“Chi ha paura del fuoco?” chiese l’antico progenitore non ancora del tutto “homo sapiens” davanti a un albero in fiamme appena incendiato da un fulmine, facendosi avanti impavido e fu subito considerato con rispetto lo stregone del villaggio. E chi alla slitta sostituì la dirompente innovazione della ruota assurse meritatamente al ruolo di genio e condottiero. Seguono in successione temporale accelerata, soprattutto negli ultimi 250 anni – dalla macchina a vapore in poi (certo gli acquedotti romani e i cannocchiali del XVII secolo non erano da meno) – altre incalzanti dirompenti innovazioni.

Poi negli ultimi vent’anni ci siamo abituati – salvo la solita minoranza dei luddisti impenitenti ma legittimamente vocianti – al ritmo esponenziale delle cosiddette innovazioni dirompenti: Blockchain, 5G con Internet delle cose (IoT), realtà virtuale e aumentata, metaversi (per videogiochi, ambienti storici ricostruiti per la scuola e il turismo, ambienti tecnici e industriali per gestione e manutenzione, operazioni chirurgiche nell’alta formazione online e nel reale), servizi cloud, nanotecnologie; Big Data, stampa 3D per gli artigiani e i manufatti 3.0; sicurezza informatica per la protezione dei dati, informatica quantistica, la più veloce che ci sia.

Il grande esperto dell’innovazione Clayton Magleby Christensen (1952-2020), che ha coniato il termine “innovazione dirompente”, ricordava come le tecnologie rivoluzionarie spesso iniziano in nicchie – le botteghe del Medioevo e del Rinascimento, i garage californiani del XX secolo – e si espandono fino a provocare cambiamenti totali nel mercato. Non c’è motivo di averne paura, anche si trattasse del nucleare. Sono tutti strumenti, nel bene e a volte tragicamente nel male (sì, ci sono anche i robot killer, che uccidono, ormai nei cinque continenti).

 

L’intelligenza artificiale è imitazione

E dunque, ora, in questo tornante della storia, non possiamo non chiederci: “Chi ha paura dell’intelligenza artificiale?”

Ricordo che da ragazzo ero terrorizzato dall’IA. Avevo visto troppi “Terminator” e “Matrix” in cui l’intelligenza artificiale, fattasi cyborg o perfetto duplicato umano, si comportava in modo feroce e distruggeva l’umanità.

Ora, siamo qui, con già una trentina d’anni di più o meno consapevole convivenza con l’intelligenza artificiale, a dividerci fra apocalittici e integrati, dove i primi hanno paura e i secondi molto meno.

Ma ormai è come aver paura della ruota, perché siamo circondati, immersi, assistiti, sostituiti, di fatto abituati, fino a diventare esigenti e pretenziosi nei confronti dell’IA.

Per ora rassicuriamoci, il fondamento teorico e pratico dell’intelligenza artificiale (AI) è l’imitazione. Punto. Imita le azioni, il linguaggio, la creatività, l’organizzazione, i saperi umani con tecniche che vanno dall’auto apprendimento col deep learning, al divorare miliardi di contributi per poi sputarne di “originali” con tecniche “generative”. Grande affidamento si fa nella sua capacità di analisi predittiva che ottimizza ogni possibile azione futura, che tenta di soddisfare il bisogno più umano che ci sia: conoscere (o almeno intravedere) il futuro.

L’IA è onnipresente in mezzo mondo e per molte funzioni – vedi smartphone – nel mondo intero, e in ogni settore del vivere umano di questo XXI secolo. La lista della sua presenza, sia dietro le quinte sia come protagonista è, già oggi, sterminata.

L’AI Physicist della DARPA ha già fatto scoperte nel campo della fisica quantistica. Un avvocato AI potrebbe fornire servizi legali a chi non può permetterseli. Le piattaforme di social media Instagram, Facebook e Twitter (oggi X) utilizzano l’IA per la curatela e la traduzione dei contenuti.

Il marketing-IA genera autonomamente pubblicità mirata ed è destinato a influenzare il 95% delle interazioni con i clienti entro il 2025. Le interfacce vocali guidate dall’elaborazione del linguaggio naturale (NLP) si sono evolute e l’IA rileva le emozioni attraverso il riconoscimento facciale. Marchi come Kellogg’s e Disney utilizzano la tecnologia di rilevamento delle emozioni per ottenere informazioni di marketing.

