La parola crisi significa, etimologicamente, scelta o decisione. È un termine che contiene già una sua soluzione interna, così come una risposta è la conseguenza di una domanda, una reazione a una azione etc… la crisi è dinamica, non statica, prevede lo scatto in avanti per uscire da una situazione di stallo, di fragilità, di confusione.

Per questo motivo quando si parla di crisi bisogna coglierne l’aspetto positivo; non bisogna soffermarsi su ciò che magari si è perso ma riflettere sulle opportunità da cogliere.

Nel mondo artigianale, e in special modo sartoriale, di crisi ne abbiamo viste tante. Talvolta, come negli anni ’80, la sartoria sembrava sarebbe scomparsa sotto il peso della moda e delle grandi griffe, simbolo di un mondo edonistico, superficiale. Invece…

Di recente abbiamo vissuto una crisi sanitaria molto seria, che ha messo a rischio la vita di molti e l’economia di interi paesi. Invece… qualcosa è avvenuto. È successo che le persone rivalutassero i propri stili di vita, ripensassero cum gramo salis i propri consumi. Così, la qualità è tornata ad essere al centro della scelta.  Ma non solo, il consumatore/cliente ha deciso che non vuole solo comprare una cosa ben fatta ma fatta per lui. Si è tornati indietro di qualche decennio, quando il committente esigeva qualcosa di davvero esclusivo, non fatto in serie. Qualcosa su misura.

 

Il consumatore/cliente ha deciso che non vuole solo comprare una cosa ben fatta ma fatta per lui. Si è tornati indietro di qualche decennio, quando il committente esigeva qualcosa di davvero esclusivo, non fatto in serie. Qualcosa su misura

 

Così la sartoria è tornata nuovamente ad essere richiesta. La scuola italiana, soprattutto, è tornata ad essere punto di riferimento a livello mondiale, per le materia prime a disposizione, per la capacità manuale dei nostri artigiani, per il nostro stile.

La domanda di sarti italiani è cresciuta. Anche perché è cresciuto il numero di potenziali clienti. Vivendo in piena globalizzazione, oggi il sarto non è più l’artigiano recluso in bottega, ma deve essere un imprenditore a tutto tondo che oltre alla parte manuale sappia anche gestire una azienda, conoscere le lingue, viaggiare in ogni angolo del mondo e organizzarsi il lavoro in modo molto più complesso di una volta.

Quindi non servono solo giovani sarti ma anche veri e propri professionisti, al passo con i tempi.
Purtroppo, questa enorme richiesta non trova piena soddisfazione nel mercato del lavoro. È vero che i giovani avvicinatisi a questo mestiere sono in aumento ma non abbastanza. La manodopera qualificata è sempre carente. Manca la formazione.

Come Presidente dell’Accademia Nazionale dei Sartori, la più antica associazione del settore, nata nel 1575, ho sempre avuto come obiettivo la crescita dei giovani sarti del futuro. Per questo, nella nostra scuola, non offriamo solo gli strumenti per essere un buon artigiano. Ma abbiamo integrato i nostri corsi con lezioni sulla storia del costume, sull’ecosostenibilità nella moda, sulla materia prima, sulla gestione di una sartoria, etc…

 

Ogni ragazzo che esce dalle nostre aule trova immediatamente lavoro; spesso durante gli stessi corsi

 

E ogni ragazzo che esce dalle nostre aule trova immediatamente lavoro; spesso durante gli stessi corsi.

L’esperienza dell’Accademia dovrebbe, a mio avviso, essere presa ad esempio, anche per il forte legame che c’è tra formazione e lavoro, che devono funzionare quasi in parallelo.

Perché oggi si inizia ad essere artigiani non più a 13/14 anni come una volta, ma molto più tardi. Questo non è del tutto un problema, come alcuni miei colleghi continuano a sostenere. Perché oggi abbiamo a disposizione ragazzi molto più agili mentalmente, preparati, in grado di pensare e di mettersi in relazione con il mondo in pochi secondi, grazie ai vari strumenti tecnologici, che possono essere di aiuto, se ben utilizzati.

Il mestiere del sarto, in sintesi, è profondamente mutato, si è arricchito di nuovi significati. Alla base rimane naturalmente la fase artigianale ma senza quella manageriale oggi si rimane fermi.

Tornando all’inizio, le opportunità da cogliere sono tante, ma bisogna agire in fretta: mondo dell’istruzione e del lavoro, delle associazioni di settore e delle istituzioni devono pensare immediatamente a come collaborare per dare una risposta forte e unica al mercato globale. Per far sì che la sartoria italiana sia sempre di più il punto di riferimento mondiale, la scuola di tutte le scuole.

Foto di cottonbro studio