Ebbene sì, in questi ultimi mesi non si parla d’altro tra esperti di tecnologia, imprese e futuro del lavoro. Tutti a rincorrere con dati e statistiche un tema apparso nel panorama scientifico per la prima volta nel lontano 1956.

È da allora che si parla, infatti, di intelligenza artificiale come svolta o come minaccia per l’essere umano.

Ma andiamo con ordine.

Il primo aspetto da considerare per chiarire lo scenario su cui si lavora è che, si tratti o no della solita moda passeggera come è avvenuto per il metaverso o come sta accadendo per ChatGPT, dovremo per forza di cose fare i conti con nuove tecnologie e su tale piano il tema non è, di certo, una novità.

Se scomponiamo la rappresentazione romanzata e cinematografica in tanti sottoelementi, possiamo dire che da molti anni si discute di automazione, di apprendimento avanzato, di integrazione e interconnessione, industria 4.0, reti neurali, per cui in questi termini possiamo dire che siamo pronti e non partiamo da zero.

Siamo già al lavoro sulle interazioni uomo/macchina, e usiamo l’intelligenza artificiale per produrre un video, un manufatto, per rendere nel tempo le macchine più empatiche verso gli esseri umani.

Interrogativi come “Ma arriveranno dei robot nell’azienda?, “Gli essere umani verranno scalzati dalle macchine?” oppure “somiglieranno anche loro ai robot?” rappresentano, pertanto, parte della questione ma solo quella più esteriore, potremmo dire l’ultimo miglio.

Il punto non è neanche quello dei numeri che pure cambieranno, quanti nuovi posti di lavoro, quante posizioni verranno bruciate?

La storia dell’uomo è piena di riflessioni sull’impatto della tecnologia nella storia del suo progresso, di rivolte contro i cambiamenti o di predizioni più o meno fantastiche o attendibili.

Il secondo aspetto essenziale del ragionamento è che per la prima volta l’uomo perderà il contatto vero con la macchina che, una volta performata, sarà indipendente dalla sua volontà.

Sino al recente passato le macchine avevano sempre bisogno dell’essere umano per l’avvio, la supervisione o per la sostituzione di un pezzo.

Ovviamente sarà sempre una scelta perchè chiunque nella microimpresa potrà continuare a produrre un piatto in ceramica, un prodotto agricolo dalla terra, o vendere in un negozio fisico un qualunque oggetto.

Il terzo aspetto essenziale, invece, è rappresentato dal fatto che il vero cambiamento sarà sul piano sociale complessivo: minore apporto di lavoro umano, questioni etiche da affrontare, privacy da ridisegnare, sfide complesse per la proprietà intellettuale solo per citare i principali ambiti che abbiamo iniziato a trattare operativamente come Confartigianato e discusso nel recente incontro di Cesena del 20 luglio scorso con la partecipazione di imprese ed esperti.

Si tratta di temi emblematicamente indicati nel libro bianco dell’Unione Europea sull’intelligenza artificiale pubblicato nel febbraio 2020, a partire dal quale abbiamo avviato approfondimenti che per forza di cose sono di tipo interdisciplinare coinvolgendo rappresentanti di impresa, esperti di IT, neuroscienze, diritto.

Le sfide principali che emergono, infatti, sono almeno sette:

  1. intervento e sorveglianza degli esseri umani,
  2. robustezza tecnica e sicurezza,
  3. riservatezza e governance dei dati
  4. trasparenza ed etica
  5. prevenzione delle disuguaglianze
  6. benessere sociale e ambientale
  7. responsabilità

Ci troviamo di fronte, quindi, ad un quadro in evoluzione, un processo che non si può arrestare e rispetto al quale l’obiettivo che lUnione Europea si pone è quello di

dare a persone e utenti fiducia per sviluppare l’intelligenza artificiale e, al contempo, incoraggiare le imprese ad abbracciare gli sviluppi tecnologici più recenti.

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