
L’Europa tra responsabilità, mercati e intelligenza collettiva
Cernobbio torna ogni anno come spartito riconoscibile; eppure, mai uguale a sé stesso. Anche nell’edizione 2025 i temi hanno gorgogliato, si sono intrecciati, si sono arrampicati tra le pareti della geopolitica e quelle dell’economia reale. La melodia di fondo è stata ottimista: i mercati respirano ancora di abbondante liquidità, la tecnologia accelera come un’orchestra senza direttore. Ma attorno, i tamburi della geopolitica — Medio Oriente, Est Europa — hanno picchiato con forza, ricordando che l’Europa non può restare spettatrice, chiamata com’è a scelte di responsabilità.
Stati Uniti: il Medio Oriente sopra ogni cosa
L’intonazione più forte, dagli americani, non è arrivata sull’Ucraina ma sul Medio Oriente. Sei senatori, voci diverse dello stesso spartito, hanno ribadito che la priorità di Washington è oggi lì: la questione israelo-palestinese, Hezbollah da disarmare, Siria e Turchia sullo sfondo, e l’Iran con il suo eterno dossier nucleare.
L’Europa, per contro, si trova spinta a occuparsi in prima persona della guerra russo-ucraina: un cambio di partitura che ne misura la maturità.
Sul fronte economico, invece, la fiducia americana vibra: +1,9% di crescita attesa per il 2025, che qualcuno spinge fino a un possibile +4% se l’innovazione continuerà a rimbalzare con questo ritmo. Ma l’entusiasmo non copre le dissonanze: conglomerati sempre più giganteschi che rischiano di soffocare l’antitrust, pressioni politiche sulla Federal Reserve che ne minacciano l’autonomia. L’armonia resta fragile.
Europa: tra lentezze e valori
Per l’Europa, la parola che rimbomba è “unanimity”: principio nobile ma oggi zavorra. La governance comunitaria sembra impigliata in se stessa. La Spagna e il Portogallo hanno proposto riforme graduali, piccoli passi per liberare l’agire comune. Intanto, il sondaggio a Cernobbio è stato impietoso: solo il 25% dei presenti giudica positiva l’azione europea dell’ultimo anno.
Il bivio è chiaro: o ritrovare la credibilità dei giorni della pandemia, o restare ai margini delle grandi decisioni globali.
Ma il vero richiamo, quasi corale, è valoriale: l’Europa come campione di pace, diritti e accordi al posto degli scontri. Una leadership che non si misura solo in PIL o spread, ma in capacità di dare voce unitaria e di non arretrare nel gioco dei giganti.
Italia: un salto che non basta
Per l’Italia, Cernobbio ha regalato un segnale positivo: tre posizioni guadagnate nel Global Attractiveness Index. Dal 19º al 16º posto, un passo che racconta stabilità politica e una certa fiducia nei conti pubblici.
Eppure, dietro questo balzo, resta la ferita del capitale umano. Penultima in Europa per povertà educativa, con laureati fermi al 31% e divari territoriali che gridano. Il Nord-ovest vola, il Sud resta in coda. Senza un piano forte su istruzione e formazione, l’attrattività rischia di essere un fuoco di paglia.
Intelligenza artificiale e intelligenza collettiva
Un altro tema, forse il più visionario: il rapporto tra IA e cervello umano. I dati ci dicono che la macchina è più rapida. Ma la selezione, l’intuizione, il capitale sociale che nasce dall’incontro — quello resta prerogativa umana. È lì che si gioca la vera partita.
A Cernobbio si è parlato di “intelligenza artigiana”: la capacità di combinare conoscenze, solidarietà, cooperazione. Non una sfida uomo contro macchina, ma una nuova orchestrazione in cui tecnologia e comunità suonano insieme.
Dall’analisi all’azione
Alla fine, l’impressione è che il Forum Ambrosetti 2025 ci inviti a un equilibrio nuovo. L’ottimismo dei mercati e i progressi italiani non cancellano le incertezze geopolitiche, educative, istituzionali.
L’Europa deve uscire dall’ambiguità, non solo reagire agli eventi ma governarli. Servono visione, responsabilità e la capacità di creare valore collettivo.
È una partitura complessa. Ma è proprio nella complessità che può nascere una sinfonia capace di tenere insieme innovazione, capitale umano e leadership valoriale. Lì si gioca la possibilità di un futuro che non sia soltanto crescita, ma anche significato.

Marco Grazioli
Di formazione sociologica, studia in particolare come trasformare i comportamenti delle Persone in risultati di business attraverso le leve organizzative e la gestione del Personale. Un’ulteriore area di consolidata esperienza è quella della gestione di negoziazioni complesse, in diversi contesti e settori.
Attualmente insegna Processi Decisionali e Negoziali nella Facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. È stato Ricercatore presso l’Università Statale di Milano (Cattedra di Sociologia Politica).
È autore di numerose pubblicazioni, tra le quali il libro “Come si decide in azienda” (Fendac Servizi, con Paolo Donati), i saggi sulla mobilitazione di gruppo e sulla relazione tra giovani e organizzazione (in Altri Codici, Il Mulino), il capitolo “La formazione” nel volume “L’azienda del futuro” (Il Sole 24 Ore) e i libri: “Cambiamenti – Azione collettiva e intrecci organizzativi in un’epoca di crisi” (Rubbettino Editore, 2012) e “Creare governare e dirigere“ (Alinari 2015, con Carlo Adelio Galimberti); “Il lavoro non ha età – Stili vocazionali e leadership in azione” (Guerini Next 2020, Eva Giudicatti – Introduzione e contributi di Marco Grazioli).