A ben vedere, lo Spirito Artigiano sta plasmando cultura e valori caratteristici del nostro tempo e ne indica il modus operandi. Concetti come economia post-industriale, della conoscenza, della personalizzazione, simbolica… sono tutte locuzioni usate per caratterizzare la contemporaneità e che contengono un seme artigiano. Quel momento in cui l’industrializzazione, alimentata dal credo tayloristico, è sembrata totalizzante – un breve periodo se lo confrontiamo con la storia dell’uomo – è oramai tramontato (da qui si parla di economia post-industriale) e l’artigianato sta tornando a ricoprire un ruolo non solo economico, ma anche valoriale – aspetto che lo ha sempre connotato, a partire dalla metafora biblica del Dio vasaio e dalla centralità economica, sociale e culturale delle corporazioni, delle scuole di arti e mestieri e delle gilde.

Tre aspetti, in particolare, tra i tanti che definiscono lo Spirito Artigiano, sono particolarmente attuali, non solo perché diffusi ma anche perché potrebbero/dovrebbero diventare un viatico per affrontare con efficacia le sfide e le complessità del mondo che ci aspetta.

Inoltre, molti mestieri – importanti non solo per la loro rilevanza economica o sociale ma anche per la loro modernità – sono pervasi di Spirito Artigiano. Prendiamo, per fare solo qualche esempio, il chirurgo, lo chef stellato, il musicista, il fisico sperimentale, il restauratore, ma anche il programmatore software o il video maker…

Vediamo allora quali sono i tre aspetti.

Innanzitutto, la personalizzazione della produzione – che spesso viene chiamata, non a caso, artefatto – che diventa firma, caratterizzazione identitaria.

In secondo luogo, la custodia dell’ambiente. Papa Francesco ha usato questa espressione potente nella sua enciclica sull’ambiente Laudato Si’. Il concetto va oltre la tutela: “custodia e salvaguardia del creato” introduce il concetto di amministrazione responsabile (in inglese stewardship), che esclude ogni sfruttamento e richiede un prendersi cura fatto di attenta benevolenza. Un atteggiamento non solo difensivo, ma vivificante, proprio perché l’ambiente non è solo da contemplare, ma da usare e anche trasformare, sempre in modo responsabile. Recita un antico proverbio amerindio: «la terra non è un’eredità ricevuta dai nostri padri, ma un prestito da restituire ai nostri figli».

Infine, la centralità della tecnologia, vista però sempre come strumento – o meglio utensile – che potenzia le abilità artigiane e mai come automazione spinta, che tende a sostituirle. Tecnologia per l’uomo e non al posto dell’uomo. Per questo la mano ben rappresenta il mestiere artigiano. La mano afferra e usa l’utensile, impone uno sguardo attivo, è umana, potenzia l’uomo, mentre l’automazione dissolve l’uomo, lo fa scomparire, si auto-attiva e si auto-corregge.

Spesso la centralità dell’utensile lo trasforma in tratto identitario, capace addirittura di identificare il suo utilizzatore. Analizzando, ad esempio, il giornalismo, Indro Montanelli è stato spesso rappresentato con la sua inseparabile macchina da scrivere Olivetti Lettera 22. Questa trasformazione è addirittura entrata nel linguaggio grazie a una particolare figura retorica – la metonimia – che indica la parte per il tutto. Infatti, per indicare un bravo giornalista si può anche usare l’espressione “è una buona penna”.

E la potenza dell’utensile prende forma e si esplicita nella bottega, la fabbrica del mondo artigiano. Anzi, molto più di una fabbrica, che – nel suo trasformarsi in bottega 5.0 – rafforza il fare artigiano e trova nuove sintesi all’interno di un dialogo mai interrotto fra tradizione e innovazione.

Pertanto, lo Spirito Artigiano non solo è in armonia con la modernità, ma coglie in modo più autentico quello spirito dei tempi attento all’ambiente, alle relazioni sociali e al benessere, diventando pertanto l’interprete forse più autentico della modernità sostenibile.

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