Mai come in questo periodo storico famiglie e imprese si stanno interrogando sulla possibilità di una forma alternativa di approvvigionamento energetico rispetto a quelle tradizionali che in questi mesi stanno subendo rincari vertiginosi. Mentre si ragiona, a livello politico di individuare soluzioni nel breve termine che possano attutire gli impatti delle bollette sui bilanci di privati e imprenditori, dal mondo dell’artigianato arriva una prima risposta assolutamente percorribile e praticabile: le comunità energetiche. Alla base di questa soluzione c’è, prima di tutto, uno sforzo culturale che anche Confartigianato sta cercando di portare avanti, ossia «orientare le imprese all’autoproduzione dell’energia in una logica di generazione diffusa sul territorio». Ad approfondire il tema è Bruno Panieri, direttore delle Politiche economiche di Confartigianato Imprese.

Panieri, perché alle imprese conviene orientarsi verso le comunità energetiche?

“Le direttive Ue consentono di creare le comunità energetiche, ossia luoghi nei quali soggetti a vario titolo possono concorrere per dotarsi di uno o più impianti condivisi per la produzione e l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili. Un luogo virtuale nel quale peraltro non tutti i soggetti devono produrre energia. Basta infatti che il sistema di approvvigionamento energetico sia ‘bilanciato’, ossia che produca tanta energia quanta ne viene consumata”.

Dove individua la convenienza?

“L’incentivo previsto dalla norma, ad esempio, è calcolato sul differenziale tra l’energia autoprodotta attraverso le rinnovabili e quella assunta tramite la fornitura tradizionale. Ovviamente la ratio di questo strumento è duplice. Da un lato incentivare le energie rinnovabili, dall’altro sgravare la rete di approvvigionamento da altre fonti da carichi eccessivi”.

Con la sola energia prodotta dalle rinnovabili è possibile garantire l’approvvigionamento di uno stabilimento produttivo?

“Se questa domanda fosse stata posta qualche anno fa, la risposta sarebbe stata del tutto negativa. Oggi, con le rinnovabili e le nuove tecnologie, l’energia prodotta dalle comunità energetiche è in grado di soddisfare la gran parte del fabbisogno anche di un’impresa che consuma molta energia”.

Ci sono prospettive di crescita e di diffusione delle comunità energetiche in Italia?

“La stima è che, entro il 2030, in Italia si arrivi alla creazione di quasi diecimila comunità energetiche lungo tutto lo Stivale. Anche per cercare di ottemperare alle indicazioni europee sulla de-carbonizzazione. Devo dire, comunque, che da parte degli imprenditori specie in questo periodo storico c’è una sensibilità sempre più diffusa su questo tema”.

Il sistema delle comunità energetiche si sposa bene con le esigenze delle imprese artigiane?

“Assolutamente si. E’ la formula che meglio si attaglia al comparto manifatturiero e della produzione perché è ‘distrettualizzato’ nel nostro Paese. Dunque, è un modello vincente sotto tutti i punti di vista”.

Rimane il problema dello stoccaggio dell’energia.

“In questo momento sì, ma non escludo che tra qualche anno anche su questo fronte ricerca, tecnologia e innovazione ci consegnino soluzioni per stoccare l’energia prodotta in quantità superiore al fabbisogno e accantonarla o re-immetterla sul mercato. Così come è possibile che un elemento determinante per l’approvvigionamento energetico futuro sia l’idrogeno”.

Come valuta la soluzione, prospettata da molti, del nucleare?

“In questo momento i costi di produzione del nucleare, in una realtà come la nostra, produrrebbero delle diseconomie. Dal momento, in particolare, che sarebbe una produzione centralizzata. Tuttavia non escludo che tra qualche anno ci possano essere centrali nucleari diffuse, magari anche che servano singoli condomini. Ma, al momento, sono molto più convenienti le rinnovabili”.

Insomma il tema energetico sta diventando sempre più centrale. Tanto che, anche gli enti locali, si stanno muovendo nella direzione di creare comunità energetiche. In questo senso, un esempio significativo è rappresentato dalle azioni intraprese dal Comune di Modena in quale “sottoscriverà una convenzione con l’Agenzia per l’energia e lo sviluppo sostenibile (Aess), il Consorzio attività produttive e Acer sulla base della quale effettuare una ricognizione della situazione attuale e realizzare alcuni studi di fattibilità tecnica per verificare il potenziale di applicazione di nuovi impianti fotovoltaici”. L’obiettivo finale è “verificare la possibilità di costituire Comunità energetiche di cittadini e Comunità di energia rinnovabile, cioè associazioni tra cittadini, pubbliche amministrazioni e anche attività economiche che uniscono le proprie forze per dotarsi di impianti condivisi per la produzione e l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili riducendo i costi”. Sempre rimanendo in tema di comuni, dal fermano arrivano novità interessanti. Un articolo de il Resto del Carlino riporta il caso della giunta che guida Servigliano. “L’amministrazione di Servigliano – si legge nel testo –  ha raccolto 81 manifestazioni di interesse per costituire la Comunità energetica da fonti rinnovabili, nelle prossime settimane sarà avviato il progetto per soddisfare le esigenze dei cittadini aderenti”. La curiosità è che, tra le adesioni, ventidue sono state avanzate da parte di aziende, mentre le restanti sono di privati cittadini. A conferma della ‘trasversalità’ della soluzione comunità energetica. Nel frattempo, anche la ricerca sulle rinnovabili e sulla riduzione dell’impatto ambientale va avanti spedita. Il mondo accademico, in questo caso, ci consegna un interessante primato. E’ di qualche giorno fa, infatti, la notizia che l’Università di Pisa sarà la prima in Europa e nel mondo ad attivare la cattedra dell’Unesco in ‘Sustainable Energy Communities’ che contribuirà alla missione dell’Agenzia delle Nazioni Unite di diffusione di programmi di sviluppo sostenibile attraverso la promozione dell’uso e della produzione di energia sostenibile. L’obiettivo finale dell’insegnamento accademico sarà quello di “definire principi e strumenti tecnici di progettazione per la simulazione e la definizione di comunità energetiche completamente autonome attraverso metodi innovativi per l’integrazione di sistemi elettrici e termici, alimentati solo da fonti rinnovabili prodotte localmente”. Il docente della cattedra Unesco sarà Marco Raugi.

 

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