L’orgoglio dell’invenzione politica occidentale, il pluralismo, ci appare destinato ad accrescere il cinismo fra i potenti, la segretezza tra i governanti e l’indifferenza fra i membri della città [1]”. Queste parole di uno dei Maestri del tardo Novecento, mi ritornano alla mente, mentre rifletto sui cambiamenti intervenuti nella macchina dei partiti, nella società politica e nella rappresentanza parlamentare in questo grumo di tempo che va dalle dimissioni del governo di Mario Draghi alla vittoria della compagine elettorale guidata da Giorgia Meloni. Si è trattato dell’insediamento del primo governo parlamentare dopo molti anni in Italia. Un “governo politico”, come si usa dire, quasi a rimarcare che si è trattato- anche nella mente dei semplici e della persone per bene, che vivono la vita nella quotidianità del dovere e del sentimento che ci accompagna sempre su questa terra – che si era giunti a una soglia non  più valicabile, superata la quale – se si fossero succeduti altri “governi tecnici”-la stessa forma parlamentare del governo repubblicano si sarebbe consunta e con essa la stessa Repubblica.

Una dimensione che ha dato vita, dunque, alla speranza di non essere, più dominati-piuttosto che governati- per via “tecnica”, da un neo cameralismo prussiano in guisa UE che tutto permeava per favorire-come favorisce ancora- solo i grandi gruppi industriali e finanziari.

 

Può oggi in Italia iniziare, invece, nel nuovo secondo decennio del ventesimo secolo un passo di marcia assai diverso, nella sua proposta di politica economica? Speriamo di sì: diverso in primis nei confronti di quella “rappresentanza degli interessi” che per Pizzorno costituiva la società civile fattasi corpo politico pre-partitico e che viveva grazie a quelli  che chiamava “sistemi di solidarietà”.

E i “sistemi di solidarietà” sono le forme più idonee per difendere e affermare le volizioni dei gruppi, dei ceti, delle classi e delle popolazioni organizzative più deboli, ma ciò nonostante ben attive sui mercati. Perché?

Ma perché tali sistemi di solidarietà costituiscono il costrutto  organizzativo – di rappresentanza e di servizio – che  si organizza in una specifica società politica: non s’inverava nei partiti, ma nei  corpi intermedi animati da cultura e spiritualità di servizio. E anch’essi configurano la rappresentanza – pluralistica nel confronto non nelle – ma con le istituzioni parlamentari, con tutte le  regole istituzionali che ne derivano.

Tutto questo, visto dal sistema degli intessi che i corpi intermedi incarnano per il loro stesso porsi nella società e nelle istituzioni repubblicane, segna una possibile differenza rispetto al passato. Pur tra i vincoli europei e pur tra le diverse interpretazioni che di essi si possono dare, rimane il fatto che, nel pieno del dipanarsi delle conseguenze gravissime prima della pandemia poi della guerra di aggressione imperiale della Russia all’Ucraina, il ‘procedere’ di questa nuova dimensione rispetto alle attese delle imprese piccole e medie e artigiane, segna un distacco dalla storica plastica aderenza delle precedenti politiche economiche alla fisionomia delle grandi imprese: plastica aderenza che ha caratterizzato a partire dalla “seconda repubblica” tutte  le politiche  economiche  dei governi italiani “nella UE”.

Le associazioni intermedie di rappresentanza delle piccole e medio imprese, e artigiane in primis, non possono che manifestare una ‘attenta fiducia’ dinnanzi a questo scenario. Poiché è la fiducia che consente al bene comune di dipanarsi e trasformarsi in politiche attive di sviluppo.

 

[1] Alessandro Pizzorno, in Il sistema pluralistico di rappresentanza, in S. Berger (a cura) L’organizzazione degli interessi nell’Europa Occidentale. Pluralismo, corporativismo e l’organizzazione della politica, Il Mulino, Bologna, 1983, p.413.