Le borse europee festeggiano il rientro del picco di inflazione e scommettono su una svolta definitiva rispetto al ciclo di rialzo dei tassi da parte della BCE e della FED, mentre i titoli di Stato italiani chiudono lo spread con la Spagna, e le banche guidano il riscatto dei mercati finanziari. Ma alle famiglie ed alle imprese questo diffuso ottimismo ancora non trova pieno riscontro anzi.

Guardando in particolare alle famiglie ed alle piccole e medie imprese la correlazione tra scarse conoscenze finanziarie , che caratterizza il nostro Paese, ed un quadro economico ad alta inflazione che lascia in eredità un contesto di elevati rialzi dei tassi di interesse, almeno ancora per un semestre in Europa, evidenzia una fragilità finanziaria che peggiora le situazioni di povertà assoluta e che vede scendere mensilmente dalla scorsa estate la fiducia di imprenditori e risparmiatori.

 

“Il 68,8% delle donne si dichiara economicamente indipendente, a fronte di un 31,2% che dipende da partner o altro familiare”

 

Abbiamo voluto quindi fare un’analisi sull’indipendenza economica delle donne in Italia che nasce dalla collaborazione tra Global Thinking Foundation e la testata giornalistica Roba da Donne su 1396 donne italiane nel periodo settembre-novembre. Tra i dati più significativi rileviamo il fatto che il 68,8% delle donne intervistate si dichiara economicamente indipendente, a fronte di un 31,2% che dipende da partner o altro familiare. Tutto ciò è incoraggiante, tuttavia è proprio sul quel 30% di donne che rischia l’esclusione sociale e finanziaria che occorre ragionare ricordando che in Italia solo il 55% delle donne lavora (rispetto a una media europea che supera il 70%).

Resta sempre il nodo della gestione dei redditi da lavoro su un conto corrente personale che connota particolarmente le nostre lavoratrici e imprenditrici. Infatti dalla ricerca solo il 58% ha un conto corrente intestato personale. Il 12,9% ne ha solo uno co-intestato con il partner o altro familiare, e il 4,8 non ne ha uno, neppure cointestato. Quindi il 17,7% non ha un conto corrente personale che, rispetto al dato Episteme del 2017 ripreso dal CNEL nel 2019 del 37%, fa capire come dopo il Covid le cose siano migliorate e mediamente ci si possa attestare su un dato inferiore al 25%.

Ma non basta l’aspetto dell’autonomia gestionale finanziaria perché il 56,5% non ha un piano di accumulo o investimenti attivo e il 49,6% non ha un’assicurazione intestata (sanitaria, infortuni, etc), anche se sa cosa sono.Il 54,4 % non ha un consulente finanziario di riferimento. Quest’ultimo dato evidenzia la sfiducia negli istituti e nei consulenti. Di questa percentuale, oltre la metà ritiene di non averne bisogno, e circa il 10% del totale non ha conti o risparmi da investire.

 

“Offrire alle donne un maggiore accesso e libertà d’azione sulle loro risorse finanziarie, aiuterà a costruire le basi per un’economia più resiliente ed equa”

 

La vecchia concezione che le donne non parlano di soldi o che sono avverse al rischio nasconde solo una mancanza di attenzione e servizio dedicato alla parte più lungimirante della famiglia, che ben si integra in una gestione complessiva familiare tesa alla sostenibilità economica della stessa. Offrire alle donne un maggiore accesso e libertà d’azione sulle loro risorse finanziarie, aiuterà a costruire le basi per un’economia più resiliente ed equa. La scarsa partecipazione lavorativa e sociale che incentiva le situazioni di isolamento delle donne e la loro esposizione a forme di violenza insidiose come quella economica e psicologica contro le Donne, si combatte anche con l’indipendenza economica ed una piena autodeterminazione.

Per togliere poi ogni dubbio sull’affrontare gli altri gender gap presenti nel mondo lavorativo italiano da quello salariale, a quello di opportunità di carriera sino a quello pensionistico il 92,12% delle rilevazioni vede le Donne chiarire che NON è compito dell’uomo mantenere la famiglia ed il 91,11% ritiene sbagliato che sia la donna a rinunciare al lavoro per i figli in caso di necessità. Il 94,4% è poi  convinta che il percorso lavorativo sia più facile per gli uomini e il 91,18% ritiene che, a parità di ruolo, gli uomini guadagnino di più delle donne.

Non si tratta solo di constatare quindi maggiore consapevolezza delle donne rispetto al tema del gender gap, e  verso le istanze di parità di genere. Ma si va oltre perché il  91,11% delle persone non trovano normale che sia la donna a rinunciare al lavoro o ridurlo, per dedicarsi a ruoli di cura. Questo dato dimostra quindi l’esistenza di una  violenza economica diffusa subita dalle donne già durante la pandemia, a conti fatti dei posti di lavoro femminili persi,  e quanto la scelta di abbandonare il lavoro (od optare per contratti part-time) non sia autonoma ne’ libera, né presa con serenità!

Per questo credo fermamente che l’alfabetizzazione finanziaria sia uno strumento di emancipazione utile a migliorare l’inclusione sociale e lavorativa delle persone, donne in primis. Dobbiamo ritrovare un senso di conciliazione nazionale su una cultura di rispetto per le Donne e le Ragazze e delle loro libertà di autodeterminarsi per vedere quelle stesse Donne, che son quelle che si laureano con i voti migliori ed in tempi più brevi, raccogliere il frutto della loro dedizione nel mondo del lavoro, come nella società.

Prendersi cura dei lavoratori e lavoratrici con sistemi di welfare innovativi, vuol dire agire  un sistema di welfare aziendale che sappia leggere la realtà sociale mettendosi all’ascolto dei bisogni anche nel coltivare talenti senza discriminazioni. In questi tempi di innovazione digitale abbiamo la possibilità poi di far  star insieme impatto sociale e profitto attraverso una sostenibilità trasformativa agita con convinzione evitando qualsiasi tipo di washing, green o pink, che ci fa perdere tempo e spinta nello sviluppo nonché il focus su una gestione d’impresa sostenibile e di talenti d’impresa, che nonostante il permanere dei gap di competenze son la nostra risorsa di crescita economica migliore e quindi meritano investimenti mirati in percorsi professionali, che non ne tralascino la piena autodeterminazione economica.

Foto di Vlada Karpovich