In tutto l’Occidente, la storia urbana del secondo Novecento è stata caratterizzata dalla progressiva separazione tra luoghi di vita e luoghi di produzione, soprattutto manifatturiera. Quest’ultima si andava concentrando in opifici sempre più grandi e inquinanti, per poi abbandonare del tutto l’Occidente in favore di nuove “fabbriche del mondo”, incompatibili con le condizioni di decoro richieste dalla classe media in ascesa.

L’Occidente, e in particolare le sue città, si sono andate dunque sempre più identificando con un’economia basata sui servizi, che davano forma, finanziavano e garantivano i consumi di quanto era prodotto al di fuori di esse. Si identificava addirittura la servitizzazione dell’economia, la sua completa dematerializzazione, con un supposto progresso economico e sociale.

Non erano solo le grandi fabbriche a lasciare le città, dacché anche l’impresa diffusa, fosse essa di indotto alle grandi imprese o di servizio alle funzioni urbane, era spinta da estetica e finanza a spostarsi sempre più al di fuori dei centri urbani, dove gli immobili costavano meno dei pregiati spazi industriali da riconvertire in uffici, dovendo al contempo fronteggiare le sfide della riorganizzazione della distribuzione. Da elemento imprescindibile della città sin dalla notte dei tempi, come evidenziato dalla toponomastica artigiana delle vie dei mestieri, l’artigianato veniva espulso dai centri cittadini.

È al di là degli scopi di questo contributo analizzare in dettaglio le molteplici ragioni che hanno contribuito a decostruire nei fatti questa narrazione, e ci si limiterà a evocare un doppio movimento: da un lato, l’evidenza dell’insostenibilità, ambientale, sociale ed economica, di una divisione del lavoro tra chi produce e chi pensa e consuma, dall’altro, la combinazione di elementi tecnologici e organizzativi che hanno ridotto l’impatto, ambientale e spaziale, della manifattura. Sottoposti quanto non si riteneva possibile alle temperie della sostituzione del lavoro umano con la tecnologia e alle conseguenze della finanziarizzazione dell’economia globalizzata, i servizi hanno smesso di essere fonte di benessere per la stessa classe media, che è tornata a guardare con attenzione alla combinazione di fattibilità economica e di “senso” incarnata da una manifattura “leggera”, basata su piccole produzioni fortemente personalizzate e dal pronunciato valore aggiunto, anche grazie alle opportunità offerte da un utilizzo creativo del digitale. Produzioni che possono, anzi devono, stare in città: beneficiando del patrimonio di competenze e creatività che solo i centri urbani garantiscono e dell’attenzione di un pubblico di consumatori sempre più sensibili anche ai temi della sostenibilità delle produzioni, impensabile senza accorciare drasticamente le filiere.

 

La relazione tra artigiani e città è dunque oggi quella di un amore di ritorno dopo una lunga sbandata per un modello di sviluppo apparentemente più attraente, ma illusorio e di brevissima durata

 

Come ogni ricomposizione tra chi si è voluto bene e si è separato, non è poi neppure così semplice: la deriva della servitizzazione verso modelli di creazione di valore sempre più basati sulla rendita privilegia anche sviluppi urbani, come quelli connessi all’overtourism, che separano nettamente economia e qualità della vita, mentre ripensare una manifattura e un artigianato “di ritorno” richiedono competenze tecniche e di business che devono essere organizzate e messe al servizio di un progetto di economia paziente.

 

I contributi che seguono, a cura di realtà molto diverse, accomunate dall’interesse, pratico, politico e scientifico per lo sviluppo urbano sostenibile, raccontano di un panorama intellettualmente e progettualmente vivace, base necessaria per risultati concreti e duraturi

 

Nel Secolo delle città, solo il lavoro, e in particolare il lavoro artigiano, può garantire un armonioso governo delle complessità. Questo significa innanzitutto combattere l’esclusione economica e sociale, affinché le città possano continuare a essere, nel migliore dei modi, ‘il luogo in cui accadono le cose’.

© 2024 Spirito Artigiano. Tutti i diritti riservati.