Sviluppare le competenze degli alunni ed aggiornare quelle dei docenti per incrementare la qualità dell’offerta formativa, aumentare in assoluto il numero dei diplomati, investire negli istituti tecnici e professionali, diminuire il mismatch delle competenze, rivedere i programmi scolastici, l’articolazione della didattica e del percorso formativo, aggiornare le metodologie didattiche, ridurre gli abbandoni. Sono temi dei quali si parla da anni ed ora alcuni di essi sono diventati singoli obiettivi inseriti nel PNRR che, per il settore della scuola stanzia oltre 17 miliardi. Questi fondi sono destinati alla realizzazione di 6 riforme e 11 linee di intervento, con l’intento di traghettare la scuola italiana in una dimensione europea.

Anche in merito alle iniziative previste nel programma ‘Futura’, il quadro che unisce le azioni dedicate alla scuola, l’Italia manifesta la sua natura di Paese ‘divisivo’. Del resto, quando si parla di educazione, istruzione e formazione, da un lato c’è chi sostiene pervicacemente la prevalenza della cultura umanistica in qualsiasi proposta; dall’altro c’è chi rivendica la prevalenza degli orientamenti tecnici e ovunque si pone grande attenzione alle competenze digitali e STEM.

Da una parte troviamo chi privilegia un orientamento sbilanciato verso le conoscenze e dall’altra una visione prevalentemente applicativa. Sono tutte posizioni di per sé giuste ma che perdono efficacia se non vengono inserite in un quadro più ampio.

In tutti i casi, comunque, si tralascia una criticità sostanziale e cioè il generale basso livello di alfabetizzazione degli studenti italiani: la drammatica mancanza, cioè, del prerequisito necessario per l’acquisizione di qualsiasi altra conoscenza e competenza appena superiore al livello basilare.

I problemi legati alla comprensione del testo sono alla base della capacità di apprendere (che siano competenze, conoscenze o abilità ), elaborare un valido pensiero critico funzionale nell’ambiente di lavoro e nella società, applicare un efficace problem solving e formulare un pensiero creativo in un contesto ad alta complessità.

Leggiamo, a proposito, nel Rapporto Invalsi 2022: ‘ (…) a livello nazionale già nel 2019 solo il 64% degli allievi che terminava il secondo ciclo di istruzione raggiungeva risultati almeno adeguati nella comprensione del testo. Purtroppo, in seguito alla pandemia tale quota si è ulteriormente ridotta, passando al 52% e al momento non si osserva ancora l’inversione di tendenza auspicata.  Mediamente, tra il 2019 e il 2022 si perdono 12 punti percentuali nella quota di allievi che raggiungono un esito almeno adeguato nella comprensione del testo scritto. L’andamento dei risultati nei diversi indirizzi di studio conferma, senza eccezioni, ciò che si osserva a livello generale, ma soprattutto nell’istruzione tecnico-professionale la quota di allievi che raggiungono risultati almeno accettabili si ferma su valori molto bassi.(…)’

E’ quanto mai necessario uscire da questa contrapposta palude ideologica: conoscenze versus competenze e cultura umanistica versus cultura scientifica e tecnologica.  E se la realtà fosse più complessa? E se, nei fatti, la formazione del ragazzo-cittadino che si affaccia nel  mondo del lavoro dovesse essere composta da un bagaglio di saperi più articolato?

 

Partiamo da un concetto: il mondo delle imprese a Valore Artigiano richiede un sistema di competenze complesse. La divisione tra materie e competenze STEM, digitali,  umanistiche  e sociali non ha alcuna rispondenza con la realtà. Così come è sbagliato pensare  che la scuola si debba risolvere in un travaso di conoscenze o, al contrario, nell’apprendimento pedissequo di modelli di azione

 

Partiamo da un concetto: il mondo delle imprese a Valore Artigiano richiede un sistema di competenze complesse. La divisione tra materie e competenze STEM, digitali,  umanistiche  e sociali non ha alcuna rispondenza con la realtà. Così come è sbagliato pensare  che la scuola si debba risolvere in un travaso di conoscenze o, al contrario, nell’apprendimento pedissequo di modelli di azione.

Certo, ci deve essere una differenza nell’offerta formativa ed una prevalenza dell’una o dell’altra competenza  a seconda degli indirizzi scelti ma è  necessario comunque perseguire la strada della  ‘contaminazione dei saperi’, pratici, intellettuali e sociali, così come esiste una interdipendenza indissolubile tra pensiero, atteggiamento e comportamento in ogni realtà imprenditoriale del nostro mondo.

Le capacità-prerequisito che sono alla base della garanzia di futuro di ogni singolo individuo, nel ruolo di cittadino e collaboratore, in ogni  Paese e in ogni Organizzazione,  sono quelle di saper leggere ed interpretare correttamente i testi e i contesti, in continua veloce evoluzione, di apprendere i nuovi paradigmi e modulare le proprie risposte in funzione delle diverse situazioni.

