La ‘scuola degli ultimi’ di cui parlava Don Lorenzo Milani, nata con l’obiettivo di accogliere, educare, realizzare i sogni e le aspirazioni, premiare le competenze e consentire anche ai ragazzi provenienti da contesti complessi di trovare un riscatto nel mondo del lavoro.
La Fondazione Germozzi, attenta alle iniziative orientate a valorizzare i giovani nel mondo del lavoro artigiano, segnala la straordinaria storia della scuola ‘Artigianelli’ di Fermo, rappresentata in modo efficace da Angelo Ferracuti sul quotidiano ‘La Stampa’ dell’11 gennaio 2022, nell’articolo ‘ In questa scuola entrano Neet ed escono artigiani’.
Fondata da Don Ernesto Ricci nel 1946, la “Scuola di Arti e Mestieri”, conosciuta come “Artigianelli”, si pone l’obiettivo di aiutare i giovani ad affrontare in modo costruttivo quel periodo di grandi sfide sociali ed economiche che è stato il dopoguerra, proponendo un percorso solido di formazione professionale.
Da allora la scuola ha proseguito nella sua vocazione sociale ed educativa diventando un punto di riferimento sia per chi desidera una formazione professionale di qualità che per molti ragazzi provenienti da contesti complessi.
L’edificio medioevale che ospita la scuola ha esso stesso una storia straordinaria di vocazione sociale. Ospedale per invalidi fin dal 1341, quindi luogo di accoglienza per malati , orfani e mendicanti. Ma anche convento, alloggio per gli avieri motoristi e rifugio per gli sfollati al tempo della seconda guerra mondiale.
L’articolo descrive un edificio sobrio che trasuda operosità e concretezza, dagli arredi alla componente architettonica. E’ il luogo che mette d’accordo la tradizione e la sobrietà di un mondo antico che sta sparendo con il futuro e l’innovazione che si respira nei laboratori, dove i ragazzi si impegnano a costruire il loro futuro.
In questa scuola venivano ‘gli scarti, ragazzi che avevano fallito in altre scuole, i neet, che non lavorano e non studiano’, dice Don Sante, l’attuale Direttore, mentre ora vi accedono molti ragazzi che hanno maturato obiettivo preciso dopo aver effettuato una scelta ragionata, poiché ‘c’è un ritorno all’artigianalità, l’industria metalmeccanica è ormai fatta prevalentemente di tecnologia’.
La vocazione della scuola ‘Artigianelli’, precisa il Direttore nell’articolo, è comunque quella di formare la «classe artigiana» e preparare i ragazzi ad entrare direttamente nel mondo del lavoro.
Anche i laboratori, con alte volte e dallo stile novecentesco, le pareti grigie, i pavimenti di grès, gli impianti e le attrezzature che servono per la didattica, sono una eccezionale sintesi fra una tradizione ben custodita e valorizzata e lo slancio verso l’innovazione richiesta dal mondo del lavoro.
Il Centro di formazione professionale ‘Artigianelli’ ogni anno apre al mondo del lavoro 150 studenti tra elettricisti, idraulici, meccanici e calzolai, mentre ‘Da quest’anno abbiamo aperto un corso di pastificazione, i ragazzi scelgono questi lavori anche per il rapporto umano, e poi realizzi qualcosa di creativamente soddisfacente con le tue mani’ aggiunge il Direttore.
I risultati che la scuola può vantare hanno contribuito a trasformare nel tempo la composizione della popolazione scolastica, all’inizio formata dai figli di famiglie povere ed oggi composta anche da ragazzi attratti da mestieri che garantiscono soddisfazioni e lavoro sicuro: ‘100% di impiego nel settore calzaturiero, 98% in quello della meccanica, 95% per la termoidraulica’, riporta l’articolo.
Il grosso vulnus che rischia di penalizzare questa esperienza di successo è la carenza di insegnanti qualificati, in particolar modo per i laboratori: ‘è difficile trovarli, nella maggior parte dei casi è gente che è andata in pensione, sono ultrasessantenni’, specifica Don Sante.
La scuola è un vero spaccato della società. Gli allievi appartengono ad ogni estrazione sociale e molte sono le nazionalità rappresentate. Tutti ragazzi che si stanno formando per colmare il gap tra la domanda ed l’offerta di artigiani specializzati.
‘Gran parte del lavoro è prodotto da supporto tecnologico (…) ma una piccola parte è manuale e artistica; quindi cerchiamo persone capaci di comprendere la particolarità dei molti prodotti creati, una intelligenza tutta artigiana’ spiega l’ingegner Stefano Luzi, titolare di una azienda contoterzista di Fermo che produce vetrine per il settore arredo e moda, e che ha investito nella scuola.
‘Ogni pezzo è a sé, devi avere competenza geometrica, capacità di vederlo mentalmente’ afferma l’imprenditore nell’articolo de ‘La Stampa’, sottolineando come la capacità artigiana debba coniugare il tradizionale saper fare manuale con le innovative conoscenze tecnologiche.