II borgo piace a tutti, e proprio lì sta l’inganno. Se è bello senza condizioni, vuol dire che è stato confezionato, smussato, deodorato, per i palati estetici della massa, come un prodotto da banco. Una riduzione a bomboniera che sta snaturando la miriade di paesini italiani, montani e non, e che non convince affatto Filippo Barbera, Domenico Cersosimo e Antonio De Rossi, curatori di “Contro i borghi – Il Belpaese che dimentica i paesi” (Donzelli editore), insieme agli oltre venti studiosi che hanno contribuito con singoli saggi a focalizzare il problema: indigesta è la nuova narrazione dei “borghi più belli”, con relative classifiche nazionali e playlist, quasi un’entità a se stante rispetto alla vita del borgo stesso (leggi l’articolo del Corriere della Sera). 

Anche il Pnrr ha lasciato l’amaro in bocca. “La linea A del bando borghi – spiega l’architetto Antonio De Rossi (Politecnico di Torino) – ha destinato 20 milioni a una singola realtà per regione. In Piemonte è toccato a Elva, in Valle Maira. Ma la lotteria che premia solo il più fortunato scatena risentimento. Una logica perdente». Di recente, la Provincia di Matera ha realizzato un divertente spot per dire, in sostanza: “Cari turisti, ci siamo anche noi, non solo la città dei Sassi”. 

C’è anche un altro l’aspetto, tutt’altro che secondario. Alla politica istituzionale non conviene puntare sui borghi. “Sono posti che non esprimono rappresentanti politici. Il quartiere di Santa Rita pesa come l’intera area montana torinese – asserisce il sociologo Filippo Barbera, Università di Torino – Mettiamoci pure che le comunità montane sono state abolite per populismo, buttando il bambino con l’acqua sporca. Eppure, svolgevano funzioni importanti, fungendo da enti intermedi di prossimità”. 

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