L’inflazione si definisce come “l’aumento progressivo del livello medio generale dei prezzi (Treccani)” che ha come conseguenza a sua volta la diminuzione progressiva del potere di acquisto della moneta. Infatti, l’andamento dei costi delle materie prime, che sono alla base del ciclo di produzione, viene normalmente trasferito in tutto o in parte sui prezzi finali dei beni prodotti, con la perdita di potere di acquisto da parte delle famiglie.

Il tasso di inflazione non è altro che la variazione percentuale dei prezzi al consumo di un anno rispetto all’anno preso a riferimento.

Per calcolarlo si sottrae dall’indice dei prezzi al consumo dell’anno in esame quello relativo all’anno di riferimento, e si divide il tutto per l’indice dei prezzi al consumo dell’anno base, moltiplicando poi il risultato per 100. L’inflazione è dunque rappresentata da un indice composito, quello della variazione dei prezzi, ricavato dalla somma di innumerevoli transazioni messe in atto nel sistema economico di riferimento.

L’inflazione è una cifra composita, un indice, che viene messa insieme da innumerevoli transazioni in tutta l’economia. È solo quando si inizia a disaggregare l’indice che si vede cosa sta realmente accadendo. L’aumento dell’inflazione di per sé non provoca una recessione.

Economisti, analisti, operatori economici e opinionisti discutono da oltre un anno e mezzo sulle cause della nuova ondata inflazionistica che sta investendo il mondo. La discussione non è puramente accademica o legata alla polemica politica, perché riguarda le cause, le misure e gli strumenti da utilizzare per cercare di domare l’inflazione.

 Anche i Governatori delle Banche centrali, che nell’ultimo anno hanno aumentato i tassi di interesse in maniera serrata, in un tentativo di rincorsa dell’inflazione, sanno che il problema che stiamo affrontando non è il surriscaldamento delle economie, ma è dovuto in maniera preponderante alle onde provocate dagli shock dell’aumento dei prezzi di energia, materie prime e cibo, e delle interruzioni delle supply chains dovute ai lock down della pandemia. Rendere più costosi i prestiti in maniera così rapida e rilevante, rischia però di danneggiare le economie, frenando i consumi e gli investimenti, e quindi la creazione di salari e posti di lavoro e causando il fallimento di alcune aziende (soprattutto quelle più indebitate e a bassa produttività).

Inoltre, tassi di interesse più alti obbligano i Governi a mettere in atto politiche di austerità, poiché il loro debito diventa più costoso da servire e da ripagare. L’aumento del tasso di interesse costituisce quindi uno strumento contundente che non prende di mira i fattori trainanti dell’inflazione attuale ma mira a controllarla con l’effetto indiretto del raffreddamento della domanda aggregata.

Dunque, l’aumento dei prezzi delle materie prime è una delle cause determinanti dell’inflazione con forti ripercussioni su tutto il sistema economico.

Per avere un’idea dell’andamento dei prezzi delle materie prime negli ultimi anni possiamo ricorrere efficacemente ad una rappresentazione grafica. L’immagine seguente rappresenta il grafico dell’indice RJ/CRB (Reuters/Jeffries CRB Index), elaborato dall’Agenzia Reuters, che sintetizza l’andamento dei prezzi delle materie prime calcolato come media ponderata di un paniere di 27 materie prime.

L’osservazione visiva ci dimostra come ci sia stata una fase con un andamento orizzontale tra il 2010 e il 2014, un forte ribasso tra il 2014 ed il 2015, una fase orizzontale tra il 2016 e il 2019. È quindi immediatamente evidente il crollo del 2020 dovuto al blocco dell’economia mondiale dovuto alla pandemia e la rapida ripresa interrotta a metà del 2022 ad un livello di prezzi inferiore ai massimi del 2011, anche se la percezione degli aumenti è più forte attualmente per via di un peggioramento generale delle condizioni economiche. Dato l’aumento vertiginoso dei prezzi dell’energia che abbiamo vissuto a partire dalla scorsa estate, è interessante andare a visualizzare i grafici delle principali materie prime che sono utilizzate per la produzione di energia elettrica: petrolio e gas naturale.

