Quando sei anni fa la Fondazione Global Thinking Foundation [1] ha iniziato ad operare lo ha fatto partendo da due obiettivi cardine: la piena attuazione della Convenzione di Istanbul e la realizzazione di azioni coerenti con il Goal5 dell’Agenda 2030 diffondendo competenze ritenute, già allora necessarie a colmare un divario diffuso nel Paese dai giovani agli adulti, secondo le rilevazioni OCSE.

L’attività della Fondazione che ha come scopo la prevenzione della violenza economica ed il riconoscimento di questa forma di violenza come sancito dalla Convenzione di Istanbul, ratificata nel 2013, utilizza lo strumento formativo e informativo dell’educazione finanziaria e della formazione digitale professionale come grimaldello per arginare l’abuso economico finanziario ed i danni sociali che ne derivano. Danni che avvengono a scapito delle aree più fragili della popolazione, e quindi anche delle donne, sulle quali il livello di inoccupazione e’ uno dei più elevati a livello europeo, riducendo così drasticamente le possibilità di costruirsi una propria indipendenza economica. Perché la violenza non e’ un raptus ma un’escalation di atti sempre più gravi , e’ sistemica , e nel 90 % dei femminicidi l’innesco e’ dato proprio dalla violenza economica.

E volendo fare  un bilancio dei passi avanti fatti dal nostro Governo proprio in questi ultimi mesi, dopo aver con successo varato il Family Act e le misure legate all’assegno universale, proprio il 26 Maggio c’e’ stata l’approvazione al Senato all’unanimità dell’esito della Commissione di inchiesta sui femminicidi dalla quale è scaturita la Risoluzione sui percorsi trattamentali per gli uomini autori di violenza,  grazie al lavoro instancabile della senatrice Conzatti. Misure importanti sull’esempio della legge francese che ha visto esiti incoraggianti, e soprattutto una recidiva di reiterazione ridotta del 50%.

Inoltre e’ stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 25 maggio n. 120 la L. 53/2022 sulle “Disposizioni in materia di statistiche in tema di #violenzadigenere” in vigore dall’8 giugno. Finalmente come si legge nell’ Art. 2 il comma 1 si “prevede la realizzazione a cura dell’ISTAT e del SISTAN di un’indagine campionaria con cadenza triennale interamente dedicata alla violenza contro le donne, che produca stime relative ai diversi tipi di violenza, che la medesima disposizione enuclea come violenza fisica, sessuale, psicologica, economica, nonché agli atti persecutori in riferimento a comportamenti che costituiscono o contribuiscono a costituire reato, fino al livello regionale…”.

Il sostrato internazionale di queste misure, che finalmente iniziano a riconsiderare tutte le forme di violenza, e non solo quella fisica, deriva come detto dalla Convenzione di Istanbul, che ne  e’ la guida:

La violenza economica viene elencata tra le forme di violenza nei confronti delle donne all’art. 3 che definisce la violenza nei confronti delle donne come “una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata” e la violenza domestica come “tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima”.

Quanto alla normativa di diritto civile e penale in Italia, nel nostro sistema di diritto la violenza economica non è considerata un reato, ma è certamente inquadrabile nel sistema di diritto civile e di diritto penale.

 

E’ evidente che la violenza economica resta invisibile e subdola e la lacuna normativa è ingiustificabile, perché non è riconosciuta come una forma di violenza autonoma sul piano giuridico, ma perlomeno vi sarebbero i presupposti per aggravanti di pena e sanzioni mirate. Come se non bastasse anche la Convenzione ILO n.190, ratificata dal nostro Governo l’anno scorso, ci riporta all’esigenza di dare corpo ad un intervento relativo all’ambito lavorativo su una forma di violenza che porta danni sociali ed economici enormi, per non parlare dei costi umani legati alla spirale di violenze che vi si legano.

 

Tante son le sentenze della Corte Cassazione nelle quali si richiama chiaramente l’autodeterminazione,  l’autoresponsabilità, l’indipendenza economica, con riferimento alla quantificazione dell’assegno divorzile.

Ma anche qui si ravvisa un vuoto sulle proposte di legge sempre accantonate sui patti prematrimoniali che potrebbero essere una forma di tutela per il coniuge debole, così come per le giovani coppie che intraprendono impegni di lungo termine come il mutuo senza cautelarsi sugli esiti di una possibile rottura del rapporto con il permanere di obblighi finanziari che continueranno a legarli nel tempo

È lapalissiano però che nel nostro ordinamento non esista un vero e proprio obbligo di trasparenza economica tra i coniugi, e bisognerebbe agire con interventi normativi ed introdurre perlomeno un obbligo di trasparenza economica per evitare i frequenti spossessamenti e nascondimenti di patrimoni mobiliari e immobiliari.

Conclusioni – Ancora oggi come 6 anni  fa l’OCSE , esattamente come Consob ed il Comitato Edufin, sottolineano come 4 lavoratori su 10 in Italia hanno scarse competenze di base , cioè fanno fatica a leggere e a far di conto e che sulle competenze economiche finanziarie restiamo fanalino di coda. Inoltre emerge un differenziale di genere, lo stesso che si evince dai dati EIGE e DESi dell’Unione europea sull’uguaglianza di genere e sulle competenze digitali.

 

L’impegno delle organizzazioni come Confartigianato che ha intrapreso percorsi di aggiornamento sull’educazione finanziaria legata alle professioni e sulle competenze digitali è un chiaro esempio di una presa d’atto di una responsabilità collettiva che può essere agita per il bene delle imprenditrici e degli imprenditori.

 

Poi e’ ovvio che l’Educazione finanziaria dovrebbe essere obbligatoria nelle scuole e gli obblighi di trasparenza economica sono quanto mai urgenti:  per le nuove generazioni e per le Donne e gli Uomini di questo Paese,  perché la crisi economica che stiamo affrontando non trova eguali, e va ben oltre anche quella degli anni ’70 . Abbiamo quindi il dovere di impegnarci insieme e coordinare le risposte non affidandoci più solamente a sentenze della Corte di Cassazione, certamente illuminate ma che non giustificano il permanere di una un’unica forma di reato da ascriversi alla violenza di genere che e’ quella fisica considerata dal nostro Codice Penale, un impegno sulle buone pratiche e sulla prevenzione  risulta così imprescindibile per distinguerci come Paese inclusivo democratico e lungimirante , anche per il bene delle nuove generazioni.

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Foto di Gerd Altmann da Pixabay