Le prospettive per il 2025 si stanno disegnando alla luce delle transizioni politico-elettorali e dei trend di crescita di tre paesi chiave come gli Stati Uniti, la Germania e la Francia. Le politiche annunciate dalla nuova amministrazione Trump si intrecciano con la difficile governabilità in Francia e le prossime elezioni in Germania, da due anni in recessione. Le previsioni di gennaio 2025 del Fondo monetario internazionale revisionano al ribasso la crescita di Francia (-0,3 punti rispetto la previsione di ottobre 2024) e Germania (-0,5 punti) mentre salgono quelle degli Stati Uniti (+0,5 punti).
Si tratta di tre mercati rilevanti per l’economia italiana, cumulando un terzo (32,8%) delle vendite all’estero del made in Italy. Le incertezze delle economie di Germania e Francia, i due maggiori mercati europei, si riverberano su una minore domanda di prodotti italiani. Nei primi undici mesi del 2024 l’export scende del 2,3% nel mercato transalpino e del 5,1% nel mercato tedesco: nel corso dello scorso anno le imprese italiane hanno perso su questi due mercati vendite per 15 milioni di euro al giorno.
Sul fronte degli Stati Uniti si delinea il rischio di un inasprimento dei dazi USA: tariffe addizionali tra il 10% e il 20% determinerebbero un calo dell’export totale dell’Italia verso gli Stati Uniti, rispettivamente, del -4,3% e del -16,8%. Nel recente dibattito si è ipotizzato uno scambio tra minori dazi sull’export UE e maggiori acquisti di gas naturale liquefatto (GNL) dagli Stati Uniti. Gli USA sono il secondo fornitore di GNL per Italia, il primo per i 27 paesi dell’Unione.
L’anno da poco aperto rimane caratterizzato da ulteriori incertezze legate alle tensioni geopolitiche e al ritardo nella ripresa del commercio mondiale. Dazi e misure restrittive del commercio internazionale rappresentano un freno, alimentando i timori delle imprese di una escalation dei prezzi delle commodities. Le difficoltà su scala globale penalizzano principalmente la manifattura e le esportazioni, mentre i servizi mostrano una maggiore tenuta. Una analisi degli ultimi dati statistici disponibili ci aiutano a meglio delineare le prospettive per il 2025.
Secondo le previsioni della Commissione europea il PIL dell’Italia nel 2025 segnerà una crescita dell’1,0%, rafforzando il più debole +0,7% del 2024. Il Fondo monetario internazionale a gennaio ha revisionato al ribasso anche la crescita dell’Italia, mail ritocco è meno accentuato rispetto a quelli di Francia e Germania. La manovra di bilancio per 2025 determina un impulso espansivo sostenendo i consumi delle famiglie, maggiori beneficiarie degli interventi di natura fiscale. La domanda interna è sostenuta dal buon andamento del mercato del lavoro che anche nel 2025 rimane in crescita, con le ore lavorate previste in crescita del +0,5% dopo il più robusto +1,7% del 2024. Tiene la domanda di lavoro nel primo trimestre del 2025, grazie alle maggiori assunzioni delle micro e piccole imprese, ma rimane alta la carenza di manodopera specializzata, che a gennaio 2025 interessa il 49,4% delle entrate previste dalle imprese, quota che sale al 66,9% per gli operai specializzati.
L’elevata instabilità geopolitica indebolisce la ripresa del commercio internazionale, con effetti sull’attività manifatturiera che rallentano la crescita. Nei primi undici mesi dell’anno il volume delle vendite del made in Italy cala del 2,6%. Nei primi tre trimestri del 2024 il valore aggiunto nella manifattura scende dello 0,9% a fronte delle crescite dell’1,5% nelle costruzioni e dello 0,5% nei servizi. La manifattura è in crisi anche in Germania (calo del 2,7% del valore aggiunto) mentre tiene in Francia (+0,1%) ed è in espansione in Spagna (+3,9%).
Appaiono incerti gli spazi di recupero per settori chiave del made in Italy, quali la moda e la meccanica, colpiti da una crisi pesante che nel corso del 2024 ha fatto perdere ricavi alle imprese dei due comparti per 2,9 miliardi di euro al mese.
Sono diffuse tra le imprese della manifattura i timori che le tensioni geopolitiche possano impattare sui prezzi delle commodities. Un segnale positivo arriva dai dati dell’indagine mensile dell’Istat usciti questa settimana, che segnalano a gennaio 2025 una risalita dell’indice di fiducia delle imprese manifatturiere, mentre ristagnano le attese sugli ordini e le attese sulla produzione rimangono in territorio negativo. Ad inizio anno si consolidano i preoccupanti segnali rialzisti dei prezzi dell’energia manifestati nel corso del 2024. A gennaio 2025 l’indice del costo del gas elaborato dal GME risulta del 79,7% superiore ai minimi dello scorso marzo mentre il prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica a gennaio 2025 è salito del 64,8% dal minimo di febbraio 2024.