Possiamo quindi notare come il grafico del petrolio sia molto simile al grafico dell’indice CRB (nel quale ha infatti un peso prevalente), mentre osservando il grafico del gas naturale possiamo notare come il prezzo sia oggi più basso rispetto all’inizio del conflitto dell’Ucraina, effetto che non si è ancora riflesso sulle nostre bollette.

Possiamo facilmente intuire come la disponibilità di materie prime in un’economia completamente ferma abbia provocato nel 2022 il crollo dei prezzi, e come la graduale ripresa dell’economia in un sistema logistico fortemente rallentato dai blocchi pandemici delle miniere e delle fabbriche e dai controlli alle frontiere, abbia avuto come conseguenza un forte rialzo dei prezzi.

Un altro fattore responsabile dei fenomeni inflattivi è l’aumento dell’offerta di moneta non commisurato all’aumento dei beni e servizi prodotti dal sistema economico. Quando la quantità di moneta in circolazione è superiore all’offerta di beni disponibili si genera un aumento dei prezzi dei beni stessi, per effetto del meccanismo domanda/offerta.

Dal punto di vista economico anche il denaro è un fattore di produzione come gli altri, e come tale ha un prezzo che viene denominato “costo del denaro”. Per definizione il costo del denaro è rappresentato dal tasso di interesse che la Banca Centrale, che governa la moneta, fissa per i prestiti interbancari.

Osserviamo in figura 4 l’andamento grafico del Fed Funds Rate della Banca centrale americana (tasso di interesse applicato sui prestiti a un giorno (overnight) che le banche USA applicano tra loro allo scopo di colmare eventuali carenze nei fondi di riserva) e quindi in figura 5 il grafico del tasso Euribor (Tasso d’interesse, applicato ai prestiti interbancari in euro non garantiti, calcolato giornalmente come media semplice delle quotazioni rilevate su un campione di banche con elevato merito di credito selezionato periodicamente dalla European Banking Federation).

Possiamo quindi osservare come tra il 2009 e il 2022 il costo del denaro sia stato eccezionalmente basso per un periodo eccezionalmente lungo, come risposta alla grave crisi finanziaria del 2007/2009 (crisi Lehman) e in Europa anche della crisi del 2011 (crisi dei debiti sovrani)

La grande disponibilità di denaro messa in campo dalle principali Banche Centrali occidentali e non solo, a partire dal 2008 sommata ad una carenza di prodotti dovuta alle difficoltà del sistema logistico di produzione e distribuzione di materie prime e prodotti, abbia provocato l’esplosione di prezzi a cui abbiamo assistito.

La teoria economica ci aiuta a spiegare perché ci troviamo in questa situazione.

Un ciclo economico, come si vede, è caratterizzato da fasi di espansione, seguite da fasi di rallentamento, quindi di contrazione e infine di ripresa. L’indicatore utilizzato per misurare l’andamento dell’economia è il PIL, Prodotto Interno Lordo che misura il valore, ai prezzi di mercato di tutti i beni e servizi finali prodotti sul territorio di un Paese, in un dato periodo temporale. L’andamento del PIL è collegato ai mercati finanziari, e la funzione dei mercati è quella di anticipare le tendenze del ciclo economico, sia pur con errori e distorsioni.

L’analisi più efficiente è quella cosiddetta intermarket, cioè che mette in relazione mercati azionari, mercati obbligazionari, mercati delle materie prime e cambi valutari. Ad esempio, il dollaro USA, utilizzato per l’acquisto della maggior parte delle materie prime, in caso di suo deprezzamento porta i produttori di materie prime ad aumentare i prezzi per compensare la perdita del valore del dollaro e viceversa. Dollaro e materie prime tendono quindi a muoversi in direzioni opposte. Un aumento dei prezzi delle materie prime porta un aumento dell’inflazione, che la Banca Centrale cercherà di contenere alzando il costo del denaro e quindi alzando i rendimenti di obbligazioni e titoli di Stato, cosa che porterà tendenzialmente ad un aumento del dollaro, che avrà a sua volta come riflesso una tendenziale diminuzione del prezzo delle materie prime.

Quindi seguendo l’andamento dei mercati finanziari è possibile capire a che punto del ciclo economico ci si trovi e ipotizzare l’andamento tendenziale delle materie prime nel periodo immediatamente prossimo.

