La ripresa autunnale avviene quest’anno nel segno della massima incertezza per le imprese, legata anzitutto al tema dei costi dell’energia, ormai fuori controllo.  

Posto che è urgente e necessario trovare una soluzione in termini di politiche per non infliggere al nostro pur resiliente sistema delle imprese la seconda terribile mazzata dopo la pandemia, è altrettanto necessario guardare avanti.  

Bisogna ora più che mai impiegare quello strabismo che è proprio della buona rappresentanza: essere attenti alle istanze di oggi ma avere anche un occhio sui cambiamenti, che oggi sono quantomai rapidi e impetuosi. E strutturali. 

 

Gli scossoni della pandemia, della crisi delle materie prime, della globalizzazione e dell’energia e del cambiamento climatico hanno con grande probabilità completamente alterato il contesto competitivo delle imprese, di tutte le imprese. Di norma, queste alterazioni venivano colte e metabolizzate dalle micro e piccole imprese in modo indiretto, come riverberi. Oggi invece del riverbero è arrivato uno tsunami, che cambia completamente la mappa

 

Il tema della sostenibilità sta uscendo dalle preoccupazioni delle avanguardie per diventare oggetto di necessaria attenzione per i decisori pubblici, i consumatori e le imprese. Essere sostenibili non è più una scelta temporanea o un vezzo, è una precisa necessità. Lo richiedono l’ambiente e la coesione sociale, lo richiedono le politiche pubbliche, lo richiedono i consumatori, lo richiedono i partner dell’impresa. La progressiva integrazione degli indicatori ESG di sostenibilità (ambientale, sociale e gestionale, perché il concetto di sostenibilità non è ristretto solo al green) nei rating creditizi di ogni impresa rappresentano un punto di non ritorno. 

Si tratta di un ulteriore peso messo sulle spalle delle PMI in un’epoca di incertezza? È necessario che le politiche pubbliche disegnino percorsi di transizione verso modelli di business completamente sostenibili secondo le diverse dimensioni, accompagnando le imprese con incentivi, tempistiche a loro volta sostenibili e attenzione allo sviluppo delle necessarie competenze. Altresì è opportuno che si guardi a queste trasformazioni anche con positività, come opportunità di business e di riaffermazione del ruolo sociale dell’impresa artigiana diffusa nel nostro Paese, anche recuperando aspetti nativi delle MPI e delle imprese artigiane, messi in ombra nei decenni dalla cultura della crescita esponenziale. 

L’attenzione alla qualità produttiva, alla durata e alla riparabilità dei prodotti sono valori artigiani, che oggi si trovano ad essere centrali per la sostenibilità ambientale, rispolverati dopo decenni di cultura dell’”usa e getta”. Similmente, la simbiosi fra impresa artigiana diffusa e comunità locale rientra pienamente, anzi anticipa, la sostenibilità sociale, che oggi ha affiancato l’attenzione alla sostenibilità ambientale. 

Altri aspetti della sostenibilità rappresentano invece il più delle volte elementi di novità in termini di cultura, di strategia e di processi operativi. Penso ad esempio sul lato ambientale ai temi della circolarità dei prodotti, dell’energia, dei rifiuti, ma anche ai temi della governance e della progressiva richiesta di formalizzazione e certificazione di tutti i processi aziendali. Sono temi spesso del tutto nuovi per una MPI, che richiedono cambiamenti, investimenti e innovazione, anche rilevanti. 

È il versante della transizione sostenibile che incontra il tema della transizione digitale: la tecnologia può e deve sostenere una maggiore sostenibilità del business, accrescendone anche le prospettive. 

 

Le tecnologie 4.0 consentono di gestire produzioni discrete e “on demand”, tagliando sostanzialmente gli sprechi, mentre l’utilizzo pieno delle risorse digitali consentono una più efficace gestione dell’impresa e dei collaboratori, uno snellimento e un allargamento dei mercati, finanche una maggiore proattività nel cogliere le istanze degli stakeholder. Tutti elementi di enorme valore per rendere il business più sostenibile. 

 

Bisogna arrivarci e, ripeto, le PMI e gli artigiani sono tutt’altro che all’anno zero. Per quello che manca servono tempi e modalità sostenibili e percorsi di accompagnamento che investano sulle competenze come fattori abilitanti della creatività che agli artigiani non ha mai fatto difetto.  

 

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