Spotify, Deezer, SoundCloud, 8Tracks, Vimeo: sono alcuni dei principali siti dai quali ascoltare musica anche con il proprio smartphone e un paio di cuffie o i-pod. Non solo questi strumenti hanno sostituito mangiadischi e juke-box, ma anche gli stessi strumenti musicali perché è sufficiente dotarsi di un programma informatico per produrre la musica e non solo ascoltarla.

Lo stesso potrebbe dirsi per il trasferimento dentro un piccolo computer di una partita di calcio o di tennis che un tempo era possibile giocare solo in un campo sportivo, mentre oggi lo si può fare ormai comodamente seduti attraverso schermi, visori tridimensionali e joystick che si sostituiscono ad una palla e una racchetta.

Fruizione e produzione di musica, così come le attività ludiche digitali, sono solo due dei numerosissimi cambiamenti cui si assiste nella società contemporanea e che vengono riconosciuti come segno dello scorrere del tempo.

 

I cambiamenti connessi ai generazionali

Non si può parlare di cambiamento della società, in effetti, senza riferirsi al succedersi delle generazioni, categoria utilizzata dalle scienze sociali per identificare quell’insieme di persone che condividono lo stesso periodo di tempo nel quale vivono e che sono esposte agli stessi eventi che lo caratterizzano. Una generazione raggruppa, cioè, tutti quegli individui segnati dagli stessi eventi, che, quindi condivide un comune sistema di valori che ne guida le azioni e la visione del futuro.

Se le persone che sono riferite ad una generazione possono pure dirsi simili per questi aspetti, l’affacciarsi di una generazione successiva costituita dai loro figli presuppone l’affermarsi di nuovi bisogni e, quindi, di nuove modalità per soddisfarli che orienteranno i loro comportamenti diversamente da quanto appreso dalle generazioni precedenti.

Quello del cambiamento, pertanto, rappresenta uno dei concetti allo stesso tempo più essenziali e impegnativi nell’osservazione della società. Quest’ultima, innegabilmente, ha nel cambiamento il suo stato naturale, se si pensa che per registrare una trasformazione di bisogni o di modalità per soddisfarli non c’è certo bisogno dell’avvento di una nuova generazione: il progresso tecnologico o le modifiche del contesto sociale, fossero solo quelle ambientali, generano sempre qualche forma di modificazione alla condizione precedente. Ma se si pensa anche a tutte le forme che il cambiamento assume per arrivare ad una sua definizione ci si può riferire al tempo in cui queste avvengono (nella storia, per la loro durata), allo spazio che interessano (fisico o virtuale, locale o globale) alle loro cause (umane e non) ed anche ai loro effetti (di breve, medio o lungo termine).

Insomma, per chi è familiare con studi e analisi sociologiche il cambiamento rappresenta un oggetto costantemente sotto osservazione che, di recente, però, ha acquisito una inedita centralità, riflessa nelle grandi trasformazioni cui stiamo assistendo. Si tratta di cambiamenti radicali come quelli indotti dalla digitalizzazione, irreversibili come quelli prodotti sull’ambiente, in atto e non prevedibili come le transizioni ecologiche e sociali.

L’estrema variabilità di queste forme di cambiamento richiede, dunque, chiavi di lettura più consolidate quali possono essere appunto le generazioni che segnano il passaggio nel tempo degli eventi che influiscono su chi li ha vissuti, determinando il mantenimento di caratteristiche proprie di quel momento storico, culturale e sociale. Ciò può essere evidente solo a posteriori, cioè quando l’influenza sulla società è terminata e, inoltre, induce una sorta di forma di conflitto con la generazione precedente, qualità che contribuisce a caratterizzarla.

 

Le generazioni Maturist, Baby boomers, X, Y

Una delle rappresentazioni di sintesi più efficaci di queste trasformazioni intergenerazionali è costituita dalle note Generation Chart, autentici quadri comparativi fra tutte le generazioni ad oggi viventi, delineate per alcuni dei tratti che più le distinguono dalle generazioni precedenti e successive: attitudini, mode, mezzi per comunicare. E così, passare dalla generazione dei Maturist (nati prima del 1945) (slide 19) a quella dei baby boomers (i nati fra il 1945 e il 1960), fino a quelle successive degli X (i nati fra il 1961 e il 1980) e degli Y (i nati fra il 1980 e il 1995) consente di fare un viaggio fra le più significative trasformazioni raffigurandole attraverso chi le ha vissute e, molto spesso, anche indotte.

Il “cambiamento del cambiamento” cui si è fatto cenno, però, non poteva non riguardare anche le generazioni, le quali si sono trasformate dentro una società che cambiava. Si pensi, ad esempio, come si sia trasformato il passaggio alla vita adulta, una fase da sempre decisiva nella storia delle organizzazioni umane perché registrava quasi l’effettiva entrata di un individui nella società. Ne sia prova il mancato riconoscimento giuridico, economico e anche civile di bambini e adolescenti come raffigurato nelle opere artistiche classiche nelle quali i soggetti in quella fase della vita venivano rappresentati spesso con fattezze adulte.

