Dare forma alle idee è un’attività fondamentale dell’essere umano ed è un aspetto fondativo dell’artigiano.

Il grande contributo del digitale in questo ambito può essere sintetizzato in una unica semplice considerazione: mentre nel mondo materico, se voglio dare forma alla mia idea non posso che costruire un prototipo, nel mondo digitale posso rappresentarlo, attività infinitamente più veloce ed economica e che può anche essere condivisa da remoto con i potenziali acquirenti.

Tra l’altro questa rappresentazione non è solo estetica, in quanto ci consente di vedere come potrebbe venire la nostra idea. Al crescere della sofisticazione dello strumento digitale e delle sue capacità di modellistica, si può anche verificare il suo ingombro in specifici luoghi e perfino il suo funzionamento, per individuare – prima di realizzarlo – possibili difetti di progettazione. È la realtà dei cosiddetti “gemelli digitali” di cui parleremo più diffusamente nel prossimo articolo.

Torniamo al tema della rappresentazione: poter vedere o dare forma alle nostre idee non è solo una comodità ma è spesso una necessità per completarle, per trasformare un possibile sogno (per sua natura irrealistico) in qualcosa di concreto. Come ci ricorda la frase di Edgar Allan Poe richiamata all’inizio di questo articolo, solo nello scrivere, i pensieri acquisiscono forma e coerenza e quindi diventano reali. Se rimangono nella nostra testa sono una nebulosa, un potenziale, un sogno, un progetto incompleto a cui mancano elementi per dimostrarci di poter diventare anche realtà.

Pertanto, poter avere a disposizione strumenti che facilitano la rappresentazione della forma ricercata è un grande contributo all’attività creativa.

I primi modelli che permettevano di costruire la rappresentazione ingegneristica degli oggetti – detti sistemi CAD (Computer Aided Design) – erano molto complicati anche per quanto riguarda le modalità con cui si introducevano gli elementi del modello.  Non accettavano fasi intermedie; il modello andava introdotto nella sua fase quasi definitiva.

Oggi, invece, si può partire dagli schizzi e il sistema li traduce in un modello, ovviamente modificabile successivamente dall’utente.

 

Si stanno infatti diffondendo strumenti che permettono di introdurre gli elementi del modello semplicemente disegnandolo e poi, gradualmente, il sistema trasforma lo schizzo in un oggetto strutturato. Un tempo si usavano “penne digitali” su tavoli che avevano sotto la superficie delle maglie elettroniche per registrare i movimenti – soluzioni costose e ingombranti. Oggi, invece, si usano penne normali (talvolta anche le nostre dita) su tablet portatili e il sistema trasforma facilmente quei segni in tracce digitali, che possono essere archiviate e – nei sistemi più evoluti – anche modificate successivamente e poi tradotte in formule modellistiche

 

Tra le soluzioni più recenti e a portata di tutti (per costi e semplicità d’uso) c’è la Moleskine smart, che rappresenta la versione moderna della celebre agendina che tutti i viaggiatori curiosi hanno sempre tenuto in tasca per poter buttare giù un appunto o un’idea non appena veniva in mente o uno schizzo o disegno per ricordarsi di qualcosa che li aveva visivamente colpiti. Nel caso della Moleskine smart basta scrivere su una pagina di quell’agenda cartacea (ma con un’anima digitale) e, immediatamente, l’immagine viene inviata in forma digitale sul proprio smartphone.



Perché è importante poter conservare e condividere gli schizzi? Perché è da questi abbozzi che scaturisce la scintilla creativa. Per il celebre architetto Franck O. Gehry – noto per i suoi edifici avvenieristici, quasi impossibili da realizzare (suo per esempio il museo Guggenheim di Bilbao) – il modello non è solo una rappresentazione dell’edificio che sta progettando ma è un vero e proprio strumento fisico per pensare. E strumento principe del modello è proprio lo schizzo a mano che, per Gehry, vale più di 10.000 parole, e che gli permette di dare forma alle metafore a cui pensa quando sta ideando un nuovo edificio … ma rimanendo in uno “stato liquido” che gli consente di tenere per il maggior tempo possible aperte più opzioni progettuali e quindi di continuare il processo creativo. Appena, infatti, lo schizzo diventa progetto esecutivo, le opzioni scompaiono.

 

La “biblioteca digitale degli schizzi”: molti incominciano a organizzare e conservare quanto fatto (o anche semplicemente immaginato) negli anni, per poterlo rivedere ogni qualvolta sia necessario o utile e riattivare il processo creativo. Si possono poi aggiungere prodotti visti e fatti da altri, suggestioni che ci colpiscono (ad es. un quadro) ma che in questo momento non sono collegabili a un prodotto/progetto

 

Pensiamo, anche di poter accedere a questa biblioteca da qualsiasi luogo in cui ci troviamo; e spesso i momenti di ispirazione avvengono in luoghi o momenti suggestivi … lontani dalla bottega. È qui che entra il digitale. È infatti molto semplice organizzare in digitale questa “biblioteca degli schizzi” e potervi accedervi dovunque siamo.

Vediamo un caso emblematico: nel 2017, la celebre azienda del design italiano Alessi organizzò alla Triennale di Milano una mostra intitolata IN-possible, nella quale aveva aperto quello che internamente chiamano la «stanza dei fallimenti» e che contiene una parte dei 25.000 oggetti e 19.000 disegni del proprio museo. In particolare, sono stati esposti in Triennale «i progetti rimasti in sospeso». Alessi definisce i propri prodotti borderline in quanto, come dice Francesca Appiani (curatrice del Museo Alessi), rappresentano «quella linea di confine che separa un oggetto innovativo, inaspettato e trasgressivo ma che le persone saranno disposte ad accettare, da un oggetto che le persone non accetteranno. Questa linea è invisibile. Ma diventa visibile quando si sbaglia».

Poter accedere a questi contenuti – magari prodotti non da uno ma da molti artigiani – è un’incredibile spinta creativa che accende immediatamente idee e voglia di fare … come se i prodotti stessi chiedessero di essere completati e accettati dal mercato.

Oltretutto, le stesse immagini di questa rubrica sono state create da una piattaforma di AI generativa, che potrebbe essere allenata a creare immagini di idee e prodotti che ci interessano e quindi usata non per darci consigli su cosa fare, ma dare forma alle nostre richieste aiutandoci a visualizzare ciò che abbiamo in mente e – come cantava Enzo Jannacci – “vedere di nascosto l’effetto che fa”.

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