Centrando l’attenzione sulle realtà imprenditoriali, piccole o grandi che siano, è indiscutibile la necessità di saper rispondere alla crescente fluidità con una organizzazione solida ma flessibile, basata sull’apprendimento continuo nuovi modelli di azione, tecnologie e conoscenze, per evitare la veloce obsolescenza di quanto acquisito.

La scuola ha il grande fascino di contribuire grandemente a formare quello che sarà l’adulto di domani e, quindi, la società del futuro.

Impossibile concepire degli interventi a carattere settoriale salvo rischiare, nel migliore dei casi, risultati limitati o controproducenti.

Ed è così che, di fianco alle conoscenze ed alle competenze applicative, sono sempre più considerate le competenze sociali ed emotive, come affermano anche autorevoli fonti.

Dal  Rapporto New Vision Education  2015 del World Economic Forum, ai documenti pubblicati sul sito ufficiale INVALSI (Invalsiopen.it, ‘Oltre le competenze cognitive. Le character skills’, 2 maggio 2023), si legge: ‘(…) Quando si parla di scuola è impossibile non considerare come l’apprendimento che prende forma in questo ambiente si realizzi per il concorso di competenze diverse, non solo cognitive. (…).In tal senso le  competenze sociali ed emotive e il loro apprendimento riguardano (…) la formazione della persona e della sua capacità di relazione con il mondo, da sempre il centro dell’educazione.

 

’In sintesi, usando una terminologia a noi cara, la scuola è la ‘bottega’ dell’apprendimento  dove si impara il  ’saper essere ed il saper fare’ adeguati ai giorni nostri ed a quelli che verranno

 

In sintesi, usando una terminologia a noi cara, la scuola è la ‘bottega’ dell’apprendimento  dove si impara il  ’saper essere ed il saper fare’ adeguati ai giorni nostri ed a quelli che verranno.

E’ un’ottica complessa (come complessa è la persona) indirizzata a coinvolgere i ragazzi ad ogni livello e tipologia di percorso scolastico per offrire una istruzione completa ed approfondita, percepita come interessante e di livello superiore. Capace di trasmettere la percezione di valore aggiunto ed il piacere di imparare.

Solo così può essere affrontata alla radice la dispersione scolastica, in generale, e risolta la crisi dei percorsi professionali, in particolare, oltre ad aumentare complessivamente la qualità della popolazione giovanile occupabile.

L’innalzamento della qualità dell’offerta formativa deve prevedere una iniziale ma solida piattaforma unitaria, come già avviene in Francia in buona parte del resto d’Europa, pur mantenendo, ovviamente, le differenze contenutistiche tra percorso e percorso. A patto che si rispetti un quadro che tenga sempre in grande considerazione la commistione dei saperi[1].

In tal modo genitori e ragazzi avrebbero la possibilità di scegliere un’offerta formativa differente ma in un quadro unitario che non stigmatizzerebbe alcun percorso. E’ una impostazione valida per ogni indirizzo scolastico ma, diciamolo con tutta franchezza, oggi è soprattutto la scelta tecnica e professionale ad essere vissuta negativamente: vi è un percepito sfavorevole da combattere con soluzioni fattive.

Non solo la composizione dei programmi didattici ma anche, e soprattutto, la revisione dei piani formativi con l’individuazione delle competenze a cui tendere, (con la stretta e necessaria collaborazione del mondo del lavoro), la conseguente organizzazione del processo didattico e delle metodologie di apprendimento ed il potenziamento delle competenze dei docenti. Aula e laboratori, lezioni frontali e gruppi di lavoro, esperienze fuori dal contesto scolastico e percorsi esperienziali ben progettati.

A tale proposito, osserviamo spesso un’odiosa divisione tra scuola e lavoro e tra ambito delle conoscenze e aspetto applicativo,  mentre essi rappresentano realtà  che devono completarsi reciprocamente, tramite un potenziamento della componente laboratoriale e l’organizzazione di esperienze formative in contesti di lavoro con percorsi selezionati, ben progettati e congruenti con il piano formativo complessivo[2].

La qualità dell’offerta scolastica è un aspetto imprescindibile per affrontare la complessità attuale, ancora di più nella fase di ricostruzione post pandemia, ed assume un ruolo centrale per la formazione delle professionalità di cui gli imprenditori artigiani hanno bisogno. Ma la costruzione della ‘nuova scuola’ deve seguire una visione per andare incontro al futuro, con il coraggio di superare steccati ideologici e vecchi retaggi, così come già hanno fatto molti nostri partner europei.


[1] https://www.confartigianato.it/wp-content/uploads/2022/01/QFG_Vol1.pdf I quaderni della fondazione Germozzi – l’Emergenze educativa in Italia, 2021 – Giulio Sapelli. Pagina 61

[2] https://spiritoartigiano.it/il-complicato-rapporto-scuola-lavoro-un-caso-tutto-italiano-le-ragioni-storiche-di-questa-particolarita-e-come-uscirne/


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