i lavoratori alle imprese anche con le importanti tutele di welfare fornite dagli enti bilaterali. Cambiano le aspettative dei giovani rispetto al lavoro, con un crescente orientamento ad un lavoro autonomo che dia maggiore indipendenza e tempo libero. Sull’offerta di lavoro influiscono quantità e qualità dei flussi migratori in ingresso e uscita, di cui la fuga di giovani cervelli è una delle caratterizzazioni.

Il mismatch tra domanda e offerta di lavoro non può essere risolto solo dall’aumento quantitativo della forza lavoro – il quale, data la dinamica demografica, potrebbe essere determinato solo da un flusso di immigrazione – dato che lo sbilancio è di carattere qualitativo, legato alla domanda di competenze.

Le professioni di difficili da reperire – L’analisi delle professioni più difficili da reperire evidenzia che le skills necessarie possono essere consolidate con un percorso di training on the job associati a solidi percorsi scolastici tecnico-professionali, integrati da interventi di formazione specialistica e da una significativa esperienza acquisita. Più di 7 entrate su 10 sono di difficile reperimento per quindici professioni richieste nelle micro e piccole imprese a vocazione artigiana. Nel dettaglio si tratta di idraulici e posatori di tubazioni idrauliche e di gas con 78,9% delle entrate di difficile reperimento, seguiti dai lastroferratori con 78,7%, falegnami ed attrezzisti di macchine per la lavorazione del legno con 78%, assemblatori e cablatori di apparecchiature elettriche con 77,7%, operai addetti a telai meccanici per la tessitura e la maglieria con 76,4%, meccanici artigianali, riparatori e manutentori di automobili con 76,3%, sarti e tagliatori artigianali, modellisti e cappellai con 75,3%, attrezzisti di macchine utensili con 74,1%, elettricisti nelle costruzioni civili con 73,9%, operai addetti a macchine utensili automatiche e semiautomatiche industriali con 71,3%, conduttori di autobus, di tram e di filobus con 71,1%, montatori di carpenteria metallica con 71%, disegnatori industriali con 70,8%, tecnici programmatori e tecnici della gestione di cantieri edili, entrambe con 70,7%.

La domanda di competenze – È del tutto evidente il profilo elevato delle competenze correlato con queste professioni, solo in alcuni casi reperibile con l’assunzione di personale immigrato. Infatti, nel complesso di queste quindici professioni solo il 16,1% delle imprese segnalano la richiesta di personale straniero, quota dimezzata rispetto al 31,0% della media delle entrate nell’artigianato, mentre nel 71,7% dei casi è richiesta una esperienza specifica o maturata nel settore.

Last but not least, la transizione digitale determina una domanda crescente di competenze specifiche, paradossalmente sempre più difficili da trovare sul mercato del lavoro. Le imprese artigiane richiedono circa 61mila lavoratori per i quali è di elevata importanza la capacità di applicare tecnologie digitali: per questo segmento di lavoratori qualificati per sostenere la digitalizzazione dei processi produttivi nell’artigianato la difficoltà reperimento sale al 63,4%, oltre quattro puti superiore alla media.

Nostre elaborazioni su dati Eurostat, Istat, e Unioncamere-Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

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