Ma le truppe scelte del marketing sono i chatbot, i “conversatori”. Su questi conversatori gli oligarchi tecnologici del Pianeta (i MAMAA, cioè Meta, Alphabet, Microsoft, Amazon ed Apple) hanno pianificato e investito da decenni centinaia di miliardi di dollari.

Hanno iniziato con gli “assistenti virtuali” Siri, Alexa e Google Assistant, diventati parte integrante e conversante delle nostre vite quotidiane, che ci pianificano gli appuntamenti e controllano i nostri dispositivi domestici intelligenti. Poi la spettacolare, dirompente, assordante e per molti sconvolgente irruzione dei chatbot (bot = robot) “generativi” come chat-GPT, BingAI e Bard (e concorrenti come Claude e Opera-Aria). Ma l’obiettivo finale deve essere un “friend-bot”, amico per la pelle, affezionato componente della famiglia, uno per ognuno degli 8 miliardi degli abitanti del globo, ciascuno commercialmente legato a filo doppio con i MAMAA. Suo precursore è l’attuale robot sociale che aiuta gli anziani a ricordare di prendere le medicine, intrattiene i bambini con racconti interattivi e assiste i disabili nelle attività quotidiane.

 

Intelligenza artificiale ogni dove

Dunque ogni ganglio e snodo di vita del XXI secolo è pervaso dall’intelligenza artificiale.

La ricerca scientifica con l’IA s’inoltra ogni territorio possibile, dalla fisica quantistica ai nuovi materiali, dalle biotecnologie, alle patologie mentali, all’identificazione di potenziali nuovi farmaci e trattamenti per le malattie che attualmente non hanno cura. Ad esempio, il programma di intelligenza artificiale AlphaFold2 di DeepMind è stato in grado di prevedere la struttura delle proteine con una precisione senza precedenti, il che potrebbe aiutare i ricercatori a sviluppare nuovi farmaci per colpire proteine specifiche.

L’IA nella sanità: con la farmaceutica personalizzata e la diagnostica istantanea come, fra i tanti, Babylon Health in grado di analizzare i sintomi e fornire una diagnosi con una precisione del 90%. Oppure IBM Watson Health utilizzato per aiutare i medici a diagnosticare il cancro.

L’IA ha avuto un impatto sostanziale sull’assistenza sanitaria anche grazie all’integrazione di dispositivi indossabili e sistemi di monitoraggio abilitati dall’IoT, che raccolgono continuamente frequenza cardiaca, pressione sanguigna e i livelli di glucosio.

IA nel manifatturiero: l’apprendimento automatico dell’IA migliora la produzione alimentare riducendo i costi e gli sprechi e aumentando la velocità della catena. Uno dei mille esempi: il riconoscimento delle immagini automatizza attività come la selezione dei cetrioli.

Nel lato vendita il settore retail è in trasformazione totale attraverso l’IA, tenendo conto che oggi il 60% degli acquisti nel globo viene fatta con il commercio elettronico. Si interviene nella cronologia degli acquisti e nel comportamento di navigazione (online e in negozio) di un cliente e nella sua assistenza, ad esempio, Walmart utilizza chatbot AI per rispondere alle domande dei clienti sui prodotti e sulle spedizioni; nel rilevamento delle frodi; nella gestione dell’inventario e nell’ottimizzare l’evasione degli ordini, la consegna dei prodotti ai negozi, la configurazione dei prezzi al pubblico, massimizzando i profitti. L’IA, poi, può essere utilizzata per creare camerini virtuali per provare i vestiti senza recarsi in negozio fisico (acquisti online), o per, in negozio, effettuare il checkout senza interagire con un cassiere.

L’IA nelle città e nei trasporti intelligenti: per le infrastrutture, i servizi e la mobilità. Un elemento chiave è il veicolo a guida autonoma, che esige strade piene di IA. La meta è un paradisiaco traffico silenzioso (perché elettrico), senza incidenti di alcun tipo, e con perenni onde semaforiche verdi in città e il platooning dei camion in trenini compatti nelle autostrade. Non mancano le piattaforme di ride-sharing, come Uber, che con l’IA potrebbero diventare gli alleati smart dei concorrenti taxi. A San Francisco due servizi sono già attivi di robotaxi a guida autonoma (Waymo e Cruise). Per tutti – metropoli e strade extraurbane – la pianificazione dei percorsi abilitata dall’IA, con l’analisi predittiva, migliora l’efficienza della logistica e delle spedizioni. I vantaggi dell’IA si estendono alle società di spedizione, snellendo i controlli doganali e digitalizzando i processi.