Poiché l’imprenditore per definizione ha bisogno di ridurre i fattori d’incertezza nella sua attività, in primis la variabilità dei prezzi delle materie prime, sin dalla prima metà dell’Ottocento sono nate le Borse delle materie prime, nate dalla necessità specifica degli imprenditori di regolamentare e dare garanzie sui contratti bilaterali “forward” di consegna merci ad una data scadenza ad un prezzo pattuito.  

Mentre nei mercati fisici le merci vengono negoziate per pronta consegna (mercati cash) e tali mercati sono accessibili solo dagli operatori del settore, nei mercati finanziari le merci sono contrattate, tramite strumenti finanziari, a scadenza più o meno prossima e in maniera standardizzata. A tali mercati accedono sia operatori del settore che investitori professionali e non. Il ruolo degli investitori è fondamentale per mantenere “liquido” il mercato, ossia facilmente vendibile o acquistabile.

 

Non tutte le materie prime sono negoziabili sotto forma di strumenti finanziari:

  • Alcune materie prime sono negoziabili solo sui mercati fisici
  • Alcune materie prime sono scambiabili anche sui mercati finanziari ma l’operatività è riservata agli operatori del settore (es. metalli industriali)

Le materie prime (in gergo finanziario commodities) vengono negoziate sui mercati finanziari tramite contratti standardizzati denominati “future” o “opzioni”. Si tratta di due tipi di contratti differenti.  Questi contratti oltre a fissare al momento della contrattazione il prezzo di una merce che verrà consegnata in una data futura, presentano una serie di caratteristiche standard che definiscono in qualità e quantità la merce oggetto del contratto.

Negli ultimi decenni i volumi delle materie prime scambiati sui mercati finanziari sono aumentati enormemente, tanto è vero che si calcola che, ad esempio per il petrolio, la materia più scambiata in assoluto, a fronte di 1 barile scambiato fisicamente ci siano 10 barili scambiati “sulla carta” con effetti sul prezzo che possono diventare pesanti. Un evento che abbiamo potuto constatare con la speculazione verificatasi sul mercato di Amsterdam del gas la scorsa estate, che ha portato in poche settimane a triplicare i prezzi del “gas finanziario”, con forti ripercussioni reali sulle nostre bollette.

Tornando al nostro discorso e senza entrare nei particolari, immaginiamo ad esempio che una il titolare di un’azienda cartaria decida di acquistare uno stock di carta oggi con consegna settembre 2023.

A copertura dell’operazione l’imprenditore potrà acquistare una opzione sulla carta con scadenza settembre 2023 ad un determinato prezzo.

Alla data di consegna il prezzo di mercato dello stock di carta reale può essere uguale, più basso o più alto di quello fissato nel contratto a termine.

Lo strumento finanziario può prevedere alla scadenza sia la consegna obbligatoria del bene fisico oppure solo il diritto alla consegna.

Qualora abbia optato per il diritto di ottenere alla scadenza il bene al prezzo prefissato l’imprenditore si troverà nelle seguenti condizioni:

  • Il prezzo del bene è più basso di quello fissato nel contratto a termine: in questo caso l’imprenditore può rinunciare al premio pagato, “abbandonando” il contratto, ma compensando la perdita con il risparmio ottenuto con l’acquisto del bene reale a prezzo inferiore
  • Il prezzo del bene è più alto di quello fissato nel contratto a termine: in questo caso l’imprenditore potrà esercitare il diritto ad acquistare il bene al prezzo prefissato. Compensando il costo del contratto future con il risparmio ottenuto rispetto al reale prezzo di mercato.

L’operatività sui mercati finanziari è complessa, anche perché ogni materia prima negoziata ha le sue peculiarità anche in fatto di stagionalità e dunque presenta molti rischi.

Rimane comunque il fatto che, in linea generale anche attraverso l’ausilio di ‘competenze’ esperte e fidate, la attenta osservazione del mercato dei future e delle opzioni sulle materie prime può offrire indicazioni utili per le scelte aziendali. Per questa via una attenta, leale, preparata e scrupolosa ricerca di ‘informazioni’ su questo settore potrebbe migliorare talune strategie aziendali. È del tutto evidente che ciò comporta un bisogno di elevare l’educazione finanziaria dei piccoli e medi imprenditori, che costituiscono il tessuto essenziale dell’economia del Paese.