L’attualità ci propone un tema quanto mai variegato ed affascinante: l’intelligenza artificiale.

Legata allo sviluppo delle tecnologie digitali, la IA ha avuto in questi anni una accelerazione nel suo progresso ed impiego, tanto da incidere su ogni aspetto della nostra vita (lavoro, salute, economia, mobilità, creatività, ecc.).

Nel contempo intorno alla IA si è sviluppato un dibattito che si articola in diverse prospettive ed angolazioni, offrendo spunti scientifici, giuridici ed etici, tecnologici, finanche filosofici ed epistemologici.

Per quel che riguarda la IA ed il mondo artigiano, vogliamo proporre una serie di spunti per stimolare alcune riflessioni e dare consapevolezza rispetto ad un tema – ascrivibile più in generale a quello delle tecnologie digitali – che viene spesso percepito dall’artigiano come distante ed ostico (e certamente lo è), trascurandone le potenzialità e le opportunità.

Il tema dell’IA è talmente attuale che, proprio per il suo rapido progresso ed impiego, si avverte con insistenza la necessità di dotarsi di norme che la regolino. Allo stato, infatti, ci troviamo davanti ad un territorio quasi totalmente libero dal diritto.

L’esigenza di una disciplina che regoli la materia è avvertita in tutti i Paesi; in Europa il Parlamento UE ha costituito la Commissione speciale per l’intelligenza artificiale in una era digitale (AIDA) per analizzare l’impatto della IA sull’economia della UE.

L’AIDA ha da poco consegnato una Relazione dove – con una visione ampia ed articolata, contemplando anche profili militari e di sicurezza – si sottolinea l’esigenza di assicurarsi che i sistemi di intelligenza artificiale utilizzati nell’UE siano sicuri, trasparenti, tracciabili, non discriminatori e rispettosi dell’ambiente. I sistemi di intelligenza artificiale, viene sottolineato nel documento, dovrebbero essere supervisionati da persone, anziché da automazione, per evitare conseguenze dannose.

Dai lavori della Commissione contenuti nella Relazione arrivano anche alcune importanti indicazioni: ad esempio, è chiaramente affermato che nei settori militare, della giustizia e della salute “l’IA non deve mai sostituire o sollevare gli esseri umani dalla loro responsabilità”; mentre in alcune materie, come ad esempio la proprietà intellettuale, è aperto il dibattito per stabilire a chi appartenga la proprietà intellettuale di qualcosa sviluppato completamente dalla IA.

 

L’intervento legislativo della UE e i campi di utilizzo della IA

L’attività legislativa della UE – la quale vuole adottare le prime norme al mondo sulla IA per poter gestire le opportunità e i rischi ad essa collegati e rendere la UE un punto di riferimento globale – si completa con l’AI ACT adottato dal Parlamento il 14 giugno 2023, nel quale è contenuta una definizione neutra ed uniforme dal punto di vista tecnologico della IA, tale da renderla applicabile a tutti i futuri sistemi di IA.

Prima di proporre altre riflessioni collocabili nel campo più propriamente giuridico, è utile accennare, sempre da un punto di vista generale, alle opportunità che la IA offre e i settori nei quali essa è già impiegata.

Se partiamo dal dato per cui la IA permette ai sistemi di capire il proprio ambiente, mettersi in relazione con quello che percepisce e risolvere i problemi, agire per un obiettivo specifico, ci possiamo render conto di come i sistemi di IA siano già ampiamente presenti nella nostra vita quotidiana.

Lo è, ad esempio, nelle nostre attività on line, dove i motori di ricerca elaborano una gran quantità di dati (da noi forniti) per offrire risultati di ricerca pertinenti o offrire suggerimenti derivanti dai nostri precedenti acquisti o dall’esame dei nostri comportamenti; nelle nostre case, dove i c.d. termostati intelligenti “studiano” i nostri  comportamenti per ottimizzare i consumi; nel commercio al dettaglio per ottimizzare gli inventari e organizzare i rifornimenti e la logistica; infine, lo è nel settore dell’auto- motive, non tanto in riferimento ai c.d.  veicoli a guida autonoma  ma nell’impiego di sensori che individuano possibili situazioni pericolose e incidenti.

Lo potrà essere, ad esempio, anche nella filiera agricola ed alimentare, aiutando la produttività e riducendo l’impatto ambientale, monitorando l’alimentazione del bestiame per un miglior benessere dell’animale; nella sanità, per analizzare dati medici e migliorare le diagnosi; nella produzione di beni, con una migliore pianificazione e controllo della distribuzione.

 

Le questioni etiche e giuridiche

Le questioni aperte intorno al tema della IA sono molte e complesse, anche da un punto vista giuridico. Uno degli aspetti sul quale si dibatte, ad esempio, è quello che riguarda le interazioni uomo – robot, le quali portano certamente dei vantaggi positivi al primo ma possono risultare anche conflittuali e dannose, rendendo necessario “fissare metodi giuridici di risoluzione dei problemi generati tra entità sempre meno distinte tra loro” (Moro, “Alle frontiere della soggettività: indizi di responsabilità delle macchine intelligenti”, in Lezioni di diritto dell’IA).

La questione non è di poco conto, basti pensare che i sistemi più avanzati sono capaci di comportamenti che reagiscono a stimoli esterni. Questa constatazione apre all’interrogativo se le IA possono per questo essere ritenute soggetti morali e centri d’imputazione di una responsabilità civile o penale.

