Cesare Fumagalli ci ha lasciato dopo una malattia affrontata con il coraggio di chi sa e vuole essere operoso sino all’ultimo, come dimostra il libro (Piccola impresa, indicativo futuro. L’intelligenza del polpastrello pubblicato dall’editore Angelo Guerini nel marzo del 2022), in cui, con l’aiuto della figlia Michela, volle contribuire a una rinnovata interpretazione della tipica forza dell’impresa artigiana e alla necessità di un associazionismo imprenditoriale che da essa derivava. Era una sorta di autobiografia: della storia e della vita dei corpi intermedi in Italia Cesare fu testimone preclaro. La sua scomparsa è stata la scomparsa di un protagonista della lotta politica democratica italiana, lotta che di quell’associazionismo fu la forza primigenia.

L’attività di Cesare, infatti, si sviluppa dapprima nell’alveo del regionalismo democristiano, con la tipica inflessione che ne diede la corrente legata alla tradizione culturale maturata nel corso della Lotta di Liberazione Nazionale – la Resistenza – che Giovanni Marcora così ben interpretò sino alla morte.

Di regionalismo e di tradizione democratica lombarda era intriso quel cattolicesimo attento alla socialità e alla comunità piuttosto che al neo-giansenismo manzoniano: Cesare Fumagalli ne ha lasciato una traccia distintiva con il suo operare, nel lungo periodo della sua vita dedicata all’associazionismo imprenditoriale. Associazionismo, che secondo, appunto, la tradizione prima richiamata, dalla forza del partito politico traeva la sua capacità espansiva nelle istituzioni. Secondo le regole del collateralismo democratico Cesare presidiò, infatti, il delicato rapporto che così si instaurava tra rappresentanza politica e rappresentanza funzionale. Rapporto che ha caratterizzato per lunghi anni, anche dopo la fine della guerra fredda (che a qual collateralismo aveva dato vita), l’azione delle associazioni di rappresentanza, ora avviate a un cambiamento profondo della loro strategia, nella sopraggiunta comprensione di un mondo mutato alle cui esigenze occorreva e occorre rispondere, insieme con le grandi nuove possibilità innovative necessarie, inderogabili.

La sua biografia di quel collateralismo è stato il vivido ritratto. Nato nel 1953 in provincia di Lecco, Cesare aveva iniziato l’attività politico-amministrativa a fianco di Cesare Golfari, Presidente della Regione Lombardia, per divenire, nel 1985, direttore di Confartigianato Lecco, in cui, dal 1979, aveva iniziato la sua attività. Segretario Generale della Lombardia nel 2003, due anni dopo assunse quella carica che ricoprì per circa un ventennio: Segretario Generale di Confartigianato nazionale.

L’inizio del suo straordinariamente lineare percorso politico fu a fianco del Presidente della Regione Lombardia Cesare Golfari: una formazione, quindi, tutta intessuta dal lavoro sul territorio, tra economia e politica, ma avendo sempre come baricentro le istituzioni della rappresentanza provinciale e regionale, prima, nazionale e parlamentare governativa, poi. Incarnava così, sul fronte politico e associativo cattolico, quel collateralismo che è stato il lievito della crescita economica della cosiddetta “Terza Italia”, con i suoi distretti industriali e le sue ricchezze di competenze rinnovate della tradizione, riattualizzate nel nuovo contesto tecnologico e competitivo.

Cesare attraversò gli anni della disgregazione della forma partito tradizionale continuando a tessere ciò che rimaneva di quella tradizione politica prima richiamata attraverso l’impegno nella rappresentanza funzionale: non a caso, dopo la sua lunghissima stagione operosa in Confartigianato, continuò il suo impegno nelle file della formazione politica che riteneva meglio di ogni altra interpretasse quella tradizione a cui era rimasto fedele ed operoso interprete, in un mondo mutato, per tutta la vita.

Proprio al mondo artigiano Cesare Fumagalli ha dedicato una parte centrale della propria vita lavorativa. La sua convinzione profonda era che in questo mondo si esprimessero in maniera particolarmente nitida quei valori di operosità, di comunità, di appartenenza politica in cui si era formato. Negli anni in cui è stato alla guida di Confartigianato, il Paese ha attraversato anni difficili, anni in cui l’Italia – e in particolare il tessuto delle piccole e medie imprese – sembrava destinata a un inevitabile declino. Tutta la sua azione è stata dedicata a combattere quella lettura pessimistica e riduttiva, affermando invece il valore essenziale per l’economia e la società del mondo artigiano. La sua eredità motiva anche oggi l’impegno della Confederazione a lavorare affinché l’artigianato e la piccola e media impresa continuino a rappresentare l’anima più viva e vera del modello produttivo e sociale italiano.