Giovedì scorso la BCE ha tagliato i tassi di riferimento di altri venticinque punti base, ma il ritmo dell’allentamento monetario potrebbe essere troppo prudente per sostenere la debole crescita nell’Eurozona. Le tensioni geopolitiche in corso e le tensioni sui prezzi delle commodities energetiche rappresentano fattori di incertezza per l’azione della politica monetaria. Per le imprese italiane il tasso pagato su prestiti rimane eccessivo. A novembre 2024 il costo del credito per le imprese è del 4,64%, in calo rispetto al 4,85% di ottobre 2024 ma ancora superiore di 301 punti base all’1,63% precedente alla stretta monetaria, un livello che riduce gli investimenti e frena i complessi processi della doppia transizione, digitale e ambientale. Nel terzo trimestre del 2024 gli investimenti delle imprese sono in calo del 3,0% su base annua. Inoltre, l’accesso al credito per gli investimenti rappresenta un fattore strategico per le imprese per affrontare la carenza di manodopera e le sfide della glaciazione demografica.
Dopo una discesa dell’1,2% nel 2024, gli investimenti in beni strumentali nel 2025, secondo le previsioni di Banca d’Italia di dicembre, tornano a salire del 2,7%, con un ritocco al ribasso di quasi un punto rispetto alle previsioni di ottobre (+3,6%). Dopo un 2024 ancora intonato alla crescita dell’attività edilizia – anche grazie al sostegno del PNRR – per il prossimo anno è attesa una pesante frenata, con gli investimenti in costruzioni che, sempre secondo le previsioni di dicembre di Banca d’Italia, calano del 3,3%, interrompendo un lungo ciclo espansi
La spesa delle famiglie nei primi tre trimestri del 2024 aumenta dello 0,3% su base annua, mentre il volume delle vendite al dettaglio nei primi undici mesi dell’anno segna un calo dello 0,5% su base annua. A gennaio 2025 l’indice della fiducia dei consumatori migliora dopo tre mesi consecutivi di calo. Il turismo è sostenuto dalle presenze degli stranieri: l’analisi dei dati, ancora provvisori, dell’Istat indica che tra gennaio e novembre del 2024 le presenze turistiche ristagnano (+0,1% su base annua), con aumento (+3,7%) delle presenze straniere che compensa il calo (-3,9%) delle presenze dei turisti italiani. Nel 2025 vi potrebbero essere effetti positivi del Giubileo: nel 2000, anno del precedente evento giubilare, la spesa dei turisti stranieri aumentò del 12,0% su base annua, il tasso più elevato registrato nei ventidue anni precedenti alla pandemia (1998-2019).
Sul fronte della finanza pubblica, l’orientamento è rivolto al rientro dei rapporti deficit/PIL e debito/PIL, confermando un approccio prudente nella politica fiscale. Nel 2024 è tornato in positivo (+0,1% del PIL) l’avanzo primario e, nelle previsioni di novembre della Commissione europea, sale progressivamente nel biennio successivo (+0,5% nel 2025 e +1,1% nel 2026). Il limite alla crescita della spesa pubblica definito nel Piano strutturale di bilancio – corrispondente ad un tasso massimo dell’1,5% all’anno per la spesa primaria netta – potrebbe richiedere il finanziamento di interventi di politica economica con nuove imposte. Ma un aumento del carico fiscale rischia di compromettere ulteriormente la competitività dell’economia italiana su cui, secondo la metrica della Commissione europea, grava un carico fiscale (tax burden) che nel 2024 è superiore di 1,7 punti di PIL alla media dell’Eurozona. Tale divario si traduce in una maggiore tassazione per cittadini ed imprese di 36,6 miliardi di euro, equivalente a 620 euro per abitante. Appare necessaria una accelerazione nell’attuazione del PNRR: secondo l’ultima relazione della Corte dei conti, al 30 settembre 2024 il livello della spesa è di 57,7 miliardi di euro, pari al 30% delle risorse del Piano e al 66% di quelle che erano programmate entro il 2024.
Nostre elaborazioni su dati Banca d’Italia, Bce, Commissione europea, Corte dei conti, Cpb, Eurostat, Fondo monetario internazionale, Gme, Istat, Mef, Unioncamere-Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Upb
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Enrico Quintavalle
Enrico Quintavalle è nato a Padova nel 1960, laureato in economia e commercio all’Università Cà Foscari di Venezia, è responsabile dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese e Direttore scientifico degli Osservatori in rete del sistema Confartigianato. Autore di numerosi articoli e rapporti su economia d’impresa, politica economica, finanza pubblica ed economia energetica. Con Giulio Sapelli ha scritto ‘Nulla è come prima’, Milano, 2019 Guerini e Associati. Dal 2009 cura una rubrica settimanale su QE-Quotidiano Energia.