Non sono domande astratte ma molto concrete perché aprono il dibattito sulla possibilità o meno di istituire uno status giuridico ad hoc per i robot, cioè di “persone elettroniche”, come tali possibili centri di imputazione, idonei ad esempio a risarcire un danno, ma anche capaci di prendere decisioni in modo autonomo.

Le riflessioni in proposito sono iniziate già nel febbraio del 2017 con la Risoluzione del Parlamento europeo recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica. Oggi si sono ampliate e coinvolgono i problemi, tra i tanti, legati ai contratti conclusi ed eseguiti senza l’intervento umano ma attraverso una IA, legittimando il dubbio se questi possano o meno ricondursi al contratto quale istituto giuridico.

Certamente una risposta positiva aprirebbe ad ulteriori scenari, con soluzioni oggi incerte e anche tra loro contrastanti.

 

I diritti d’autore. Li può vantare solo l’uomo o anche la macchina? Il tema della creatività

Un dubbio nasce, ad esempio, con riferimento alla creatività e al diritto d’autore, una materia particolarmente vicina al mondo artigiano.

Lo sfruttamento economico degli asset di proprietà intellettuale, infatti, vede l’impiego diffuso delle nuove tecnologie, le quali evolvono con ritmi altissimi e, anche per questo, non hanno avuto una piena regolamentazione. Quello che si può annotare al riguardo è certamente il connubio ormai acquisito tra tecnologia e creatività, con la automazione dei processi di creazione e produzione, vendita dei beni e gestione dei diritti.

In questo contesto si inserisce il tema della creatività in rapporto alle opere create dalle (rectius: attraverso le) nuove tecnologie, tra le quali va annoverata l’IA.

La dottrina definisce il diritto d’autore come un diritto duale, in quanto tutela i diritti personalissimi dell’autore (quali i diritti morali sull’opera creata) e i diritti patrimoniali che l’autore vanta sull’opera.

E’ lecito, quindi, chiedersi se una IA possa essere riconosciuta autore. La risposta va cercata nella Legge sul diritto d’autore (LdA n.633/1941), la quale stabilisce che è considerato autore dell’opera chi è in essa indicato come tale, anche attraverso pseudonimi, nomi d’arte, sigle “che siano notoriamente conosciuti come equivalenti al nome vero” (art.8).

Un ulteriore elemento per rispondere alla domanda è dato dalla previsione contenuta nell’art.25 LdA, il quale, nell’indicare la durata dei diritti, fa riferimento alla vita dell’autore e al termine dei settanta anni dopo la sua morte.

La risposta si completa esaminando il diritto morale dell’autore. La giurisprudenza di merito, confermando un orientamento consolidato, ha affermato in proposito che “ il diritto morale d’autore non può essere attribuito a soggetti diversi dalle persone fisiche, avendo esso riguardo alla tutela della personalità dell’autore ed essendo strettamente connesso al processo creativo propedeutico alla realizzazione dell’opera” (Trib. Palermo 17.4.2019).

Le pronunce di legittimità, attraverso una attenta interpretazioni delle norme sul diritto d’autore, hanno offerto una ricostruzione dei diritti morali e del rilievo della personalità dell’autore, anche in considerazione della disciplina comunitaria ed internazionale, sottolineando come il diritto morale è un vero e proprio diritto della personalità con riflessi patrimoniali (Cass. civ., 31.5.2019 n.18220).

Alla luce dei richiami giurisprudenziali citati, si può affermare che vi è una opera dell’ingegno quando la creazione della stessa avviene da parte dell’uomo, in quanto espressione della sua personalità.

Queste riflessioni ci spingono ad allargare lo sguardo e a tornare ad interrogarci sul dato posto all’inizio, cioè fino a che punto l’innovazione tecnologica, e quindi anche la IA, stia incidendo sulla creatività e se una macchina possa ritenersi creativa nel senso sopra illustrato con l’attribuzione ad essa di un patrimonio autoriale.

Sintetizzando, ci si chiede se un lavoro elaborato da una IA possa considerarsi creativo e, in conseguenza, attribuirgli la paternità dell’opera.

Le risposte offerte dalla dottrina sono varie. Alcuni autori ritengono tutelabile l’opera generata da una macchina nel caso in cui la IA sia in grado di compiere scelte espressive autonome e non predeterminate dall’uomo; altri, con riferimento alla attribuzione della paternità ad un sistema di IA, affermano che autore di una opera letteraria, drammatica, musicale o artistica così generata “deve essere considerata la persona mediante la quale vengono intraprese le disposizioni necessarie per la creazione dell’opera”.

Il dato testuale degli articoli della legge sul diritto d’autore, insieme alle pronunce della giurisprudenza, permettono di affermare, anche sotto tale profilo, che l’uomo mantiene un ruolo centrale nella creazione dell’opera dell’ingegno, in quanto espressione della sua personalità. Anche quando vi sono contributi creativi capaci di sviluppare autonomi (IA) contributi utili alla creazione di altri contributi creativi.

E questa conclusione sembra essere in linea anche con la storia artigiana del nostro Paese, dove il saper fare continua a rappresentare un ingrediente essenziale di qualità ed innovazione. Starà ancora una volta al lavoro artigiano dimostrare di saper raccogliere questa sfida e valorizzare una capacità unica – perché basata su una cultura, una tradizione, un modo di lavorare flessibile, dinamico e creativo – rinnovata attraverso la tecnologia e per questo proiettata ancora una volta verso il futuro.