Più leggo sull’IA e più mi chiedo che impatto ha e avrà sull’attività di rappresentanza degli interessi, nell’accezione che di questa condividiamo in Italia, cioè del “farsi carico” di problemi e aspettative dei rappresentati, organizzando soluzioni, costruendo risposte adeguate e prospettive di crescita e sicurezza.
Vorrei poter affermare che i fondamentali della rappresentanza degli interessi restano neutri e quindi immutati, con gli schemi di gioco che abbiamo conosciuto e affinato nel tempo, senza confondere contenuti e tecnicalità.
Ma siamo sicuri che le modalità, all’epoca dell’IA, non suggeriscano o addirittura impongano la necessità di una rivisitazione, anche profonda, del modo di fare rappresentanza?
In questa prospettiva di riflessione, richiamo alla mente le applicazioni dell’IA funzionali ad alcuni ambiti di attività associativa: dall’adesione con il suo corredo di promozione alla conoscenza delle caratteristiche, dei problemi e delle aspettative dei soci attuali e di chi potrebbe diventarlo; dalla visione di crescita loro e dell’associazione con relativo adeguato contesto all’elaborazione e descrizione delle proposte; dalla persuasione dei decisori all’influenza sull’opinione pubblica, consapevoli dell’importanza cruciale della comunicazione e delle diverse leve che la muovono.
Va considerato il fatto che l’attività di rappresentanza del lavoro autonomo, della micro e piccola impresa, con crescenti eccezioni anche nella media impresa, si avvale e si alimenta dell’erogazione di servizi e consulenze associative che, ripeto a costo di monotonia, sono modalità di rappresentanza diversamente svolte.
Le risposte ai bisogni dei soci, siano esse connesse a obblighi adempimentali o alla volontaria fruizione di altre opportunità di crescita, si concretizzano in prestazioni professionali fortemente esposte all’impatto dell’IA per contenuti, ad ampio spettro, e modalità di esecuzione.
Non entro nel merito delle sfide che le competenze affrontano, magistralmente descritte da Richard e Daniel Susskind ne “Il futuro delle professioni” (come la tecnologia trasformerà il lavoro dei professionisti). In proposito, so che anche nel sistema di Confartigianato non mancano riflessioni e sperimentazioni in materia, a conferma dell’impatto crescente e comunque atteso.
Nell’economia dei servizi e delle consulenze considero l’enorme potenziale di informazioni relative ai soci – utenti, ai settori rappresentati, ai contesti economici, sociali e amministrativi di riferimento. È una realtà che viene arricchita da un’altrettanto importante “economia dei comportamenti individuali”, la cui cattura e lettura è una delle anime dell’IA, specie sul versante della conoscenza delle persone, della loro influenza e persuasione.
La dimensione economica degli ambiti rappresentati dalle diverse organizzazioni, in particolare del “popolo” delle partite IVA, dei micro e piccoli imprenditori e delle persone implicate e materialmente coinvolte nell’economia e nell’ambiente sottostanti, non deve trarci in inganno ritenendo che non meriti di essere tra gli obiettivi primari dei poderosi investimenti che i diversi attori dell’IA hanno fatto e stanno facendo.
Le tecnologie cambiano le logiche di approccio sistemico e tutto è necessariamente parte dell’insieme che muove il cambiamento. L’impatto dell’IA è e sarà rilevante per tutte le attività economiche, che producano beni o servizi. Potremmo fare decine, centinaia di esempi, molti dei quali attrattivi e preoccupanti al tempo stesso.
In questa sede a me preme sottolineare che ciò che succede alle imprese succede alle associazioni.
Le associazioni non sono azioniste, in senso civilistico, dei soci, ma se contribuiscono a costruire prospettive di crescita con loro ne sono certamente partner.
Vale quindi la pena di ripetere che ciò che succede alle imprese tocca nell’intimo anche le funzioni associative e il loro dovere di essere “traino” anziché “al traino”.
Ai sistemi tecnologici che irrompono nel mercato dovrebbero rispondere iniziative di sistemi associativi di “machine learning” con i relativi modelli algoritmici e la loro costante alimentazione, in modalità competitiva se è chiaro l’ambito del competere e assieme (tra realtà associative diverse) in materia di potenza di calcolo, nella quale la competitività scala di un grado e può far alleare i soggetti.
È un’avventura affascinante per ciascuno dei sistemi associativi, superando un’illusoria dimensione locale. Ho ben conosciuto e apprezzato gli importanti risultati dell’orgoglio territoriale, che è anche manifestazione di responsabilità, ma l’obiettivo e i costi in campo in questo ambito meritano maggiore severità di approccio.
“Tutte le esperienze sono utili a tutti”, se messe in un unico “frullatore”, ovviamente condividendone ambiti, obiettivi e modalità di osservazione.
Il secondo aspetto di rilievo, dopo i dati ricavabili dai comportamenti e dalle relazioni tra bisogni e loro soddisfazione, riguarda l’elaborazione di risposte. Altra sfida di grande complessità, che può talvolta apparire impossibile.
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Francesco Giacomin
Trevigiano, laurea in giurisprudenza. Il suo percorso in Confartigianato comincia nel 1976 in Treviso, dove è Segretario dell’associazione provinciale per poi assumere il ruolo di Segretario della Federazione Regionale e, nel 1994, di Segretario generale a livello nazionale. Dal 2002 affronta nuove esperienze assumendo incarichi manageriali e di amministratore nel mondo delle utilities, delle banche e nelle relative associazioni nazionali di rappresentanza. Nel frattempo, e per dieci anni, è docente a contratto nelle Università di Trieste e Roma Tre. Nel 2011 rientra in Confartigianato per assumere la direzione di Confartigianato della Marca Trevigiana, di Confartigianato del Veneto, di Confartigianato di Padova e, infine, di Confartigianato di Vicenza. Attualmente è consigliere in una cooperativa sociale di tipo B e in una società di promozione di relazioni economiche internazionali