Nel settore finanziario, l’IA è utile all’80% delle banche, assistendole in attività come la gestione patrimoniale, il rilevamento delle frodi e la valutazione dei rischi.

L’astronomia impiega l’IA per l’analisi dei dati, contribuendo all’identificazione di fusioni di galassie e alla ricerca di esopianeti.

La chimica computazionale predice le formule ottimali, conservando le risorse e aiutando la comprensione della chimica sperimentale.

Col fingerprinting digitale si tutela il diritto d’autore attraverso il rilevamento dei bit nei supporti elettronici.

L’IA rafforza la sicurezza dei dati individuando minacce sconosciute e rafforzandosi contro gli attacchi informatici. I sistemi di sicurezza basati sull’IA analizzano i modelli di comportamento degli utenti e rilevano attività sospette, migliorando la protezione dei dati personali e delle reti aziendali da attacchi informatici.

Nel BFSI (Banking, financial services and insurance) si rilevano le frodi, si automatizzano le pratiche e la documentazione, la valutazione predittiva dei clienti e l’analisi della storia creditizia per le inadempienze sui prestiti.

Nell’apprendimento personalizzato con IA viene adattato ai punti di forza e di debolezza individuali, come con la piattaforma Knewton, che analizza i progressi e identifica le aree in cui c’è bisogno di aiuto.

L’IA incalza problemi fra più urgenti e complessi del pianeta, come la povertà, il cambiamento climatico (la modellazione climatica dell’intelligenza artificiale, la conservazione della fauna selvatica, l’agricoltura di precisione e l’ottimizzazione delle reti energetiche). L’IA intercetta i segnali deboli di terremoto dando avvisi che mettono in salvo.

L’IA nella traduzione automatica e immediata fa diventare tutti poliglotti (per i testi, vedi DeepL).

Arte, scrittura (in primis il giornalismo), poesia e musica sono già creati con l’IA, che, alcuni sono convinti, portano a nuove forme di creatività ed espressione.

Con IA si ricreano attori e cantanti scomparsi da tempo o si ringiovaniscono di 50 anni. Nel cinema sono sostituiti sceneggiatori, registi, artisti, direttori della fotografia, studi di posa ed esterni. Siamo in attesa di un film prodotto tutto dalla sola IA. È già sicuro che vincerà l’Oscar.

 

Un Barbie-mondo?

Insomma un mondo tutto rosa, un Barbie-mondo, dove ogni problema è già risolto, o presto lo sarà. Non proprio. Come ogni strumento inventato dagli umani – dalla selce al computer quantico – anche l’IA può ed è strumento da maneggiare con una certa dose di responsabilità e accortezza.

L’IA può contenere nella sua produzione generativa di testi, audio, immagini e video, ogni possibile pregiudizio, discriminazione, incitamento all’odio e alla violenza, informazione falsa, dati fuorvianti. Basta tenere bene a mente sempre e comunque che malvagità, truffe, aggressività, ignoranza e mondi-di-questo-mondo ma-a-noi-alieni, esistono nella realtà e l’intelligenza artificiale rimane per ora lo strumento umano che meglio nella storia sta imitando la/le realtà, qualunque esse siano. Mi è stato domandato quale intelligenza artificiale produce la Cina. Ho risposto “capitalistico-comunista”.

Chi grida alla disoccupazione a causa dell’IA semplicemente non vuole applicare la regola aurea del XXI secolo e dei secoli a venire, che impone il lifelong learning, per tutti, ventenni e ottantenni, impiegati e liberi professionisti. Il web è pieno di studi e previsioni che dicono quali lavori stanno passano dagli umani ai robot e all’IA. Sono da leggere con attenzione.

Poi, come sempre, chi offre le piattaforme di IA deve garantire la protezione dei dati personali (vedi AI-Act dell’Ue). L’IA potrebbe anche essere usata per creare sistemi di sorveglianza di massa che potrebbero erodere la nostra privacy. Dato che l’IA prende decisioni basate su algoritmi complessi, è importante stabilire un quadro giuridico che definisca la responsabilità e l’accountability in caso di danni causati dall’IA. Dobbiamo sviluppare standard internazionali per il suo sviluppo e uso dell’IA; investire nella ricerca sulle implicazioni etiche; educare il pubblico sui potenziali pericoli e benefici; creare misure di salvaguardia per evitare che venga utilizzata per scopi dannosi.

Conclusione: “Chi ha ancora paura dell’intelligenza artificiale?” Chi ha paura di sé stesso, direbbe un Sigmund Freud preso a caso. Artificiale s’intende.

Foto di Vlada Karpovich da Pexels