Fino a qualche decennio fa, si diveniva adulti con il conseguimento di almeno cinque obiettivi, ossia il completamento degli studi, l’acquisizione di un posto di lavoro stabile, il raggiungimento dell’indipendenza lavorativa, l’aver contratto matrimonio e aver generato figli.

Sia da soli che integrati agli altri, questi obiettivi si sono progressivamente dissociati dall’acquisizione della condizione adulta. Molte di queste e simili tappe si sono anticipate o posticipate nel ciclo di vita – fra tutte, il trovare lavoro, lo stabilirsi in una vita di coppia e il generare figli – perché è aumentata la libertà di scelta fra le varie opzioni di vita presso le generazioni più giovani che si sono svincolate dall’autorità dell’esperienza dei “più maturi”. Più che associate alla naturale età anagrafica, le modalità di vita adulta godono di un riconoscimento culturale, dato dalla società e sempre più condizionato dall’incidenza di altri fattori, ad esempio il genere.

Certamente, il contesto culturale resta significativo per registrare il cambiamento sia perché favorisce le trasformazioni incarnate dai gruppi sociali più rappresentativi, sia perché è plasmato dalle novità portate da bisogni, attitudini, comportamenti.

 

La generazione Z

La lettura del cambiamento della società contemporanea attraverso la lente di una delle ultime generazioni, quella Z (i nati fra il 1995 e il 2010) ne è un esempio. Nati in un contesto culturale dominato dalla condizione di crisi (economica, politica, ambientale, culturale), ma anche dall’evoluzione tecnologica, sono coloro che aprono il Nuovo Millennio con un numero complessivo inferiore a chi era nato nei decenni immediatamente precedenti, preannunciando l’inverno demografico.

Nel mondo che trovano la parità di genere è legge, gli strumenti tecnologici sono ormai digitali, le barriere spaziali e temporali abbattute. I loro media preferiti sono a base di immagini Snapchat, Samsung Gear VR e comunicano attraverso immagini e video di cui sempre più spesso cono originali creatori. Non è strano, quindi, che per loro tecnologia potrà contribuire a costruire un domani migliore, specie se limiterà i danni all’ecosistema prodotti dalle generazioni precedenti e abolirà differenze di cui non conoscono la motivazione (genere. disabilità ecc.). Valori come la giustizia intergenerazionale, la sostenibilità, la qualità della vita e la libera scelta della propria identità – essendo ormai divenuta fluida, secondo noti studiosi – rappresentano i valor di riferimento che rendono le tradizionali interpretazioni ormai inservibili.

 

Interpretare il cambiamento. La prevalenza della generazione G

Piuttosto che categorie e concetti, una visione del cambiamento per leggerlo nella società contemporanea potrebbe essere più efficace alla sua interpretazione. Prendendo spunto proprio dai valori dominanti del superamento delle categorie e delle classificazioni, la visione intersezionale potrebbe consentire di guardare ad ogni individuo a partire dall’interazione fra tutti i fattori che di volta in volta caratterizzano la sua identità: genere, classe, sessualità, “razza”, background culturale, età, disabilità ecc. Oggi, infatti, non è possibile guardare all’età di un individuo senza considerare il suo genere, l’etnia, la classe, il livello di istruzione, il capitale sociale.

In ogni persona o gruppo sociale, pertanto, si potranno riconoscere i tratti dominanti, ma anche come questi si costruiscono integrandosi con gli altri e così spiegando realmente come è la società, come si generano i vari fenomeni (violenza, razzismo, sessismo ecc.).

Dal momento che ogni fenomeno sociale è collegato al contesto culturale in cui avviene, grande rilevanza hanno il tempo e lo spazio in cui avvengono, le specificità del territorio, l’unicità delle esperienze. La visione intersezionale può consentire di guardare meglio questa realtà, quella più reale e magari scoprire che nel frattempo le generazioni stesse sono cambiate e, indipendentemente dall’età e grazie al peso che anche gli altri fattori esercitano, a prevalere oggi sono gruppi e individui della Generazione C: quella, cioè, di chi è connesso alla rete attraverso un device personale e che si può utilizzare senza più digit. La gran parte di chi vive sul pianeta in questo terzo decennio del Terzo Millennio, senza trascurare tutta la ricchezza della diversità dei territori.

 

Alcune letture per approfondire

  • Noi siamo tempesta – 2019, Salani editor. Di Michela Murgia
  • Iperconnessi. Perché i ragazzi oggi crescono meno ribelli, più tolleranti, meno felici e del tutto impreparati a diventare adulti – 2018. Einaudi.
    Di Jean M. Twenge
  • Non è un paese per giovani. L’anomalia italiana: una generazione senza voce – 2009. Marsilio. Di Elisabetta Ambrosi, Alessandro Rosina